19 Mag 2022

Dalle multinazionali alla terra, il ritorno di Nella De Vita in Calabria – Io Faccio Così #354

Scritto da: Elisa Elia
Riprese di: Elisa Elia
Montaggio di: Elisa Elia e Paolo Cignini

Laureata in chimica, ricercatrice, Nella De Vita ha lavorato per tanti anni all’interno di grandi multinazionali a Roma, facendo carriera. Poi il cambiamento: decide di tornare in Calabria, dove è nata e cresciuta, e avviare un progetto legato all’agricoltura e non solo, riconnettendo le maglie di un tessuto locale vivo e ricettivo.

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Cosenza - Nella, occhi vispi, a maniche corte anche se è una giornata di primavera poco soleggiata. È lei la prima storia di ritorno che ascolto, quella legata a una donna che per tanti anni ha vissuto e lavorato a Roma facendo carriera all’interno di alcune multinazionali e poi ha deciso di cambiare vita in modo radicale: cambiare lavoro e scegliere di tornare in Calabria, per viverci e dedicarsi a un progetto legato alla terra.

«Non è semplice da raccontare, è anche una storia in parte dolorosa», anticipa Nella De Vita al telefono. Mi ricorda ancora una volta che non ci sono soltanto il bianco e il nero, ma tante sfumature che rendono ogni ritorno in questa terra una meta desiderata e allo stesso tempo sofferta.

Nella mi accoglie nella sua casa, circondata da onde verdi e collinari. È qui che vive e lavora da ormai due anni, in un posto completamente immerso nella natura a pochi chilometri da San Martino di Finita, paese arbresh in provincia di Cosenza. Vive in un’ex casa colonica con dieci ettari di terreno attorno.

Azienda Agricola La Tatina 6

«Ricordo ancora la prima volta che ho visto questo posto», è una delle prime cose che mi dice all’inizio dell’intervista che trovate nel video qui sotto. «La strada per arrivarci non era come la vedi adesso: c’erano rovi e canne, ricordo che dovevo farmi strada con un po’ di difficoltà. E ho pensato che fosse un segno, che questa strada fosse una viatico».

Quando ha iniziato la sua ricerca, infatti, Nella De Vita veniva da un periodo difficile che l’aveva portata a compiere questa scelta: «Sono andata via dalla Calabria subito dopo la laurea in chimica, iniziando prima con la ricerca e poi lavorando in azienda, come manager. Poi a un certo punto di questo percorso, che sembrava favoloso e che non sarebbe mai finito, gli eventi mi hanno portata ad abbandonare quel tipo di vita che – mi sono resa conto – non mi portava a nulla, a parte l’effimera illusione della carriera e del prestigio».

Si parla di tanti anni passati a lavorare in azienda, a Roma e in Italia, spostandosi di frequente, gestendo grandi numeri di persone. Per Nella De Vita quel lavoro era diventato quasi totalizzante, gran parte della sua quotidianità e delle sue relazioni. «E non solo: quella vita mi aveva tolto tanto, sia da un punto di vista personale che sociale, che affettivo-relazionale, avendo anche avuto una figlia nel frattempo».

Nella descrive gli ultimi anni della sua vecchia vita come un vortice in cui si è completamente avviluppati, ma che per fortuna a un certo punto si interrompe, anche se è un’esperienza dolorosa. È qui che inizia a balenare l’idea di una vita diversa, partendo da una riconnessione con sé stessa, con la propria terra e con gli altri: «Qui era tutto da fare, ma probabilmente ero anche io che mi dovevo ricostruire. Mi sto ridando vita allo stesso modo in cui sto ridando vita a questo posto».

La sua però non è una scelta meramente individualistica, ma fatta di profonda connessione con ciò che sta attorno a lei: «Qui sto avendo un contatto diverso con le persone e vivo attraverso la natura, ho avuto la conferma che conduciamo esistenze che sono piene di cose, ma in cui manca tutto ciò che serve veramente: il contatto con noi stessi e con gli altri, cosa che invece qui credo che sia possibile».

Nella De Vita infatti ha scelto di tornare in Calabria perché «era giusto, era una forma di rispetto per me e per la mia regione», ma in particolare ha deciso di stabilirsi in un’area interna, lontana dai grandi centri e in via di spopolamento perché la sua intenzione è creare valore e microeconomia anche nella nuova comunità di cui fa parte.

Ad esempio, ci spiega, all’inizio il lavoro ha riguardato soprattutto «ripulire e rimettere in sesto questo posto, che era abbandonato da anni ed era pieno di rovi, cannette e ginestre; per farlo, ci siamo fatti aiutare da gente del posto e già questo è un modo per far girare la microeconomia del paese».

Poi nel futuro c’è l’obiettivo di far diventare la sua casa un luogo esperibile anche da altri, ma non per vacanza, piuttosto come spazio di riconnessione con sé stessi e con un modo diverso di vivere, in modo che questo possa creare un beneficio anche per il territorio e per le persone che vivono nei dintorni, valorizzando i luoghi che sono al di fuori delle rotte classiche della Calabria.

Una cosa che non mi aspettavo qui in Calabria è che ci sono tante persone che si muovono e vogliono cambiare.

Intanto nella terra di Nella De Vita iniziano a crescere i primi frutti, in senso letterale: l’azienda agricola La Tatina pianta e cereali da semi antichi e moderni, colture orticole e da frutto che sono andate perdute, cura un giardino selvaggio sulla soglia di casa e fiori, tanti fiori in mezzo all’orto. Anche alcuni animali hanno trovato casa qui: oche, galli e galline, conigli e qualche pecora. Si cerca di seguire i principi della permacultura, con il rifiuto della monocoltura e di qualsiasi prodotto chimico.

Per il momento c’è una piccola rete legata a un GAS a Villaggio Europa, a Cosenza, dove Nella porta i suoi prodotti e dove ha trovato persone con una visione in comune: «L’obiettivo è arrivare alla vendita diretta e creare delle reti che condividano i nostri valori». Una realtà con cui Nella De Vita collabora e da cui ha ricevuto sostegno, è Il Seme che Cresce, un progetto di recupero di grani antichi e ripristino della filiera locale del grano. Proprio da loro Nella ha recuperato il grano timilìa, un seme antico che adesso occupa una buona parte dei suoi campi.

E se da un lato mi spiega le criticità di questo suo ritorno – come la difficoltà a collaborare con istituzioni ed enti come le università –, dall’altro mi rivela con sorpresa come si sia ritrovata circondata da persone che si mettono in azione: «Una cosa che non mi aspettavo qui in Calabria è che ci sono tante persone che si muovono e vogliono cambiare, il problema è che sono scollegate e non fanno massa critica, ma ce ne sono tante».

Di queste storie ne abbiamo conosciute parecchie e tante sono ancora da scoprire. C’è un’altra Calabria, che si muove come un fiume carsico: non sempre la vedi, ma sai che esiste.

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