22 Gen 2024

Il Filo di Salice: da Londra alla pianura padana per rigenerare il suolo

Scritto da: Alessia Canzian

Al limitare della pianura Padana, dove la terra inaridita dallo sfruttamento intensivo sembra quasi aggrapparsi alla fertilità ancora intonsa dell'appennino, sorge il Filo di Salice. Creato da Elia e Giada – expat londinesi rientrati in Italia qualche tempo fa –, questa piccola realtà agricola vuole creare un esempio virtuoso e replicabile di produzione, vendita e consumo di ortaggi in modo consapevole.

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Piacenza, Emilia-Romagna - Siamo nel piacentino, nel Comune di Borgonovo Val Tidone, esattamente dove la pianura Padana si incontra con le propaggini collinari dell’Appennino ligure, per parlarvi di un progetto agricolo dal sapore rivoluzionario: il Filo di Salice. «L’idea sottostante è l’agroecologia», afferma Elia Agosti, titolare del Filo – come viene amichevolmente chiamata l’azienda dai suoi sostenitori.

«Il nostro obiettivo è rendere il più sostenibile possibile l’agricoltura. Quindi non utilizziamo mezzi agricoli, le lavorazioni del suolo sono ridotte al minimo e tutto ciò che possiamo fare a mano lo facciamo a mano. Produciamo ortaggi con metodi naturali e rigenerativi, coltiviamo localmente e seguendo il ritmo delle stagioni, non utilizziamo sostanze chimiche, tramite la vendita diretta contribuiamo a ridurre l’impatto ambientale della spesa e lo spreco di cibo».

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DALLA CITY AL CAMPO

Elia e Giada, sua compagna di vita, hanno deciso di tornare in Italia dopo sette anni vissuti a Londra ed è proprio nella megalopoli britannica che Elia ha iniziato a immaginarsi contadino. «Nel 2012 Giada ha vinto una borsa di studio a Londra – ci racconta Elia – e io ho trovato lavoro in un centro di arrampicata; in questo centro c’era un bar e tutti gli ortaggi usati dal bar erano prodotti in un orto. Io ho iniziato a fare il volontario nell’orto e ho scoperto che mi piaceva non solo lavorare la terra, ma anche cercare di sviluppare progetti agroecologici funzionali. Mi ci vedevo a diventare un contadino, anche se all’epoca non sapevo veramente cosa comportasse diventarlo».

Oggi il Filo di Salice è un progetto agricolo che si sviluppa su un campo di quasi un ettaro; di questo ettaro però solo 7000 metri quadri sono coltivati a ortaggi. «È un campo piccolo – ci spiega Elia con tanto orgoglio – e difficilmente veniamo considerati agricoltori perché con questi metraggi sembrerebbe che non si possa ricavare un reddito». Invece, al momento, Elia ha assunto un dipendente, Javier, e riesce a fornire ortaggi di qualità a circa 70 famiglie, sia tramite la vendita in campo due volte a settimana, sia tramite consegna a casa, con la consapevolezza di poter arrivare a servire 100/150 famiglie nei prossimi anni senza aumentare il metraggio.

Ovviamente non è stato semplice raggiungere questi traguardi: «I primi due anni non sono riuscito ad avere uno stipendio, solo cibo – afferma Elia –, all’inizio è stata molto dura, non sapevo tante cose e ho dovuto studiare molto. In Inghilterra non utilizzavamo neanche l’irrigazione perché pioveva sempre, invece quando siamo arrivati qua, dal secondo anno abbiamo iniziato a vedere gli effetti del cambiamento climatico, siamo passati da 900 millimetri di pioggia all’anno a 500, con una temperatura costante ad agosto fra i 30° e i 40°. Però, con passione e studio ci stiamo riuscendo».

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L’IMPEGNO PER UN’AGRICOLTURA RIGENERATIVA

Un sogno che non vuole essere solo un ritorno alle origini, ma anche il forte desiderio di costruire un futuro migliore. Un futuro in cui la natura è rispettata nel suo ciclo e in cui l’uomo ne sia fruitore e non sfruttatore, in cui l’agricoltore sia in grado di riscoprire quei saperi passati che hanno permesso alla società di nutrirsi fin dall’antichità. Il tutto ha un sapore decisamente rivoluzionario perché questa realtà nasce in un contesto in cui la pratica principale è l’agricoltura intensiva di pianura e collinare.

«Da un lato abbiamo le nostre bellissime valli completamente deturpate da vigneti – ci spiega Elia –, non c’è un albero e la terra viene continuamente lavorata. Viene utilizzato glifosato. Dall’altra parte, ci sono campi interi di monoculture di pianura. Noi siamo in mezzo a questa realtà. Fortunatamente abbiamo un campo in piano e al posto di produrre una solo monocoltura cerchiamo di produrre circa 50 ortaggi l’anno. Sempre su 7000 metri quadri».

