La Sicilia e la transizione energetica. Cosa bolle in pentola? – INMR Sicilia #18
Diversi progetti in giro per la Sicilia puntano alla transizione energetica, dalla Battery valley a Catania, alla produzione di idrogeno verde a Messina, fino a una bioraffineria a Priolo.
Fonti
#Battery Valley
La Sicilia – Batterie, due aziende si dividono il mercato: per la “ricarica green” della Sicilia vince Eni
La Sicilia – “Battery Valley” per ricaricare l’Italia, a Catania un progetto da tre miliardi: chi c’è dietro il mega investimento
Economy Sicilia – Battery Valley: a Catania il più grande impianto al mondo di stoccaggio energetico da rinnovabili
#Idrogeno
QdS.it – Energia, al via l’iter per l’impianto di produzione di idrogeno verde: progetto, scadenze e dibattito a Bruxelles
Energia – Il (trascurato) impatto climatico dell’idrogeno
Ora Web Tv – Valle del Mela. Duferco Giammoro, Comitato cittadini: “Parlano di svolta “green” e ci vogliono rifilare solito inquinamento mortifero”
#Bioraffineria a Priolo
IlSole24Ore – Eni: a Priolo avviato l’iter autorizzativo per la nuova bioraffineria
Italia che Cambia – Polo petrolchimico: per la transizione a Priolo Eni punta su “bioraffineria” e riciclo
Italia che Cambia – Siracusa, il polo dei veleni
#Ciclovie
QdS.it – Ciclovia Magna Grecia, il flop ormai è quasi ufficiale: arrivano le prime revoche della Regione
Italia che Cambia – Arriva Slow Italy, la piattaforma per viaggiare in modo lento ed ecologico
#SCC
Italia che Cambia – Cooperativa Terra Nostra, agricoltura sociale e riabilitazione psichiatrica nel cuore della Sicilia
Italia che Cambia – Un’attivista racconta il suo viaggio in Cisgiordania, fra aggressioni dei coloni e speranze di pace
Trascrizione Episodio
Sarebbe stato il più grande impianto al mondo per stoccare energia da fonti rinnovabili. Un investimento da 2,8 miliardi di euro, 650 nuovi posti di lavoro e una capacità di accumulo da 10 gigawatt. Secondo Terna, proprietario della rete di trasmissione italiana dell’elettricità in alta e altissima tensione, nel 2028 l’Italia avrà bisogno di stoccare 10 Gigawatt di elettricità green. Numeri in linea con il progetto BESS (Battery Energy Storage System) che Absolute Energy – società gestita da un fondo internazionale – intendeva realizzare nell’area industriale del M.A.A.S. a Catania. L’obiettivo era creare una vera e propria “Battery Valley” siciliana, ovvero un impianto di accumulo capace di immagazzinare energia elettrica in eccesso prodotta da impianti eolici e fotovoltaici per restituirla quando serve.
Parlo al passato perché il progetto non ha vinto l’asta Macse, ovvero il meccanismo attraverso il quale venivano aggiudicati i sistemi di stoccaggio dell’energia pulita. Il 30 settembre si è svolta la prima asta nazionale per le “batterie”. Hanno vinto due operatori distinti che si divideranno equamente il mercato: Eni Plenitude Storage Italy e Scara Energia. L’operatore metterà a disposizione le sue batterie per 15 anni garantendo che l’elettricità ci sia sempre, in cambio di un premio fisso calcolato per Megawatt ora per anno.
L’Arera, l’Autorità di regolazione dell’energia, ha stabilito un importo di 37mila euro per Megawatt ora/anno. In Sicilia, l’offerta più alta accolta da Terna è di 18.816 euro per Megawatt ora l’anno e al momento non si sa chi delle due società abbia fatto la proposta. Eni è conosciuta, di Scara Energia non ci sono molte informazioni in Sicilia. In generale sappiamo che è parte di NatPower, operatore indipendente dell’energia specializzato sulle fonti rinnovabili, col cuore in Lussemburgo e ramificazioni, oltre che in Italia, anche in Gran Bretagna, negli Usa e in Kazakistan.
