16 Feb 2024

L’attacco all’ospedale di Khan Yunis e il sogno di pace europeo – #880

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Continua il massacro di civili a Gaza, con l’esercito israeliano che ha fatto irruzione in un ospedale a Khan Yunis, mentre in Europa riprende quota un’ipotesi, in realtà di molti anni fa, di costituire dei corpi civili di pace. Intanto inizia il processo a Eni in Italia, e ci sono polemiche sui consulenti chiamati dall’azienda. Parliamo anche dell’impatto delle navi da crociera sui cetacei e delle elezioni in Indonesia, prima di concludere con la giornata di Italia che Cambia.

In un’escalation che aggiunge un altro capitolo alla crisi di Gaza, l’esercito israeliano ha preso di mira il Nasser Medical Complex a Khan Yunis, l’ultimo baluardo di speranza per migliaia di palestinesi in cerca di rifugio. Questa mossa segue la richiesta di evacuazione dell’ospedale, giustificata da Israele con la presunta presenza di militanti di Hamas che, secondo le autorità israeliane, operano dall’interno dell’ospedale e nelle sue immediate vicinanze.

La tensione è salita alle stelle quando le forze israeliane hanno annunciato di aver condotto un’operazione mirata contro i miliziani di Hamas, accusati di mescolarsi tra i civili feriti e di utilizzare l’ospedale come scudo umano. Dall’altra parte, Hamas ha denunciato l’attacco come un’aggressione brutale, che ha già provocato vittime tra coloro che cercavano sicurezza e cure all’interno del complesso ospedaliero.

Khan Yunis, già teatro di intensi combattimenti nelle scorse settimane, si ritrova ora al centro di un’azione militare che ha portato ulteriore distruzione in una zona già profondamente segnata dalla guerra. I bombardamenti nelle vicinanze dell’ospedale e i rapporti di civili colpiti da cecchini all’interno del complesso sanitario hanno sollevato serie preoccupazioni sulla sicurezza dei rifugiati e del personale medico.

In questa difficile cornice, il destino di Gaza e del suo popolo rimane incerto, con la speranza di sicurezza e pace che appare sempre più lontana, mentre la comunità internazionale osserva e valuta come intervenire in una delle crisi umanitarie più complesse del nostro tempo.

In tutto ciò dicevamo ieri di come comunque l’appoggio internazionale all’operazione si sia molto affievolita. L’altroieri è arrivato anche un messaggio del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin che ha espresso sdegno per l’uso sproporzionato della forza da parte di Israele, parole che hanno provocato un’immediata reazione da parte della diplomazia di Tel Aviv che ha definito «deplorevole» l’intervento del cardinale, aprendo una crisi fra Vaticano e governo Netanyahu che il quotidiano Domani definisce “senza precedenti”.

Nel frattempo, riprende forza una vecchia idea. Ovvero quella di creare un Corpo civile di pace Europeo. Sta girando molto un’iniziativa che si chiama “Manifesto per una Europa sicura e costruttrice di pace”, lanciato da Marianella Sclavi, Riccardo Bonacina, Marco Bentivogli e Angelo Moretti e e rilanciata dalla Commissione Esteri del Parlamento Europeo che appunto riprende l’idea di un Corpo civile europeo di pace che è un’idea dello storico leader ecologista Alex Langer, per risolvere i conflitti in modo pacifico trasformando le aree di crisi in laboratori di rigenerazione sociale, dove i cittadini diventano artefici del proprio destino, promuovendo la coesistenza pacifica.

Un’idea che sembra forse utopica adesso, nei contesti delle guerre a noi più vicine, ma tante idee concrete, all’inizio sembrano irrealizzabili. Il punto di partenza è che la pace richiede l’impegno attivo della società civile. Non si tratta solo di presenza sul campo, ma di ascolto attivo, di valorizzazione delle risorse locali e di trasformazione dei conflitti in opportunità di crescita condivisa. Ecco, questi ipotetici Corpi Civili di Pace dovrebbero incarnare queste qualità, operando in sinergia con tutte le istanze istituzionali per garantire interventi tempestivi, inclusivi e trasparenti.

L’invito lanciato dal Manifesto è per un’Unione Europea che si faccia portatrice di innovazione istituzionale nel campo della risoluzione creativa dei conflitti. “Risoluzione creativa dei conflitti” la trovo un’espressione geniale. Perché citando Rob Hopkins, possiamo dire che la guerra è un fallimento dell’immaginazione. Ci scontriamo, ci uccidiamo, quando non siamo più in grado di immaginare una soluzione, una situazione in cui le esigenze di entrambe le fazioni sono in qualche modo soddisfatte. E allora prevale la legge del più forte. Io sono più forte, quindi quelle cose me le prendo. Ma quasi sempre, per non dire sempre, un po’ di pensiero creativo e intelligenza collettiva sarebbero sufficienti per trovare soluzioni pacifiche. 

Fra l’altro il fatto che a lanciarlo sia stata Marianella Sclavi, è una garanzia da questo punto di vista. 

Comunque questa idea dei corpi civili di pace sembra aver riscosso un certo successo in una conferenza tenutasi proprio a Kiev, in cui il messaggio è stato: “Mai più Donbass”. Un territorio simbolo di divisione e violenza che richiama l’urgenza di un’azione pacifica e determinata.

Non so se lo sapete ma ENI si appresta a difendersi in tribunale dalla causa climatica che la vede protagonista, intentatale (assieme a Cassa depositi e prestiti e Ministero dell’Economia e delle Finanze) da Greenpeace, ReCommon e 12 cittadini/e. L’accusa è quella di inazione climatica, a fronte della consapevolezza dei danni che si stavano apportando. 

