29 Ottobre 2025 | Tempo lettura: 10 minuti
Guide / Comunità Energetiche Rinnovabili

La comunità solare dell’Alta val d’Agri in mezzo ai giacimenti petroliferi

La comunità solare dell’Alta val d’Agri sta conducendo un progetto di gestione comunitaria dell’energia attraverso la produzione e condivisione dell’energia solare in un contesto – quello della Basilicata – fortemente influenzato dall’economia dei combustibili fossili.

Autore: Giacomo Oxoli
val d agri
L'articolo si trova in:

In breve

In mezzo ai giacimenti petroliferi lucani da due anni la comunità solare dell’Alta val d’Agri sta costruendo un modello alternativo e comunitario di gestione energetica.

  • 13 famiglie e 9 attività commerciali partecipano alla comunità costruendo un welfare sociale basato sulla condivisione e produzione dell’energia solare.
  • Non vengono incluse le aziende petrolifere e quelle legate all’indotto creando un ecosistema imprenditoriale fossil free non senza difficoltà e ostacoli economici.
  • Lo scarso interesse istituzionale e le barriere culturali ostacolo il processo verso un modello comunitario dell’energia.
  • La transizione energetica in Basilicata sembra seguire gli interessi privati rafforzando il legame fra industrie fossili e politica.
  • Una comunità solare in un contesto dominato dall’economia fossile rimane una grande sfida e rappresenta un raro esempio di transizione energetica democratica, dal basso e solidale in Basilicata.

Nel cuore della Basilicata, fra i giacimenti petroliferi che da decenni dominano l’economia locale, da due anni sta prendendo forma un modello energetico differente: la comunità solare dell’Alta val d’Agri, che produce e si scambia energia rinnovabile. Un progetto alternativo che propone un modello sostenibile in un territorio storicamente legato all’industria degli idrocarburi. La comunità solare dell’Alta val d’Agri è una novità: qui si condivide l’energia solare prodotta dal basso e, allo stesso tempo, si costruisce un welfare sociale costituito da buoni spesa che i membri possono spendere nei negozi di prossimità o nelle catene di supermercati presenti nel territorio.

Una comunità solare è una rete di cittadini, enti e imprese che produce e condivide energia solare in modo locale, generando benefici economici, ambientali e sociali. Il modello è nato in Emilia-Romagna oltre dieci anni fa, grazie al lavoro del Centro per le Comunità Solari e di alcuni Comuni pionieri, con l’obiettivo di rendere accessibile a tutti l’energia pulita. A differenza delle comunità energetiche rinnovabili (CER), le comunità solari si finanziano attraverso fondi di responsabilità sociale d’impresa e non tramite incentivi pubblici; possono nascere da qualsiasi impianto fotovoltaico, senza limiti di data o potenza; non richiedono la creazione di un soggetto giuridico autonomo; e distribuiscono i benefici, spesso in forma di buoni spesa, alle famiglie più fragili.

Costruire una comunità solare è non solo una novità, ma anche una grande sfida, perché i modelli energetici comunitari nel Meridione sono molto rari e la forte influenza politica ed economica delle aziende fossili rallenta qualsiasi processo di democrazia energetica. La comunità è sostenuta e aiutata dal Centro per le Comunità Solari, un progetto nato all’Università di Bologna che promuove la transizione energetica in tutta Italia attraverso iniziative simili. Ciascuna è animata da gente comune, come Camilla, referente della comunità dell’Alta val d’Agri e attivista ambientale di lungo, che è una delle persone che ho incontrato nel mio viaggio alla scoperta della transizione energetica in corso nel contesto lucano.

La comunità solare dell'Alta val d'Agri in mezzo ai giacimenti petroliferi

Una comunità solare partita dalla volontà di cinque famiglie

La comunità solare dell’Alta val d’Agri nasce dall’iniziativa di cinque famiglie che hanno costituito un nucleo promotore e, dopo due anni, sono riuscite a coinvolgere altre otto famiglie e nove attività commerciali del territorio. L’energia prodotta arriva da cinque impianti fotovoltaici installati sopra i tetti delle case mentre le altre famiglie usufruiscono dell’energia condivisa. Il sistema di distribuzione viene calcolato attraverso dispositivi installati nelle abitazioni che monitorano i kW condivisi: più energia condividono e maggiore sarà il buono spesa che possono spendere nei negozi convenzionati.  

Le attività commerciali coinvolte – tra cui una gioielleria, alcune aziende agricole, vari bar, una macelleria, attraverso una sponsorizzazione – supportano il progetto e accettano i buoni spesa accumulati dei membri. Pur non appartenendo al settore energetico, le attività si rendono partecipi nella promozione dell’iniziativa esponendo una brochure sulle proprie vetrine che rappresenta un segno di adesione e riconoscimento al modello comunitario.