Al momento non ci sono aggiornamenti, anche se i vincitori avevano due giorni per confermare l’interesse e le capacità dichiarate. Sembra comunque tagliato fuori il maxi-progetto da tre miliardi di Absolute Energy per cui la Regione non aveva mai dato nessun tipo di riscontro. Era stato infatti autorizzato dalla Zes, Zona economica speciale per il Mezzogiorno che consente condizioni fiscali e amministrative agevolate per attirare investimenti e favorire lo sviluppo economico.
Il motivo? Forse da ricercare nel fatto che il dipartimento regionale dell’Energia è gestito dal Movimento per l’Autonomia guidato da Raffaele Lombardo che in generale si dice contrario “ai colonizzatori dell’energia” e agli “assalti speculativi che, oltre a rendere i terreni non più coltivabili, distrugge biodiversità e oltraggia il nostro splendido paesaggio producendo così un danno materiale e immateriale enorme”.
Produzione di idrogeno verde (almeno in parte) da immagazzinare in bombole da distribuire con i normali mezzi di trasporto. È questo il cuore del progetto giunto primo in graduatoria nell’ambito dei fondi del Pnrr a disposizione per la Sicilia. A presentarlo è la Duferco Energia. Il valore del progetto Hydrogen Valley Giammoro Messina è di quasi 12,2 milioni di euro, più della metà dovrebbero essere messi a disposizione tramite il Pnrr. Il progetto è in attesa dell’avvio dell’iter per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. L’impianto sarebbe previsto nel territorio di Pace del Mela, in provincia di Messina, già fortemente compromesso dal punto di vista ambientale. Già un anno fa, il “Comitato dei cittadini contro l’inquinamento nella valle del Mela” aveva sollevato delle proposte in merito alla presunta svolta “green” della Duferco.
Il nuovo progetto avrebbe lo scopo di implementare tecnologie avanzate per la decarbonizzazione dei processi industriali attraverso la produzione di idrogeno rinnovabile, che ha un’impronta di carbonio inferiore a tre tonnellate di anidride carbonica per tonnellata di idrogeno, secondo il limite previsto per accedere ai fondi del Pnrr.
Il progetto Hydrogen valley di Giammoro prevede l’installazione di un impianto fotovoltaico da 4 MW per alimentare l’elettrolizzatore che produrrà circa 100 tonnellate di idrogeno verde all’anno per supportare la decarbonizzazione di settori industriali strategici, tra cui la siderurgia, la logistica e la mobilità. E qui sorgono una serie di dubbi. Quanto sarà green l’approvvigionamento dell’energia necessaria ad alimentare le macchine? Nella relazione tecnica si fa riferimento a tre modi diversi: energia prodotta dall’impianto fotovoltaico, energia prelevata dalla rete elettrica nazionale e l’acquisto di fornitura di energia elettrica certificata con fonti rinnovabili. Non si esplica in che misura.
L’utilizzo dell’ idrogeno, sebbene sia presentato come una soluzione promettente per la transizione energetica, non è esente da critiche e sfide, soprattutto riguardo alla sostenibilità della produzione e all’impatto ambientale. Diversamente dagli altri idrocarburi, l’idrogeno è un combustibile pulito, combinandosi con l’ossigeno in applicazioni controllate per la produzione di energia, emette come prodotto di scarto esclusivamente vapore acqueo, ma se disperso in atmosfera, ha un impatto indiretto sul clima peggiore della CO2, 12 volte maggiore.
E visto come è complicata l’infrastruttura necessaria al trasporto dell’idrogeno, il rischio che ne vengano disperse notevoli quantità in atmosfera è più che concreto. Le perdite di idrogeno nell’atmosfera possono rallentare la rimozione del metano e favorire la formazione di ozono e vapore acqueo, entrambi gas climalteranti.
Per ottimizzare i benefici netti dell’adozione dell’idrogeno sarà prioritario ridurre al minimo le perdite, l’intera filiera è ancora in fase di sviluppo, quindi il problema si affronterà man mano che l’industria si adegua.
