Italia, Sardegna e il paradosso del nazionalismo: chi siamo quando diciamo “noi”?
Il nazionalismo è dato per scontato: un popolo, una terra, una storia. Ma quando nasce l’idea di nazione? E cosa accade quando incontra realtà come la Sardegna, dove l’identità locale si intreccia e a volte si scontra con quella italiana?

Difendere i confini e salvaguardare la sicurezza nazionale. Parole chiave che ricorrono nelle linee politiche dei governi cosiddetti “sovranisti” del mondo occidentale. È facile descrivere queste politiche come mirate all’esclusione dell’altro. Ma per capire come si è arrivati a questo punto bisognerebbe fare un passo indietro e chiedersi chi è l’altro e quando abbiamo iniziato a definirlo tale.
I diversi partiti e orientamenti politici possono essere in disaccordo sul modo in cui bisogna gestire i rapporti con lo straniero. Ovviamente, c’è straniero e straniero: il trattamento che riceve, per esempio, un americano in Italia – da parte tanto delle istituzioni quanto dei singoli cittadini – non potrebbe essere più diverso da quello che è riservato a un cittadino sudanese. Ma l’esistenza di un altro e dunque prima di tutto di un noi, riconosciuto e circoscritto, non è oggetto di dibattiti. L’Italia e gli italiani sono un fatto. La gestione politica del rapporto con chi-non-è-italiano è argomentata e può generare accesi conflitti, oltre che distinti schieramenti; ma il presupposto non è mai messo in discussione.

Eppure, questo “noi, italiani” deve aver avuto un inizio. Riconoscerlo non è cosa da poco, perché significa accettare quello che oggi sembra un cortocircuito cognitivo e cioè che, come tutte le cose del vivere o quantomeno della società umana, se l’Italia ha avuto un inizio, deve necessariamente avere una fine. E questo riguarda tutti gli Stati-nazione del mondo.
Ma quando si data questo inizio? Quando nasce l’idea di “nazione”? Attenzione, perché la risposta non è così semplice come potrebbe sembrare. Anche se sappiamo che l’Unità d’Italia avviene il 17 marzo 1861 – la data è una convenzione, che però marca un evento politico reale –, ciò non vuol dire sapere quando nasce l’idea di una “nazione Italia”. Soprattutto, non è nelle date del Risorgimento che troveremo risposte alla questione dell’origine dell’identità nazionale italiana e del nazionalismo.
PRIMA DEL NAZIONALISMO, COME NASCE LA NAZIONE?
Come scrive il sociologo Siniša Malešević, bisogna stare molto attenti a non confondere “l’identità nazionale” con “la nazione, il nazionalismo e la nazionalità”. Infatti condividere lo stesso nome collettivo o abitare lo stesso spazio nazionale non significa automaticamente avere “un senso di appartenenza condiviso”. In altre parole, che il nostro passaporto reciti che siamo italiani non significa che ci sentiamo tali e questo dovrebbe essere piuttosto chiaro a chiunque sia nato e cresciuto in Sardegna, dove il rapporto tra l’identità sarda e l’appartenenza nazionale è spesso vissuto in modo conflittuale.

Inoltre lo Stato non va confuso con la nazione. Il primo è la struttura che mantiene e gestisce il gestisce il potere politico su un determinato territorio e le persone che lo abitano. La nazione invece è un’idea. Non è scritto da nessuna parte che Stato e nazione debbano coincidere: questa non è un’ovvietà ma una teoria politica.
“Il nazionalismo – scrive Ernst Gellner, uno dei più importanti studiosi di nazionalismo – è innanzitutto un principio politico secondo il quale l’unità politica e quella nazionale devono essere congruenti”. In altre parole, in un dato momento storico si è deciso che il governo di un territorio e della popolazione che lo abita debba essere dettato da un semplice principio: ogni popolo deve poter governare sé stesso, in autonomia e libertà dagli altri. In teoria è il ben noto principio dell’autodeterminazione dei popoli. In realtà, vedremo che l’ideologia del nazionalismo ha molto a che vedere con il potere e il suo controllo; poco con i principi di cui teoricamente si fa portavoce.
Questo senso di appartenenza a un gruppo e in particolare la lealtà ad esso altro non è che ciò che abbiamo chiamato nazionalismo
STESSO SANGUE
L’idea di “nazione” è antichissima, anche se non è sempre stata chiamata così. Tutti gli esseri umani sentono un forte attaccamento emotivo alla famiglia, agli antenati – cioè alla famiglia antica –, così come al gruppo che percepiscono più vicino a sé. Quest’ultimo può essere la tribù, il villaggio, il paese. Queste collettività che fuoriescono dalla parentela strettissima sono sentite vicine proprio in virtù della convinzione di un’ascendenza comune, un’origine condivisa. Sono le persone che parlano la mia stessa lingua, mi assomigliano, si comportano come me, hanno i miei stessi usi e costumi: una sorta di famiglia allargata, perché questo senso del “noi” altro non è che un senso di parentela.
Come disse un mio amico a proposito degli abitanti di un paese a due chilometri di distanza dal suo, “funt un’atra rassa”. E qui rassa non corrisponde, ovviamente, all’italiano “razza”, ma mantiene il senso di stirpe, classe di uomini – persone con cui non condivido una parentela comune e che per questa ragione hanno una natura, un comportamento e delle predisposizioni diverse dalle mie, dalle nostre. Secondo alcuni studiosi, che nel filone accademico degli studi sul nazionalismo sono definiti “etno-simbolisti”, questo senso di appartenenza a un gruppo e in particolare la lealtà ad esso altro non è che ciò che in tempi più recenti abbiamo chiamato nazionalismo.

