26 Maggio 2025 | Tempo lettura: 7 minuti
Ispirazioni / Io faccio così

In Sardegna una Casa dei Semi coltiva il futuro custodendo la biodiversità

In una frazione a rischio spopolamento in Sardegna esiste la Casa dei Semi, un progetto collettivo che custodisce varietà antiche, pratiche agricole sostenibili e relazioni comunitarie.

Autore: Sara Brughitta
casa dei semi
L'articolo si trova in:

Tra gli scaffali silenziosi della Biblioteca Satta di Nuoro c’è n’è uno diverso dagli altri: quello dedicato alla Casa dei semi. Si tratta di una storia nata nel 2016 a partire da un progetto, quello portato avanti a Domusnovas Canales per volontà di cittadine e cittadini accomunati dalla volontà di diffondere la consapevolezza verso l’importanza dell’agricoltura biologica, etica e sostenibile. Concetti che sono passati dalla custodia dei semi alla creazione di una rete intessuta da legami basati sul rispetto del territorio e del suo ecosistema, slegata da dinamiche di profitto.

Maurizio Fadda, agronomo parte del progetto, racconta come tutto sia cominciato da un bisogno urgente: salvare i semi, quelli antichi, spesso dimenticati. E insieme a loro salvare quelle conoscenze che da generazioni si tramandano sul campo, arricchite dalle nuove competenze che il progresso scientifico ha consentito di acquisire. Agricoltori, ricercatori, appassionati e cittadini comuni — ognuno con esperienze diverse — hanno scelto quindi di incontrarsi riconoscendosi in una stessa visione: quella di un’agricoltura naturale, biologica, autonoma, lontana dalle logiche industriali.

La Casa dei semi

«Ci conoscevamo già, più o meno, tutte e tutti», racconta Maurizio Fadda. «Coltivavamo, cercavamo semi antichi, sperimentavamo tecniche come la permacultura e l’agricoltura biologica. A un certo punto è emersa chiaramente la necessità di unire le forze, di far dialogare l’esperienza diretta con la ricerca scientifica. Così è nata l’idea di creare una rete sementiera “informale”, autonoma, alternativa al sistema ufficiale».

casa dei semi
Maurizio Fadda

Così, quasi dieci anni fa la Casa dei Semi ha preso forma a Domusnovas Canales, una piccola frazione del Comune di Norbello, in provincia di Oristano. Non è stata una scelta casuale: «Abbiamo scelto un luogo a rischio spopolamento, convinti che l’agricoltura biologica possa offrire nuove possibilità ai piccoli centri rurali», spiega Fadda. E aggiunge: «Non volevamo una banca dei semi. Le banche sono chiuse, custodiscono ma non condividono. Noi volevamo una casa, un luogo aperto, dove i semi potessero entrare, uscire, rientrare, essere scambiati e raccontati».

Oggi, la sede ufficiale della Casa dei Semi è custodita nello studio professionale di Maurizio Fadda, in cui è presente una ricca collezione di varietà di ortaggi, piante selvatiche utili all’agricoltura ecologica e, seppur in misura minore, anche alcune varietà da frutto. Anche la scelta delle specie non è mai casuale: si privilegiano piante resistenti alla siccità, adattabili ai suoli locali, di valore agricolo e culturale per il territorio. Ogni seme è accompagnato da una storia: non solo dati tecnici, ma anche esperienze dirette, osservazioni sul clima, sulla produttività, sulla capacità di resistere alle malattie.

La Casa dei Semi è anche un luogo di formazione, scambio e partecipazione attiva. Infatti ogni anno si tiene un incontro regionale dedicato allo scambio dei semi: un appuntamento dove agricoltori, curiosi e appassionati si ritrovano per condividere. «Non vogliamo semplicemente regalare semi. Chiediamo a chi li riceve di coltivarli, riprodurli e restituirne una parte. Tutto gratuitamente, perché i semi sono un bene comune. Ma il bene comune ha bisogno di responsabilità condivise».

Con la Casa dei Semi non vogliamo tornare indietro nel tempo: non si tratta di nostalgia, ma di costruire qualcosa di nuovo

Il progetto si fonda sull’autogestione, sul volontariato e sull’autofinanziamento. Nessun finanziamento pubblico, nessun legame con università o istituzioni. Le decisioni vengono prese in modo democratico. «L’aspetto scientifico ci interessa – precisa ancora Fadda – ma vogliamo che la conoscenza nasca dalla pratica, non da laboratori chiusi in attesa di fondi. Collaboriamo con agricoltori, studiosi indipendenti e chiunque voglia contribuire a un sistema utile, concreto, radicato nella realtà».