La comunità solare organizza regolarmente dibattiti e conferenze sul tema dell’energia rinnovabile, parlando della propria esperienza e coinvolgendo più attori possibili. Ha partecipato anche al documentario ambientale “Il prezzo che paghiamo”, realizzato da Greenpeace e ReCommon. Nonostante il costante dialogo con le amministrazioni comunali finora non hanno ancora ottenuto un riconoscimento e un supporto istituzionale. I cittadini solari però sono riusciti a coinvolgere il Comune di Fisciano, in provincia di Salerno, che ha costituito addirittura una città solare ispirandosi al modello lucano.

Una comunità solare con le imprese fossil free

La comunità solare ha adottato una posizione molto chiara escludendo quelle industrie che si occupano della estrazione, distribuzione e lavorazione dei combustibili fossili presenti nel sottosuolo lucano. Una decisione presa per evitare che le holding energetiche e tutto l’indotto possano riciclarsi come testimoni della transizione energetica attraverso pratiche di greenwashing e ottenere un riconoscimento sociale dopo anni di sfruttamento delle terre e devastazioni ambientali.

La comunità solare dell'Alta val d'Agri in mezzo ai giacimenti petroliferi
Protesta contro l’ENI in Basilicata

Secondo la comunità è contradditorio il fatto che il settore fossile lucano possa farsi promotore dell’energia rinnovabile mentre continua imperterrito a estrarre ogni goccia di idrocarburi possibile. Questa esclusione rappresenta anche un forte limite strutturale perché l’economia di valle è fortemente legata al petrolio e costruire un ecosistema di imprese fossil free è una sfida assai complicata. Le sponsorizzazioni delle nove attività commerciali non sono sufficienti a garantire la sostenibilità economica del welfare sociale e oggi la maggior parte dei fondi proviene dalle aziende del Nord che sostengono il progetto delle comunità solari.

Nonostante ciò i cittadini solari continuano a guardare avanti cercando di coinvolgere piccole e medie aziende. Due nuove realtà hanno manifestato interesse e si stanno gettando le basi per la nascita di una Comunità Solare tra Imprese e Solidali (CERTIS)ovvero una integrazione tra il modello delle Comunità Solari e quello delle Comunità energetiche previste dalla normativa nazionale. L’obiettivo è costruire una comunità energetica in cui siano coinvolte principalmente le imprese. A rendere possibile questa prospettiva sono i contributi a fondo perduto previsti dal PNRR per l’installazione degli impianti fotovoltaici. Tale contributo risarcisce il 40% della spesa iniziale ammortizzandola spesa iniziale e favorendo il processo di transizione energetica.

Gli ostacoli verso un modello comunitario energetico

In Basilicata la comunità solare prosegue senza il supporto delle amministrazioni locali, un’assenza che limita il riconoscimento sociale e politico dell’iniziativa. Molto spesso le amministrazioni pubbliche appaiono pigre di fronte al cambiamento, dal momento che spesso i bilanci degli enti pubblici sono pesantemente condizionati dagli investimenti delle multinazionali sul territorio. Le royalties petrolifere alimentano le casse comunali immobilizzando le amministrazioni e rafforzando lo stretto legame fra industrie fossili e municipalità. Questo legame indebolisce economicamente e socialmente qualsiasi alternativa energetica.

La comunità solare dell’ Alta val d’Agri si propone come un progetto realmente solidale e democratico

Il sostegno delle istituzioni locali sarebbe cruciale per dare maggiore visibilità e legittimità alla comunità solare attirando e coinvolgendo persone e imprese nel progetto. Molti residenti lavorano nel settore fossile e un avvicinamento alla comunità solare potrebbe incutere ripercussioni su uno dei pochi posti di lavoro fissi e ben retribuiti del territorio. Nonostante i giacimenti si stiano esaurendo, le alternative faticano ad emergere soffocate da un sistema di potere e resistenze culturali poco visibili.

Oltre che con gli ostacoli economici e politici infatti, la comunità solare si scontra anche con barriere culturali. L’idea di condividere l’energia non è ancora largamente condivisa nel territorio lucano ed è ancora forte la mentalità del consumatore che paga il grosso produttore. In un contesto dove i residenti ricevono molti bonus energia garantiti dalle royalties, promuovere una energia democratica significherebbe proporre un cambiamento culturale radicale che sconvolgerebbe modalità di consumo passivo e abitudini ormai consolidate.