In questo senso, nazione ed etnia si confondono e si sovrappongono perché hanno di fatto la stessa origine nella percezione di una parentela condivisa. In effetti, se ci pensate, questo senso di vicinanza, di “sangue” comune è lo stesso che, allargato, sottende l’idea di popolo. E infatti ci emozioniamo quando leggiamo di studi genetici sul DNA dei sardi, perché è il nostro. Poi, che esista o meno un corredo genetico peculiare e proprio degli abitanti della nostra isola, è una questione secondaria.
TERRA, CULTURA, POPOLO: LA RICETTA DELLA NAZIONE
Tutti gli esseri umani avrebbero una predisposizione a costruire e ricercare affinità con gli altri sulla base della vicinanza di sangue, che si traduce anche in affinità culturali. Una cultura condivisa – tradizioni, riti, usi e costumi, modi di porsi, di pensare e di vivere, di cucinare, vestirsi, cantare, ballare e soprattutto modi di comunicare – è la logica conseguenza di centinaia, se non migliaia, di anni di vicinanza e interazione che caratterizzano i membri del “nostro” gruppo, in virtù della loro originaria parentela.
Per la maggior parte degli esseri umani, l’abbandono del nomadismo e il passaggio a una vita stanziale ha significato anche radicare le proprie vite e soprattutto questo senso di appartenenza a un gruppo in un luogo specifico. Terra e cultura sono quindi diventati i marcatori identitari per eccellenza insieme al senso di parentela, vicinanza e appartenenza al gruppo. In questi termini, la “ricetta” della nazione si perderebbe nel tempo della storia dell’umanità, laddove la nazione, nella concezione attuale, è prima di tutto un popolo che condivide una storia e dunque una cultura comune nel medesimo territorio.

E così possono esistere le cosiddette nazioni-senza-Stato: collettività che si sentono affini, che danno a sé stesse il nome di popolo, anche se non vedono riconosciuto il proprio diritto di autogovernarsi con uno Stato. In questo senso in Sardegna alcuni indipendentisti scelgono proprio l’espressione Natzione sarda per riferirsi alla comunità immaginata delle persone sarde. Parlare di “nazione” e non solo di “popolo” per la Sardegna è una scelta ragionata, perché legittima la rivendicazione di indipendenza sulla base del principio nazionalistico per eccellenza: ogni popolo dovrebbe poter governare sé stesso.
Tuttavia molti sardi sono critici di fronte a questa posizione. Perché cercare di rivendicare la nostra identità definendola nazionale, quando è proprio il sistema delle nazioni a opprimere popoli minoritari come il nostro? Non tutti gli studiosi concordano con la visione del nazionalismo come di un fenomeno eterno, caratteristico dell’essere umano, né ritengono che sia corretto definire sempre il senso di appartenenza a un popolo, una cultura e una terra come “nazione”. Per i modernisti la nazione è una costruzione storica e politica recente, risultato di processi propri dell’epoca moderna. Ne parleremo nel prossimo articolo.
Con questo articolo proseguiamo l’approfondimento sul nazionalismo di oggi, concentrandoci sul nazionalismo italiano e il suo braccio di ferro con l’identità sarda in Sardegna.
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