Biodiversità, comunità e semi come bene comune

C’è una domanda che dovrebbe essere posta più spesso, soprattutto in una terra come la Sardegna, ricca di biodiversità: come potrebbe essere l’agricoltura se si prestasse davvero attenzione alla sostenibilità e alla varietà biologica? La risposta per Maurizio Fadda è chiara «Sarebbe un’agricoltura rigenerativa», spiega. «Un’agricoltura senza pesticidi né concimi chimici, capace di lavorare con la natura e non contro di essa. Rispettando i ritmi del territorio, valorizzando la diversità invece di cancellarla».

casa dei semi
Pulizia dei semi, foto della Casa dei Semi

È una visione che si contrappone ai modelli dominanti dell’agricoltura industriale: monocolture estensive, dipendenza da prodotti chimici, omologazione genetica. Un approccio che si basa sul consumo consapevole, sulla salute delle persone e dei suoli. «Con la Casa dei Semi non vogliamo tornare indietro nel tempo — precisa Fadda — non si tratta di nostalgia, ma di costruire qualcosa di nuovo. Ripartire dal sapere contadino, integrandolo con le conoscenze scientifiche moderne, senza sottostare alle regole imposte dalle multinazionali che brevettano semi e impongono dipendenze chimiche».

In questo contesto, la sovranità alimentare diventa una parola chiave. È il diritto di scegliere cosa coltivare, come farlo e per chi. Non solo conservare semi, ma anche decidere in modo libero e sostenibile come nutrire le comunità. «È una questione profondamente politica – sottolinea Fadda – si tratta di sottrarre il cibo alle logiche del mercato globale e restituirgli un valore locale, sociale, ambientale».

Comprare, mangiare e scegliere in maniera etica

E qua sorge l’ulteriore domanda: come può un semplice consumatore contribuire davvero a un’agricoltura che non solo rispetti la natura, ma che arricchisca il territorio, generi economia circolare e porti beneficio all’intera comunità? Secondo Maurizio Fadda, il primo passo parte da un gesto quotidiano: scegliere con maggiore consapevolezza ciò che mettiamo nel carrello della spesa. «Anche acquistare il pane, un gesto all’apparenza banale, può avere un impatto», spiega. «È buona pratica, ad esempio, preferire pane e pasta prodotti con grano sardo. Significa sostenere filiere locali, valorizzare varietà autoctone e garantire un’economia che resta sul territorio».

Il secondo passo, altrettanto importante, è cambiare il modo in cui ci si rapporta all’acquisto del cibo: «Comprare dai contadini, dai piccoli produttori, significa uscire dalle logiche della grande distribuzione. Significa pagare il giusto, conoscere la provenienza del cibo e contribuire alla sopravvivenza di aziende agricole virtuose», sottolinea Fadda.

HEADER casa dei semi 1
Scambio semi a Ghilarza, foto della Casa dei Semi

A prima vista questo discorso potrebbe sembrare più facilmente applicabile nei piccoli centri o nelle aree rurali. Eppure anche le città possono avere un ruolo attivo. «È vero che in centri urbani come Cagliari l’agricoltura è meno diffusa e ci sono meno aziende che fanno vendita diretta, ma è proprio lì che serve uno sforzo collettivo per mappare le realtà virtuose, farle conoscere e renderle accessibili ai cittadini». Questo lavoro è già in corso: la rete della Casa dei Semi sta collaborando per costruire una mappa delle aziende etiche nei dintorni di Cagliari, facilitando l’incontro tra domanda consapevole e offerta sostenibile.

E così anche chi vive in città, pur non avendo un orto, può partecipare attivamente alla rete. «Basta un terrazzo e qualche vaso per coltivare una varietà locale di fagiolo – commenta in conclusione Maurizio Fadda –, è un modo concreto per contribuire alla conservazione della biodiversità. Ogni seme coltivato porta con sé informazioni, adattamenti, perché quando questi semi tornano alla rete, arricchiscono il sapere collettivo». Non si tratta di utopia, ma di un modello già esistente, funzionante, fatto di persone, terra, scambi e scelte quotidiane etiche.

Informazioni chiave

La Casa dei semi della Sardegna

È stata fondata da un gruppo di persone nel 2016 per occuparsi di semi antichi e creare sinergie con la ricerca scientifica.

Rivitalizzare il territorio

La Casa dei semi è stata fondata in un’area considerata marginale per combattere lo spopolamento.

Biodiversità

Secondo il gruppo fondatore, l’agricoltura biologica e rigenerativa valorizza la diversità invece di cancellarla.

Buone pratiche

La Casa dei semi fa anche divulgazione, spiegando l’importanza di comprare prodotti locali e sostenibili.