8 Nov 2024

Servono spazi “laici” per parlare al tempo stesso di transizione energetica e tutela del territorio

Scritto da: Paolo Piacentini

Voler proteggere il paesaggio dai mega-impianti significa essere contrari alla transizione energetica? Secondo Paolo Piacentini – scrittore e presidente onorario di FederTrek – no e anzi sono necessari spazi di dialogo "laici" che uniscano entrambe le istanze.

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Nell’inserto Pianeta 2030 del Corriere della Sera del 24 ottobre si fa il punto sullo sviluppo ancora molto lento sulle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) – progetti che danno la possibilità di cittadini di mettersi assieme per produrre, consumare o cedere energia da fonti rinnovabili – che finalmente sembrano iniziare un decollo anche in aree industriali. Ci stanno investendo molto le parrocchie con uno spirito davvero solidale nel filone della tanto decantata ma per nulla concretizzata “giustizia climatica”. 

La produzione da rinnovabili, nel caso di queste prime CER, è dovuta soprattutto dal posizionamento di pannelli fotovoltaici su superfici coperte, quindi senza ulteriore consumo di suolo e in alcuni casi, come quello di Gubbio, dall’eolico. Nel frattempo con il PNRR si continuano a finanziare progetti di agrivoltaico per la produzione di ortaggi anche se siamo ancora in una fase di studio – in Calabria c’è il progetto ENEA per i limoni – mentre continuano ad arrivare richieste di grandi impianti eolici in tutta la Penisola in assenza di una seria pianificazione. 

transizione energetica
L’impianto eolico collettivo di Gubbio

In questa situazione abbastanza caotica, in cui non si vede all’orizzonte uno schiarirsi del quadro che dovrebbe uscire dall’individuazione delle aree idonee, alcuni progetti ad altissimo impatto sul paesaggio, sulla biodiversità e sulla fragilità dei luoghi continuano ad andare avanti. Forse l’impianto in fase più avanzata è quello del Mugello, dove comitati molto attivi denunciano da mesi un impatto pesante documentato da foto nell’area dei crinali attraversati dal Sentiero Italia e altri Cammini importanti. Siamo in un’area a ridosso dei crinali che andrebbero solo tutelati e non più sfruttati, all’interno di un serio piano di adattamento ai cambiamenti climatici. 

Con decreto nunero 434 del 21 dicembre 2023 il Ministero dell’Ambiente, dopo anni di discussioni e confronti con le Regioni, ha approvato il Piano Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici. Sarebbe un passo importante per la pianificazione  di azioni fondamentali come quella della riduzione del rischio idrogeologico che, come previsto nel Piano stesso, riguardano anche la riduzione di strutture in territori fragili.

Il problema del Piano Nazionale è che non risulta essere vincolante rispetto a quelle strutture o infrastrutture che vengono classificate come strategiche da parte dello Stato. Se invece questo fondamentale strumento pianificatorio avesse priorità assoluta dovuta alla sempre più drammatica crisi climatica e ai suoi ancor più drammatici effetti, molti errori non verrebbero più commessi e tanti progetti insostenibili rimarrebbero nei cassetti. 

Mi sembra che Italia che Cambia possa rappresentare uno di questi spazi “ laici” da mettere a disposizione di un dibattito fondamentale che spezza l’attuale polarizzazione

Da qualche tempo sto provando a concentrare l’attenzione solo sulle zone particolarmente fragili o che hanno un oggettivo valore dal punto di vista del paesaggio e della biodiversità, in coerenza con i principi costituzionali. Un tentativo di estrema saggezza per provare a togliere il fiato a strumentalizzazioni o accuse, rivolte più che altro ai comitati locali, di essere contrari alla decarbonizzazione, allo sviluppo delle rinnovabili e così via.  Queste ultime accuse ormai, rispedite centinaia di volte al mittente, sembrano essere cadute nel nulla a meno che non ci sia ancora qualcuno in malafede: provocazioni sciocche che non raccolgo. 

La speranza, nel limitare il campo delle mie analisi territoriali legate alle vicende dei grandi impianti eolici, era quella di provare a verificare se davanti a oggettivi impatti ben documentati da continui servizi fotografici ci potesse essere un qualche ripensamento. A diffondere immagini molto esplicative per smuovere le coscienze e stimolare una fase di autocritica da parte dei soggetti istituzionali o associativi che in questi ultimi anni hanno sposato in modo acritico la diffusione delle rinnovabili, ci stanno pensando i comitati territoriali. 

transizione energetica

Purtroppo nemmeno davanti a una puntualizzazione molto pragmatica e circostanziata, basata su effetti negativi concreti e innegabili, sembra esserci una qualche disponibilità a ritornare sui propri passi. Sembra ci siano stati dei segnali di autocritica, almeno per alcuni territori, da parte del presidente della Regione Toscana, che fino a ieri non ha voluto sentire ragioni in merito all’impianto sui crinali. Vedremo cosa accadrà nei prossimi mesi, alla luce di iniziative molto forti anche a livello mediatico come quella della lettera al Presidente Mattarella firmata da più di cento intellettuali per bloccare un grande impianto eolico vicino alla città di Orvieto.

Altri segnali arrivano da alcuni comitati territoriali dove i circoli locali delle grandi associazioni ambientaliste iniziano a mettere in discussione la linea delle strutture nazionali e ad opporsi a progetti a grande impatto. Penso alla Liguria – ma non solo – e ritengo che questa ripresa di autonome analisi territoriali sulla fondamentale transizione energetica sia salutare per avviare un confronto più laico capace di sfoltire gli opposti estremismi a beneficio di una decarbonizzazione che tenga insieme paesaggio, biodiversità, ambiente e cura del territorio. Mi sembra che Italia che Cambia, per il lavoro di divulgazione fatto in questi mesi, possa rappresentare uno di questi spazi “laici” da mettere a disposizione di un dibattito fondamentale che spezza l’attuale polarizzazione. 

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