Qualche aggiornamento dal polo petrolchimico di Siracusa. Eni ha ufficializzato l’avvio delle procedure per ottenere l’autorizzazione ambientale per il nuovo progetto industriale a Priolo. Il piano prevede la costruzione di una bioraffineria, ovvero un impianto industriale che utilizza biomasse per produrre energia o carburanti e di un impianto di riciclo chimico delle plastiche. Entro la fine del 2028, la struttura dovrebbe produrre fino a 500.000 tonnellate l’anno di carburanti ottenuti da rifiuti vegetali, oli esausti, grassi animali e plastiche miste non riciclabili meccanicamente. L’investimento stimato è di 2 miliardi di euro in cinque anni. Il progetto si presenta come una possibile svolta. Ma è davvero così?
I biocarburanti avanzati, anche se meno impattanti di quelli tradizionali, presentano criticità non trascurabili. Nel caso specifico di Priolo, la materia prima dichiarata è costituita da scarti vegetali e grassi animali. Ma la quantità realmente disponibile di questi residui, in Sicilia e nel Sud Italia, resta da verificare. Inoltre, i benefici ambientali di questi combustibili dipendono fortemente dall’efficienza del processo industriale e dalla gestione della logistica.
I biocarburanti non sono una soluzione strutturale al problema climatico dei trasporti: possono forse accompagnare la transizione nei settori difficilmente elettrificabili (come l’aviazione o il trasporto pesante), ma applicati all’automobile rischiano di ritardare le scelte più urgenti: elettrificazione, riduzione dei consumi, mobilità pubblica, modelli di trasporto più razionali.
Anche sul fronte del riciclo, il progetto Eni punta su tecnologie innovative come il riciclo chimico (pirolisi) sebbene diversi studi e osservatori indipendenti evidenziano come il sistema del riciclo, in Italia e in Europa, sia in forte crisi strutturale: i tassi reali di riciclo restano bassi, gran parte delle plastiche raccolte vengono incenerite o esportate, e la pirolisi richiede temperature elevate e alti consumi energetici, spesso senza garantire prodotti di qualità riutilizzabile.
La promozione del riciclo chimico rischia inoltre di distrarsi dall’obiettivo principale di riduzione a monte della produzione di rifiuti. Quindi sebbene il progetto Eni a Priolo si presenta come un esempio virtuoso di transizione post-industriale, quanto mai necessaria, che punta alla riconversione di un sito inquinato, è una transizione dal respiro corto. Una vera transizione non può basarsi su combustibili alternativi e dovrebbe superare l’idea del riciclo della plastica.
Tra l’altro proprio a fine settembre è arrivata la conferma da parte della Corte d’Appello di Roma che confermano le criticità ambientali e sanitarie dell’area rispetto anche alle polveri di amianto. “I giudici citano l’indagine OMS e Registro Tumori di Siracusa del 1997, affermando che il rischio esposizione concerne tutti i lavoratori del petrolchimico di Priolo Gargallo e perfino tutti i residenti della zona”.
L’amianto fa registrare 1000 morti l’anno in Sicilia e Siracusa è tra le province più colpite. Fabio La Ferla, presidente dell’Organizzazione Siciliana Ambientale, insiste sull’urgenza della bonifica dei siti con amianto e in generale la necessità di “battersi senza sosta per un territorio inquinato per anni dalle grandi aziende a partecipazione statale presenti nella zona industriale”.
I 22 milioni di euro assegnati alla Sicilia per realizzare circa 50 km di percorsi ciclabili, con molta probabilità, torneranno a Roma. I motivi sono tanti, in primis l’impossibilità di completare le opere entro i tempi previsti. Nel caso della ciclovia la scadenza è rimasta il 30 giugno 2026 e ad oggi mancano ancora i progetti. Questi fondi si dovrebbero spendere nel tratto tra Messina e Siracusa. Ma proprio la settimana scorsa, ad esempio, per gli otto km da Messina alla frazione Mili Marina sono stati revocati dalla Regione alcuni incarichi rispetto all’esecuzione dei rilievi topografici, alle indagini georadar propedeutici alla redazione del progetto e all’acquisto di attrezzature. Lo stesso tracciato, inoltre, non sarebbe stato condiviso dagli enti coinvolti nel passaggio della ciclovia.
