7 Mar 2017

Intervista a Gunter Pauli, il fondatore della blue economy

Abbiamo intervistato Gunter Pauli, fondatore della corrente della blue economy, che si propone di ricostruire l'economia ispirandosi alla natura e al principio in base al quale non esistono rifiuti, ma solo risorse. Pauli sarà anche uno dei relatori del NESI Forum, di cui Italia Che Cambia è media-partner italiano.

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Gunter Pauli, economista belga, è l’ideatore del concetto di blue economy: l’economia deve ispirarsi alla natura, dove il concetto di rifiuto non esiste. Le esigenze, i consumi, i cicli vitali sono commisurati, c’è un sistema che vive in perfetto equilibrio in cui nulla avviene per caso e nessuna risorsa viene sprecata. In vista del NESI Forum, a cui interverrà come relatore, lo abbiamo intervistato chiedendogli di approfondire alcune proposte da lui formulate, come la rete ZERI.

 

Può spiegare brevemente le basi del concetto di ZERI?

 

ZERI significa “Ricerche e Iniziative a Zero Emissioni”. Abbiamo una rete di più di tremila ricercatori e un migliaio di imprenditori. Vogliamo utilizzare tutto ciò che è disponibile a livello locale e non gettare via nulla. Vogliamo creare valore, non tagliare i costi ed essere i più economici.

 

Cosa distingue l’approccio ZERI da altre pratiche e correnti di pensiero sostenibili?

 

Noi non vogliamo fermarci alla riduzione degli sprechi o alla protezione delle specie a rischio. Abbiamo bisogno di eliminare del tutto il concetto di “rifiuto” e generare più di ciò che abbiamo in partenza. Dobbiamo riportare la Natura sul suo percorso evolutivo.

 

Secondo lei quali sono gli aspetti più importanti e urgenti sui quali dovremmo concentrarci oggi?

 

È necessario cambiare il modello di business. Finché saremo convinti che la cosa migliore sono le economie di scala e il contenimento dei costi e che è giusto togliere lavoro alle persone, saremo sulla buona strada per generare disoccupazione, in particolare fra i giovani, e incapacità di rispondere ai bisogni basilari di ciascuno. Come può funzionare un’economia in cui tutto ciò che è buono per noi e per la Natura è anche caro? Abbiamo bisogno di un modello in cui tutto ciò che è buono ha un prezzo contenuto! Altrimenti la salute e la sostenibilità sono solo per i ricchi.

 

Ci può dire qualcosa di più sul master proposto dal Politecnico di Torino basato sui principi ZERI?

 

Quando il professor Luigi Bistagnino mi ha invitato per la prima volta a tenere una lezione al Politecnico nel 2001, ero onorato di essere alla scuola di design della Facoltà di Architettura. È stata l’occasione per espandere la logica del design del prodotto e del processo, per ridefinire l’intero sistema di un’azienda, una fabbrica, una comunità, una città, persino di una nazione! Quando usiamo la logica in base alla quale a un’uscita di qualcuno corrisponde sempre un’entrata per qualcun altro, allora stiamo creando delle repliche nell’economia locale, stiamo crescendo! È un ragionamento semplice ma efficace e ha reso evidente il potere che hanno i designer nel determinare la ricchezza di una regione.

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C’è qualche realtà italiana che utilizza l’approccio ZERI?

 

La Novamont è l’esempio perfetto. La dottoressa Catia Bastioli è eccezionale: ha un approccio mentale ed è una farmacista all’avanguardia, che si concentra sulla sostenibilità dei prodotti, dei processi e delle strutture (riutilizzando quelle dismesse) ed è responsabile per lo sviluppo del territorio, che sta portando avanti con tutte le sue forze. Ma posso citare anche Funghi Espresso, che utilizza i fondi di caffè per la coltivazione dei funghi e ha un ampio portfolio di prodotti.

 

Come può essere applicato il modello della blue economy in ambito imprenditoriale?

 

La transizione dalle dichiarazioni sulla responsabilità sociale d’impresa e sulla sostenibilità verso la blue economy si verifica solo quando gli affari vanno male. L’industria della carta ha annunciato di voler ridurre il proprio impatto ambientale. Recentemente, a tal proposito, abbiamo sostenuto l’opzione di produrre carta di pietra, che viene realizzata sfruttando i residui minerari e che non consuma acqua né cellulosa ed è riciclabile all’infinito, senza bisogno di procedimenti di rimozione dell’inchiostro. Questo è davvero rivoluzionario ed è proprio ciò che interessa a noi: cambiare le regole del gioco. Ridurre i consume idrici non è abbastanza, abbiamo bisogno di eliminare del tutto il bisogno di acqua!

 

Cosa può fare la gente comune per essere parte di questo cambiamento e supportare la transizione verso uno stile di vita più sostenibile?

 

Troppo spesso le persone pensano di non avere alcun potere. Ma adesso possiamo unire gli sforzi. Voglio raccontarvi un episodio che lo dimostra: l’acquisto di una partita di the da un’azienda agricola biologica che si trova vicino alla più grande riserva di rinoceronti e ha la maggiore densità di tigri al mondo. Ora, gruppi di bevitori di the di Belgio, Francia e Germania si sono uniti e hanno deciso di comprare 300 tonnellate di the e rivenderlo, per assicurarsi che nella riserva non si verifichino episodi di bracconaggio e che vi sia occupazione nella regione. Inoltre, poiché l’acquisto del the biologico avviene senza intermediari, il prezzo non lievita e nessuno deve pagare alcun surplus. Troppo spesso ci dimentichiamo i risultati che si possono raggiungere grazie all’intuizione di pochi!

 

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