La transumanza in Sardegna: spostare lo spazio grazie al tempo
Una riflessione della nostra Marta “Jana sa Koga” Serra, antropologa e curatrice della rubrica sull’esoterismo in Sardegna, sulla pratica della transumanza.

Geometricamente l’Isola è un cerchio. Le forze che la attraversano sono come i respiri della terra: ascendono e discendono, si insinuano, erompono. Dall’entroterra alle coste e viceversa, dalla montagna alla pianura e ritorno: è un eterno danzare tra dentro e fuori, tra l’alto e il profondo, secondo la grammatica delle stagioni.
Cambiare lo spazio del tempo
Le stagioni chiaroscure sono quelle dei mutamenti nel grande ciclo annuale. In autunno i pastori delle montagne della Barbagia si spostano dai luoghi nativi e discendono verso le valli uscendo verso le coste. Allungano le radici e affrontano la diversità di paesaggi e sonorità per garantirsi continuità materiale e culturale. In primavera torna la luce e le greggi possono ascendere al fresco entrando nelle porte interiori dell’isola. Riavvolgendo le radici a una dimensione più tesa, vera e assaporando con ogni senso tutte le sfumature di esistenza, raccogliendo abbondanza. Camminare, in questo stato di nomadismo rituale, diventa l’atto rivoluzionario della forza di un intero popolo.

Il passo lento e cadenzato di quella gente che è materialmente in posizione di ricerca, ma lo è anche spiritualmente. Una spinta interiore che impone obbedienza verso la Natura, verso l’armonia della ciclicità degli elementi e degli elementali. Una visione dell’esistenza tesa a un adattamento non solo formale, ma anche sostanziale con ogni aspetto del territorio. Camminare allungando le radici per ricercare, camminare riavvolgendo i sensi per radicarsi nuovamente e mettere a frutto la ricerca. È un ciclo eterno, come il giro del sole, come l’alternarsi delle madri stagionali. Chi pratica la transumanza vive in ascolto, non impone, non forza. Conserva e offre. Cammina e conosce. La sua è una via interiore che si apre nel paesaggio.
Transumanza, discesa e ascesa
L’arrivo della primavera segna il ritorno a casa, insieme al sole c’è un’allegria nuova nei piccoli e graziosi villaggi dell’entroterra. Si aspetta un ritorno che come il sole verrà senz’altro. C’è una trepidante attesa di chi è restato e uno stanco e sempre più determinato incedere da parte di sta tornando. I dubbi sono sempre gli stessi da parte di entrambe le posizioni. Sono dubbi sulla fortuna dell’essere umano, dubbi quotidiani che diventano esistenziali in un tempo storico che non ha la grazia dell’istantaneità ma che produce fermezza e concretezza. Finché i sensi non hanno conferma bisogna combattere con le paure, le incertezze e i dispiaceri.

Solo quando gli occhi hanno visto, allora si può ricominciare a respirare a pieni polmoni e tornare alle abitudini genuine e radicate, ma soprattutto festeggiare l’abbondanza. In questo incontro, apparentemente ordinario, si cela l’archetipo del ritorno dell’eroe: il camminante ha affrontato la distanza, il dubbio, la fatica, e torna con qualcosa di più delle risorse materiali. La transumanza è l’arte silenziosa del mutamento, una liturgia senza parole che sposta lo spazio attraverso il tempo. È la migrazione rituale di chi obbedisce al grande respiro ciclico del mondo. Non è semplice mestiere: è un sapere incarnato, una conoscenza che si tramanda con le mani, con i piedi, con gli occhi rivolti al cielo e il cuore immerso nella terra.
La via dei Camminanti – Sa ‘ia de is camminantis
I sentieri della transumanza non sono solo geografie fisiche, ma vie interiori. Ogni traccia lasciata nel suolo è impronta lasciata nell’anima. Sa ‘ia de is caminantis – la via dei camminanti – è un pellegrinaggio laico e sacro al tempo stesso. Un’iniziazione continua alla convivenza con il mutamento. Antichi saperi, codificati nel gesto e nella memoria, vivono ancora tra chi mantiene vivo il rito. Le greggi si muovono lente, ma la loro traiettoria disegna geometrie invisibili che tengono insieme il paesaggio e l’identità. Non è solo il bestiame a spostarsi, ma anche le emozioni, i canti, le storie.
I sentieri della transumanza non sono solo geografie fisiche, ma vie interiori
La transumanza – Tramuda in lingua sarda – trasmette valori, disciplina, rispetto per il silenzio del mondo. È pedagogia non scritta, è scuola dell’ombra, dove ogni pastore è custode di un sapere che va oltre il visibile. Oggi, sebbene minacciata dalla comodità moderna, questa pratica resiste nei gesti di chi ha scelto la fedeltà al ritmo della terra. Camminano ancora, lungo i sentieri antichi, come arterie che ancora pulsano. E con loro, cammina anche l’anima dell’isola.
Tutti noi bramiamo come il poeta Montanaru nella poesia “A sas mammas de Barbagia”: Una brocca ’e gioia piena e pinturada De lagrimas in giru. Sa gioia bramada, Mammas, como leade dae sas fortes manos De sos fizos chi torran dae logos lontanos. – Una brocca piena di gioia e dipinta intorno di lacrime. La bramata gioia, Madri, ora accettate dalle forti mani dei figli che tornano da luoghi lontani.

La Madonna della strada
In quanto sarcidanese, non posso che porre l’accento sull’importanza di questo territorio centrale: crocevia di culture, linguaggi, comunità. Il Sarcidano è passaggio e incontro, è terra liminale tra l’alto delle Barbagie selvatiche e il basso delle pianure aperte, tra l’interno pulsante dell’isola e i margini che si affacciano sul mondo. Alcuni autori sostengono che il toponimo abbia un etimo legato alla sacralità di terra e alberi. Al di là della veridicità filologica della tesi in questione, è indubbio l’immaginario che ne emerge: vivido, profondo, radicato. In questo scenario evocativo si innalza, come sigillo del cuore pulsante dell’isola, la chiesetta della Madonna della Strada, tra Nurallao e Isili, lungo la SS128: custode e silente sentinella di un antico patto.
Un patto che rende il cammino non solo necessario, ma sacro. Cammino a piedi, come quello di Santu Jaku, ma anche cammino su gomma, come quello di chi ogni giorno lascia l’interno per raggiungere le coste a lavorare, studiare, vivere. Cammino sacrificale, come quello dei trasportatori che ogni settimana portano le risorse dal cuore dell’isola fino ai porti, immergendo la Sardegna in un respiro globale. Ogni viaggio, ogni passaggio e la vita intera è una continua trasmutazione dell’anima collettiva: Tramuda de is sentidus – Transumanza della consapevolezza. Custodi del tempo per antica resistenza.
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