L’intero progetto ha origine nel 2018 quando ancora le bici assistite erano meno diffuse e gli amanti delle due ruote erano molti meno rispetto a oggi. Oggi si conoscono i ritorni economici della diffusione del cicloturismo. Secondo il rapporto “Viaggiare con la bici 2025″ curato da Isnart-Legambiente, le presenze cicloturistiche in Italia nel 2024 hanno generato un impatto economico diretto stimato in 9,8 miliardi di euro. Un impatto che in una terra come la Sicilia, dove il problema occupazionale resta centrale, potrebbe rappresentare un’opportunità da cogliere.
La Regione sembra la prima assente. Per i tratti da Avola a Marzamemi e da Siracusa-Thapsos, sul portale della Regione gli ultimi provvedimenti collegati ai due iter risalgono al mese di dicembre dello scorso anno. In alcuni di essi si parla dell’integrazione del gruppo di lavoro che per conto della Regione avrebbe dovuto portare avanti le procedure. Oltre dieci mesi dopo, mancano i progetti, le gare d’appalto e chiaramente anche i cantieri. Un vero peccato.
Restando in tema, ma in positivo, voglio segnalarvi la nuova piattaforma Slow Italy, di cui Italia che Cambia è main partner, che nasce dall’incontro tra tecnologia, esperienza e passione per il viaggio lento. Una piattaforma pensata per chi desidera scoprire l’Italia in bici o a piedi. Oltre 30 ciclovie già attive, migliaia di km mappati, servizi bike friendly e un travel planner intelligente in arrivo per rendere ogni viaggio semplice e personalizzato.
Slow Italy non è solo un sito, ma un modello di turismo sostenibile che valorizza territori, borghi e comunità locali. Un’alternativa concreta per viaggiatori che vogliono rallentare e vivere davvero i luoghi che attraversano.
In Sicilia c’è un progetto di agricoltura sociale che unisce la cura della persona con quella della terra. Terra Nostra è una cooperativa agricola sociale nata a Caltagirone nel 2004, impegnata nella riabilitazione psichiatrica e nell’inclusione delle fasce più fragili attraverso il lavoro agricolo e comunitario. Il progetto unisce riabilitazione in città e agricoltura sociale in campagna. Tra le attività più innovative della cooperativa ci sono una fattoria pedagogica, una cucina mobile per eventi e un progetto di turismo sociale in fase di sviluppo. Nonostante le sfide legate alla burocrazia e agli incendi estivi, la passione dei soci e il cambiamento visibile nelle vite dei protagonisti raccontano una storia di possibilità e riscatto che mette al centro la persona e non la sua diagnosi.
Restando sull’attualità vi invito a leggere l’articolo del viaggio in Cisgiordania compiuto da Anna Rotolo, attivista siciliana d’adozione. Anna si è scontrata con emozioni forti e contrastanti di sopraffazione e amore per la vita, tanta resistenza e accoglienza e la dura realtà dell’occupazione israeliana, tra violenza sistemica e aggressività dei coloni.
In molte zone, come quella di Masafer Yatta, sono presenti colonie illegali israeliane abitate da coloni molto aggressivi che oltre a occupare, compiono azioni di intimidazione e danneggiamenti ai danni degli agricoltori e dei cittadini palestinesi.
In Israele il problema è educativo: sin da piccoli si cresce tra commemorazioni di disgrazie, non c’è spazio per la gioia, in una costruzione ideologica che mantiene vivo il trauma e l’odio. Ma nonostante i soprusi e le angherie, il popolo palestinese insegna come l’amore possa essere radicale, come restare sia un atto politico e che persino in mezzo alle macerie si può scegliere di seminare vita.
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