17 Feb 2023

Beteyà Digital Farm, a Villa Rosa un progetto di migrazione circolare tra serre di acquaponica e giochi virtuali

In provincia di Enna dal 1998 l’Associazione Don Bosco 2000 oltre ad aver istituito centri di accoglienza porta avanti progetti di migrazione circolare. I migranti, una volta accolti, hanno la possibilità di formarsi per poi riportare nelle terre di origine i nuovi saperi. A Villa Rosa su un bene confiscato alla mafia è da poco sorto Beteyà Digital Farm, un percorso didattico tra sostenibilità e legalità, un progetto pilota con serre di acquaponica che consente di risparmiare molti metri cubi di acqua da esportare in Senegal.

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Enna - Piazza Armerina è la cittadina siciliana famosa in tutto il mondo per i mosaici della Villa del Casale, l’esempio supremo di una villa di lusso romana tardo – imperiale, che raccontano le abitudini di vita della classe dominante romana e le influenze reciproche tra le culture e gli scambi nel Mediterraneo antico con l’area nordafricana. Pare che le maestranze che eseguirono i famosi mosaici fossero proprio nordafricani. All’epoca dall’Africa giungevano competenze e abilità utili, in quel caso, a esaltare la bellezza del luogo. Oggi è da Piazza Armerina, e non solo, che competenze e abilità utili a migliorare la qualità di vita vengono trasferite in Africa. Come? 

Nel famoso comune ennese nel 1998 è nata l’Associazione Don Bosco 2000, un’associazione laica che si ispira agli insegnamenti e ai valori del santo salesiano, di cui porta il nome, che ha fatto della sua visione e del suo sistema educativo una chiave per affrontare e superare le ingiustizie e le disuguaglianze del tempo. L’Associazione sin da subito si è dedicata alla creazione di reti di partenariato e alla pianificazione, a livello nazionale ed europeo, di progetti di cooperazione di “migrazione circolare” per creare opportunità di sviluppo nei territori africani di provenienza dei migranti (Senegal, Gambia e Mali). 

L’obiettivo, quindi, è un miglioramento della qualità di vita dei villaggi africani attraverso start-up agricole sostenute dai migranti che, una volta accolti in Sicilia, hanno la possibilità di formarsi in diversi ambiti per poi ritornare nei loro luoghi d’origine con nuove competenze e nuovi saperi

Foto serra
Serra di acquaponica a Villa Rosa

Nella regione senegalese di Tambacounda, ad esempio, nel 2016 Seny Diallo, primo migrante circolare, è tornato a Wassadou e ha iniziato a cooperare con le istituzioni locali realizzando orti e pollai in diversi villaggi del territorio che hanno dato lavoro a giovani, sfamato la popolazione locale e fermato la migrazione forzata

Non tutti decidono di tornare in Africa. C’è chi fa la spola e c’è chi decide di fermarsi in Italia. L’Associazione Don Bosco 2000 è presente in modo capillare in tutto il territorio siciliano, ma è soprattutto nell’ennese e in parte nel catanese che detiene un maggior numero di progetti di migrazione circolare.

A Villa Rosa in provincia di Enna, ad esempio, su terreni confiscati alla mafia nasce Beteyà Digital Farm, un percorso didattico tra sostenibilità e legalità – finanziato dal Programma PIÙ.SU.PRE.ME ITALIA della Regione siciliana, in partnership con DAS Società Cooperativa, con l’Ente di formazione UNSiC e con il Comune di Villarosa – nato come spin-off di un progetto di co-housing e agricoltura sociale che Associazione Don Bosco 2000 ha attivato nel 2021. 

Un polo didattico dove la cultura, il valore e l’approccio pratico tipico del settore agricolo vengono insegnati in aule formative dotate di strumentazione tecnologica e realtà virtuale, fruibili non solo dai destinatari del progetto, ma anche dalla collettività e dalle scuole.

un progetto in grado di innescare processi di sviluppo utili a livello locale e internazionale che accrescono la coesione sociale

I 24 ragazzi presenti nel centro di accoglienza dell’Associazione Don Bosco a Villa Rosa contribuiscono a Beteyà Digital Farm grazie al progetto di agricoltura sociale della serra di acquaponica, una tipologia di agricoltura mista ad allevamento sostenibile, una tecnica agroalimentare già riconosciuta dalla FAO come la più moderna in vigore. L’acquaponica permette, infatti, la coltivazione agricola di piante, unita all’allevamento di animali acquatici, in un ambiente a riciclo d’acqua chiuso e continuo.

«Si tratta di un progetto pilota che vogliamo esportare in Senegal dove ci sono problemi importanti legati all’acqua durante le carestie e i periodi di pioggia. Il sistema di acquaponica permette un ricircolo tale da poter risparmiare molti metri cubi di acqua. Una vera e propria attività dove ragazzi migranti e italiani attualmente collaborano e che permetterà la realizzazione di questi stessi impianti in Africa. Un esempio di cooperazione circolare a tutti gli effetti» spiega Beatrice Gornati, referente per la comunicazione dell’Associazione Don Bosco 2000. 

Beteyà Digital Farm non è solo un progetto di accoglienza e di agricoltura sociale, ma anche un progetto formativo aperto alla collettività e alle scuole. Attraverso “Il seme dei diritti”, una mostra interattiva sul caporalato e sull’influenza della mafia nei percorsi di sfruttamento dei più deboli allestita negli spazi accanto alla serra di acquaponica da Aurora Meccanica, si vive un percorso emotivo e sensoriale che coniuga elementi fisici a contenuti digitali in cui sperimentare nuovi modelli di didattica e di sensibilizzazione.

orti villaggio senegal africa
Orto di un villaggio senegalese, esempio di migrazione circolare

La mostra si conclude con un vero e proprio gioco virtuale sviluppato dal Metaverse Studio Digital Mosaik che, attraverso Carta Nostra, ha utilizzato la gamification per coinvolgere gli studenti e i visitatori che, attraverso l’uso di un visore di realtà virtuale, diventano protagonisti della storia di legalità ambientata a Villarosa ricreata in chiave cartoon. Per poter superare i livelli del gioco e arrivare alla fine bisogna scegliere e giocare le giuste carte della legalità. 

«Con Digital Farm di Villarosa vogliamo avvicinarci ai più giovani per insegnare loro la cultura della legalità. Vogliamo farlo stando vicini a loro, parlando il loro stesso linguaggio, provando le stesse emozioni, perché solo percorrendo insieme il medesimo cammino potremo raggiungere gli importanti risultati auspicati nel lungo periodo» spiega Roberta La Cara, direttrice dell’area Ricerca e Sviluppo di Associazione Don Bosco 2000.

Nel 2015 quando l’Associazione è arrivata nei luoghi in cui oggi sorge Beteyà Digital Farm c’erano solo mangiatoie. A distanza di qualche anno, oltre ad essere un progetto di accoglienza, è anche un luogo di riscatto per chi lo vive e per la collettività. Pensare che un territorio confiscato alla mafia abbia una nuova vita e sia la casa di un progetto in grado di innescare processi di sviluppo utili a livello locale e internazionale che accrescono la coesione sociale mantiene viva la speranza verso un mondo migliore.

Non sempre, infatti, quando i beni confiscati passano nelle mani dei privati vengono rivalutati. Il caso di Villa Rosa, invece, è un esempio positivo che speriamo possa servire da modello e ispirazione per chiunque voglia contribuire al bene della collettività. 

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