Ecco, alla vigilia dell’udienza, emergono i nomi dei consulenti chiamati da ENI a difendere la propria causa. E tra questi ci sono dei personaggi… diciamo discutibili. Come denunciano le stesse Greenpeace e Recommon in un comunicato, fra tutti spicca Carlo Stagnaro, attuale direttore degli studi e delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, think tank liberista noto anche per aver assunto a sua volta, in più occasioni, posizioni antiscientifiche sulla crisi climatica.

Negli anni Stagnaro ha sostenuto tesi negazioniste diffondendo anche in Italia teorie senza fondamento sui cambiamenti climatici; lasciandosi andare ad attacchi contro l’IPCC, ovvero la massima autorità scientifica in materia a livello globale, e intessendo una fitta rete di rapporti con le più note organizzazioni negazioniste globali.

Poi c’è Stefano Consonni, professore ordinario di Sistemi per l’energia e l’ambiente del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano, presentato come esperto “indipendente” malgrado le sue collaborazioni pluridecennali con le più grandi aziende globali dei combustibili fossili, come Exxon, BP e la stessa ENI.  

Un legame profondo e consolidato, quello tra Consonni e il mondo delle società energetiche, che lo ha portato a fare consulenze nonostante il suo ruolo di docente universitario e dipendente pubblico, tanto che nel 2021 l’accademico è stato condannato in primo grado a risarcire al Politecnico di Milano, di cui era dipendente, l’importo di 250 mila euro per aver svolto, senza autorizzazione dell’università, incarichi in favore di società profit.

Quindi le due organizzazioni si chiedono: «Si può ritenere attendibile, nell’ambito di un contenzioso climatico, la consulenza di chi ha spesso sposato in prima persona e diffuso posizioni negazioniste in fatto di cambiamenti climatici? Si può ritenere libero di giudizio un esperto chiamato a dare un parere in merito all’operato di una azienda fossile se questo stesso esperto ha ricevuto in passato compensi da questa stessa compagnia?», augurandosi che «il giudice rigetti le numerose e pretestuose obiezioni mosse da ENI e dalle altre parti e istruisca invece il processo, permettendo un ampio confronto che porti a un radicale cambiamento nelle strategie industriali dell’azienda, facendone un protagonista nel contrasto alla crisi climatica anziché uno dei principali responsabili».

Staremo a vedere, si tratta di un processo molto importante perché se i giudici ritenessero l’azienda colpevole si creerebbe un precedente legale per cui qualsiasi azienda che continua ad emettere CO2 e ad inquinare impunemente, pur sapendo i danni che arreca, potrebbe essere accusata e condannata a risarcire per i danni arrecati.

Oggi su Liguria CC esce la nuova puntata della nostra inchiesta sulle navi da crociera portata avanti da Emanuela Sabidussi, che in questa puntata ci porta a scoprire l’impatto di questi mostri del mare sull’ecosistema marino e soprattutto sui cetacei, dato siamo in una zona di transito di molti grossi cetacei. 

Nell’articolo la biologa Maddalena Jahoda dell’Istituto Tethys ONLUS getta luce su una realtà preoccupante: il rischio di collisioni tra queste enormi navi e i cetacei è una minaccia crescente. La storia di Codamozza, una balenottera che ha perso la coda in uno di questi incidenti, ne è un esempio emblematico. 

Se siete curiosi di approfondire anche questo aspetto, trovate l’articolo sotto fonti e articoli.

È stato un San Valentino un po’ particolare in Indonesia, dove fra un appuntamento romantico, un mazzo di fiori e qualsiasi altra cosa si faccia in Indonesia per festeggiare San Valentino, il 14 febbraio si è anche votato per eleggere il nuovo Presidente. E Prabowo Subianto, ex generale dal passato poco limpido e attuale ministro della difesa, sostiene di aver vinto con il 58% dei voti, basandosi su conteggi rapidi non ufficiali. Se confermati, questi risultati potrebbero segnare un cambio di rotta per l’Indonesia, sollevando preoccupazioni riguardo ai diritti umani e alla democrazia.

Prabowo, leader del Partito del movimento della grande Indonesia, è noto per i suoi legami con l’élite e gruppi islamici radicali. Le sue precedenti accuse di violazioni dei diritti umani e il suo approccio autoritario preoccupano molti, comprese organizzazioni come Amnesty International Indonesia, che temono per il futuro dei diritti umani nel paese.

La scelta di Gibran Rakabuming Raka, figlio del presidente uscente, come vicepresidente solleva ulteriori dubbi sulla salute della democrazia indonesiana. Tuttavia, Prabowo ha saputo rivolgersi efficacemente ai giovani elettori, sfruttando i social media per dare di sé un’immagine moderata.

Con i risultati ufficiali attesi per il 20 marzo, l’Indonesia attende di scoprire se si dirigerà verso un ballottaggio a giugno. La situazione rimane fluida, con la speranza che, indipendentemente dall’esito, prevalgano i valori democratici e i diritti umani.

In sintesi, le elezioni indonesiane sono un promemoria della continua evoluzione della democrazia, evidenziando l’importanza del dialogo e del rispetto dei diritti umani nel determinare il futuro del paese.

Oggi è venerdì e oltre all’inchiesta sulle navi da crociera esce anche la nostra videostoria Io faccio così della settimana e la rassegna sarda. Quindi innanzitutto passo la parola a Paolo Cignini, perché ci racconti di cosa parla la storia di questa settimana. 

Audio disponibile nel video / podcast

Grazie a Paolo per essere riuscito a parlare di dormire in maniera molto sveglia, e passo la parola a Alessandro Spedicati per il classico teaser della nuova puntata di INMR Sardegna.

Audio disponibile nel video / podcast

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