Dall’anno scorso l’azienda si è ampliata e oltre all’orticoltura è stato avviato un progetto di frutticoltura e di agroforestazione. Sono stati piantumati più di 400 alberi, di cui alcuni per la frutta e altri forestali. Gli alberi forestali vengono utilizzati come supporto alle colture per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. L’obiettivo è di realizzare delle linee di alberi che andranno a ombreggiare i lotti di coltivazione, passaggio fondamentale per affrontare la siccità e il caldo. Un altro obiettivo strategico che il Filo di Salice vuole raggiungere è l’aumento della sostanza organica nel suolo.

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«La sostanza organica in Pianura Padana dovrebbe aggirarsi tra il 13/17% – ci spiega Elia per farci comprendere la gravità della situazione – invece oggi la media è 0,5%. Noi in tre anni siamo arrivati al 2%, quando il mio vicino ha lo 0,5%. La sostanza organica nel suolo è come una spugna che si riempie d’acqua e la rilascia lentamente. Più sostanza organica si ha nel suolo e meno acqua si dovrà usare. Il nostro obbiettivo è tornare ad avere una sostanza organica verso il 10%, essenziale per riuscire a fronteggiare il cambiamento climatico».

ANCHE CHI ACQUISTA IL CIBO DEVE FARE LA PROPRIA PARTE

Modificare il modo di produrre cibo implica anche una modifica da parte del consumatore del cibo stesso. La nostra società si è abituata a un consumo intensivo di cibo sempre presente, non considerando la stagionalità degli alimenti, come se quest’ultimi crescessero direttamente sugli scaffali dei supermercati. Attraverso il mercato in campo del Filo di Salice si intende abituare il consumatore alla stagionalità degli alimenti in un’ottica di rieducazione alimentare.

«Anche il consumatore – ci conferma Elia –, che è poi colui che viene a finanziare il nostro progetto, deve cambiare il modo di fare spesa. Io vendo quello che riesco a produrre. All’inizio le persone venivano da me e si aspettavano di trovare le zucchine a novembre. Quindi il nostro compito è di provare a cambiare le abitudini alimentari delle persone, per accompagnarle verso un consumo consapevole di ortaggi. È necessario capire che se vuoi mangiare bene, se vuoi supportare un progetto locale, se vuoi fare parte di questa comunità che stiamo cercando di creare bisogna un po’ piegarsi a quello che la natura vuole».

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UNA PREZIOSA COLLABORAZIONE

Ed è veramente grande la comunità che i creatori del Filo di Salice stanno realizzando. Una comunità che grazie al web e al network riesce a divulgare sempre più informazioni su questo nuovo modo di pensare l’agricoltura. Una collaborazione importante per il Filo è quella con il collettivo veneto Rizosfera. «Quando ho iniziato con l’attività non sapevo nulla – ci spiega Elia – c’era pochissima letteratura in italiano, tutto inglese o spagnolo, su questa tipologia di agricoltura che si chiama market garden». 

Poi è nato il collettivo Rizosfera in Veneto, che ha iniziato a fare divulgazione. «Hanno organizzato un corso di orticoltura professionale market garden, io ci sono andato ed è scoppiata la scintilla. Io leggevo tantissimi manuali in inglese e ascoltavo numerosi podcast; quindi, dato che loro avevano la piattaforma e io la voglia ho chiesto di promuovere il mio podcast». Così nasce Rizopodcast, il podcast tenuto direttamente da Elia che è giunto alla sua terza stagione e che tratta temi quali la fertilità del suolo e come aumentarla in modo agroecologico, l’agroforestazione e, tema di quest’ultima stagione, i pascoli rigenerativi.

Attraverso il mercato in campo del Filo di Salice si intende abituare il consumatore alla stagionalità degli alimenti in un’ottica di rieducazione alimentare

Con il podcast si è realizzato il desiderio di offrire degli strumenti a tante altre persone per fare le colture in modo diverso. Sempre in un’ottica di condivisione delle conoscenze, gli ideatori del Filo di Salice hanno dato il via a diversi corsi di formazioni, alcuni già conclusi come quello sul riconoscimento delle piante spontanee e sulla produzione di funghi, mentre il prossimo marzo si terrà un corso di orticoltura professionale.

Il Filo di Salice è una vera oasi nel deserto, metafora che potrebbe davvero diventare realtà nei prossimi anni considerando la salute del suolo in pianura Padana. Una realtà che visibilmente trasmette armonia: infatti nel campo gli ortaggi crescono sani, fertilizzati solo dal razzolare delle galline e delle oche. Una realtà che intende veramente uscire dagli schemi di sfruttamento e di consumo che ha creato la nostra società perché, se vogliamo davvero evolverci, dobbiamo iniziare a ripensare al cibo e al modo in cui produrlo.

Per saperne di più ascolta i nostri podcast sul consumo di suolo e sull’agricoltura naturale.

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