Il vento alimenta la nuova energia lucana

Queste considerazioni ci offrono spunti di riflessione per analizzare le dinamiche della transizione energetica in Basilicata. La Regione infatti promuove da anni la svolta ecologica attraverso l’installazione di grandi parchi fotovoltaici ed eolici, l’approvazione di progetti legati alla tutela ambientale e la costituzione di comunità energetiche (le CER). Queste ultime risultano, nonostante gli sforzi, in numero minore rispetto ad altre regioni italiane.

eni basilicata1
L’impianto ENI a Montemurro (Potenza)

Dal 2017 il deficit elettrico, ovvero la differenza fra produzione e consumo, segna un valore positivo; in sostanza la Basilicata risulta già energeticamente autonoma. Complessivamente la produzione di energia rinnovabile supera la domanda interna, grazie al contributo dell’energia eolica. Questa Regione, secondo i dati di Terna del 2023, risulta al quarto posto in Italia per quanto riguarda l’eolico e al primo per potenza eolica installata pro capite.

Spesso le amministrazioni comunali sono disponibili ad accettare progetti legati alle rinnovabili poiché garantiscono un ritorno economico per le casse comunali. Questo approccio però deve fare i conti con alcuni aspetti negativi, come quello del controllo del settore eolico da parte di attori privati; ciò aumenta il rischio che la transizione venga guidata da interessi privati piuttosto che da una visione democratica e condivisa .

La politica dei privati nella transizione energetica in Basilicata

La Basilicata si sta trasformando in un grande hub per le innovazioni energetiche. La Regione ha manifestato disponibilità ad accogliere parte della produzione nazionale di idrogeno verde, a tal punto che si parla di una “Hydrogen Valley Basilicata”. La politica lucana apre le porte ai sontuosi finanziamenti della Missione 2 del PNRR rivolta all’idrogeno attraverso il coinvolgimento del suo ecosistema imprenditoriale.

A destare preoccupazione sono però le iniziative delle multinazionali petrolifere per la transizione energetica che vengono proposte alla politica locale, a partire dal progetto “No oil” approvato nell’ambito dell’Accordo Progetti di Sviluppo tra Regione Basilicata, ENI e Shell Italia E&P. Tale accordo prevede la costruzione di un polo per la mobilità sostenibile, un open lab per la creazione di una scuola di ENI per l’impresa, la produzione di biometano da scarti agricoli, un hub per la produzione di olio vegetale per fini energetici rivolto alle raffinerie di ENI e un programma di rigenerazione urbana.

Le parole d’ordine di ENI sono le seguenti: “Rendere efficienti i processi produttivi e decarbonizzare l’economia”. Nonostante queste intenzioni, l’estrazione di petrolio e gas continua e tali parole d’ordine del colosso petrolifero sembrano perdere di valore davanti alla realtà. Un altro elemento critico risulta il coinvolgimento di attori privati nella creazione delle comunità energetiche, cosa che rafforza l’idea che la transizione energetica in Basilicata sembra trainata dalle iniziative imprenditoriali piuttosto che da un orientamento politico preciso.

IMMAGINE
Giacimenti petroliferi vicino a un parco fotovoltaico, emblema della transizione energetica lucana.

Una comunità solare per una transizione energetica democratica, dal basso e solidale

Nel suo percorso di transizione energetica la Basilicata rischia di rimanere terreno di conquista per i colossi energetici. Con la nascita di numerosi hub si potrebbe verificare una situazione di “razzismo ambientale” attraverso lo sfruttamento di aree depresse dove nessuno disturba e vi sarebbero le condizioni ideali per poter sperimentare nuove tecnologie. La transizione energetica proposta dalle holding, pur presentandosi come sostenibile, può rallentare il processo di democratizzazione dell’energia. L’industria dell’idrogeno e delle biomasse è ancora di tipo fortemente centralizzato e concentrerà l’introiti economici in poche mani.

In questo contesto la comunità solare dell’ Alta val d’Agri, nata ancora prima delle CER lucane, si propone come un progetto realmente solidale e democratico: tredici famiglie e nove attività commerciali che portano avanti una transizione energetica dal basso in una regione storicamente influenzata dai mercanti dell’oro nero e priva di una chiara e definita politica energetica autonoma.

La scelta dei cittadini solari lucani acquista ancora più valore in un contesto politico facilmente influenzabile da interessi economici e strategie aziendali. Quando la politica si limita a gestire le proposte altrui, diventa un un semplice apparato burocratico al servizio degli interessi industriali. La comunità solare dell’Alta val d’Agri è una piccola storia di resistenza in un territorio-hub di sperimentazioni private.