Termovalorizzatore di Roma, avvio dei cantieri entro l’estate. I dubbi dei comitati
Via libera al termovalorizzatore di Roma dopo la validazione tecnica del progetto. Ma i dubbi non mancano.

Il Campidoglio ha reso noto che è stata aggiudicata in via definitiva la realizzazione del termovalorizzatore di Roma nell’area industriale di Santa Palomba. A vincere la gara è stato il Raggruppamento di imprese guidato da Acea Ambiente con Suez Italy, Kanadevia Inova, Vianini e Rmb È stato siglato un contratto della durata di 33 anni. A breve partirà anche il procedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) che sarà gestito dalla struttura commissariale: l’intervento, inserito tra le opere giubilari, è stato fortemente sostenuto dal sindaco che, riveste anche il ruolo di commissario straordinario per il Giubileo e per la Gestione dei rifiuti.
I lavori dovrebbero cominciare entro l’estate per concludersi con la fine del 2027. Secondo l’amministrazione capitolina si tratta di un grosso passo in avanti. Il termovalorizzatore, inserito nel Piano rifiuti approvato nel 2023 che punta al raggiungimento del 70% di raccolta differenziata, riducendo a zero il ricorso alle discariche, è stato progettato per integrarsi in modo funzionale con l’intero ciclo della differenziata.
Nel sito del Comune viene spiegato il progetto che prevede anche la realizzazione di un Parco dell’Economia Circolare, un’area attrezzata con spazi per la ricerca, un coworking, una serra, un giardino pubblico e una torre panoramica alta oltre 70 metri. Saranno costruiti anche quattro impianti ausiliari per il recupero delle ceneri pesanti, un impianto fotovoltaico, una rete di teleriscaldamento e un sistema sperimentale per la cattura della Co2.
Secondo il Comune, le emissioni saranno nettamente inferiori ai limiti fissati dalle direttive europee e dalle Best Available Techniques (Bat) e all’inquinamento provocato dal traffico di una strada. L’impianto produrrà energia termica ed elettrica (65 MW complessivi) sufficiente ad alimentare circa 200mila famiglie e permetterà il recupero di circa 10mila tonnellate di acciaio, 2mila di alluminio e 1.600 di rame ogni anno.
Tuttavia, le linee guida europee tendono a scoraggiare il ricorso a termovalorizzatori. Per l’Unione europea gli impianti di trattamento con recupero energetico sono al penultimo posto nella gerarchia dei rifiuti dietro a strategie più virtuose come prevenzione, riuso e riciclo.
I termovalorizzatori si conciliano male con una strategia complessiva di riduzione dei rifiuti, per diversi motivi, sia tecnici che politici, e questa tensione è stata evidenziata anche dall’Unione Europea e da numerosi studi scientifici. I costi di costruzione alti e i lunghi tempi di ammortamento (20-30 anni) rischiano di creare una dipendenza strutturale dal rifiuto: per far funzionare l’impianto, servono grandi quantità di rifiuti combustibili, anche a scapito del riciclo o della riduzione. Un effetto chiamato di lock-in tecnologico ed economico. In alcuni casi, i Comuni sono incentivati a non ridurre i rifiuti per garantire l’approvvigionamento dell’impianto.
Inoltre, anche se più moderni dei vecchi inceneritori, i termovalorizzatori emettono CO₂, specialmente quando bruciano plastiche (che derivano dal petrolio). La CO₂ da incenerimento è quasi tutta fossile, e quindi dannosa per il clima, a differenza di quella da biomassa.
I dubbi, quindi, non mancano. L’Unione dei comitati contro l’inceneritore ha mantenuta alta l’attenzione sull’impianto, anche a Bruxelles, con petizioni e contestazioni al progetto. Secondo il comitato sono tanti gli interrogativi da attenzionare, dalla durata ultratrentennale dell’inceneritore, agli impatti su ambiente e salute, all’estensione del territorio coinvolto e al numero delle popolazioni colpite.
«L’area è inidonea – si legge in un nota dell’Unione dei Comitati – perché Santa Palomba ospita in pochi km quadrati quattro dei diciannove impianti a rischio di incidente rilevante esistenti in tutta la Regione Lazio». Gli attivisti del comitato hanno dichiarato di voler «mettere a disposizione del Comune di Pomezia la proposta di deliberazione che avvia l’iter per dichiarare l’ area a elevato rischio di crisi ambientale». A dover decidere se l’area di Santa Palomba sia, come sostengono i comitati contrari all’inceneritore, un sito “ad elevato rischio di crisi ambientale” sarà quindi poi la regione Lazio.
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