23 Mag 2023

La Romagna post nubifragio e la “fine” della siccità – #733

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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In Romagna le persone iniziano lentamente a tornare nelle abitazioni mentre si fanno le prime timide stime dei danni e ci si confronta con l’eredità dell’alluvione, che in alcuni casi ha cambiato persino la geografia. Nel vicino Piemonte, invece, a fronte di pochi danni le piogge di questi giorni sembrano aver dato una boccata d’aria – o d’acqua – agli agricoltori. parliamo anche dell’emergenza siccità in altre zone del mondo, della oceanica manifestazione filoeuropeista in Moldavia, ma anche del probabile boicottaggio di un’elezione locale vinta da una candidata filo Putin, e infine delle novità inquietanti che stanno emergendo dal processo sulla tragedia del Ponte Morandi.

Torniamo ad aggiornarci sulla situazione in Emilia Romagna, che inizia lentamente a normalizzarsi. Nella giornata di ieri ha continuato a piovere sugli Appennini bolognesi e romagnoli e c’è ancora allerta rossa per possibili piene dei fiumi e frane, ma la situazione sta migliorando. Inoltre, come ci informa un articolo del Post, “circa 10mila persone sfollate sono tornate nelle proprie case. Che non è poco, anche se secondo i conteggi della Regione devono ancora rientrare 26.324 persone, di cui la maggior parte, 19.500, in provincia di Ravenna, 4.918 in provincia di Forlì-Cesena e 1.906 in quella di Bologna”.

I problemi comunque – spiega l’articolo – sono ancora tanti. Nelle prime ore di lunedì a Forlì è stato evacuato un condominio di 12 appartamenti a causa di una voragine. Nelle città e nei paesi si sta lavorando per ripulire strade, case e negozi grazie all’aiuto di moltissime persone che si sono unite ai volontari della Protezione Civile: sono più di 4.500. Saranno necessari ancora giorni di lavoro per tornare a una condizione normale e per il momento non è possibile fare stime complete dei danni alle case. Mentre per quanto riguarda i soli danni a strade e ferrovie, la Regione ha stimato che serviranno almeno 620 milioni di euro. Pian piano stanno riaprendo i tratti autostradali chiusi e sta riprendendo la circolazione dei treni.

Domenica la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha visitato le zone dell’alluvione e incontrato i sindaci delle città e il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini dopo aver lasciato in anticipo la riunione del G7 a Hiroshima, in Giappone. Meloni ha fatto organizzare la visita senza avvisare i giornalisti sui suoi spostamenti, cosa che è stata apprezzata da molti.

Dove la situazione è ancora difficile da capire è nei comuni montani dell’Appennino, colpiti da oltre trecento frane, con parte della popolazione che è rimasta isolata a causa dei crolli ed è stata per lo più evacuata in elicottero, a parte coloro che hanno scelto di restare. In molti casi i piccoli centri sono senza acqua corrente, senza luce elettrica e nell’impossibilità di comunicare, anche di comunicare l’entità dei danni. 

Laddove abbiamo notizie, queste non sono delle più rassicuranti. Come ha dichiarato Luca Della Godenza, sindaco di Castel Bolognese, “Qui è cambiata la geografia, bisognerebbe riscrivere i libri: non ci sono più dei monti, non ci sono più delle strade, non ci sono dei ponti”. 

Ad ogni modo, seppur in dimensioni molto minori, le piogge di questi giorni stanno facendo danni anche in altre regioni d’Italia: ieri mattina il Po ha esondato tra Cuneo e Torino, in particolare a Villafranca Piemonte e Cardè. Un fenomeno però non particolarmente distruttivo, tant’è che il sindaco di Cardè Matteo Morena ha parlato, come riporta Roberta De Carolis su GreenMe, di “piena ordinaria”.

La situazione del Po’ ha destato una certa preoccupazione e a Torino la sala operativa della Protezione civile è stata attivata giorno e notte per monitorare la situazione maltempo. Alessandro Bratti, segretario generale dell’autorità di bacino Distrettuale del fiume Po, ha detto due giorni fa al Giornale che «Tutti sono allertati, la situazione è monitorata costantemente racconta – ma non voglio fare la Cassandra, perché se dovessero cedere gli argini del Po sarebbe una catastrofe».

Poi nel pomeriggio di ieri la situazione sembra essere rientrata abbastanza nella norma. A questo punto la domanda che sorge spontanea, e che mi ha chiesto esplicitamente il direttore di ICC Daniel Tarozzi di indagare è: almeno queste piogge hanno risolto la situazine siccità, oppure no?

La risposta non è così scontata. Su la Repubblica Federica Cravero racconta come le piogge abbiano riportato il sorriso sul volto dei contadini piemontesi, in un pezzo dal titolo “Torna il sole, addio siccità: in Piemonte danni contenuti, la pioggia ha rigenerato la terra”.

Nell’articolo si spiega che due giorni di piogge intense sono bastati a ridurre il deficit pluviometrico, ovvero la carenza di piogge, che non si è ancora azzerato, ma si è comunque ridotto dal 70% al 30% rispetto allo storico delle rilevazioni.

La pioggia fitta e insistente per un periodo di tempo prolungato è servita principalmente alle aziende agricole che hanno visto rigenerarsi i terreni inariditi dalla lunga siccità. Molto meno rapidi sono invece gli effetti sul sistema di acque potabili e al momento non ha risolto l’approvvigionamento attraverso autobotti che adottano alcuni paesi.

Ci vorrà molto tempo prima che l’acqua scesa in questi giorni arrivi nella falda profonda, quella che si trova oltre i 100 metri sottoterra, mentre molto più rapidamente si alzerà di nuovo quella meno profonda, a meno 18-20 metri, che è quella da cui attingono acqua gli agricoltori con i loro pozzi. E si sono alzati anche i livelli degli invasi e dei laghi, che erano in sofferenza e che saranno una riserva fondamentale per l’estate.

Altro fattore positivo è che le temperature in ribasso hanno permesso di trasformare le precipitazioni in neve anche a bassa quota e così non solo si è limitata l’acqua finita nei corsi d’acqua, ma soprattutto si sono create delle riserve che si renderanno disponibili nel prossimo futuro con lo scioglimento delle nevi.

Allargando un po’ il raggio della nostra osservazione, sono molti i paesi che hanno problemi simili al nostro. Già qualche giorno fa parlavamo della Somalia e del suo destino parallelo fatto da siccità estrema prima e inondazioni tremende poi, con 250mila persone sfollate e senza una casa.

Ma anche in Francia la situazione è preoccupante. Come racconta su Valori Lorenzo Tecleme, “A Parigi le autorità da settimane riflettono sull’imposizione di razionamenti, e le aziende del settore dell’acqua in bottiglia operano una scelta senza precedenti. Ridurre la produzione per via della crisi idrica”.

A marzo il dipartimento dell’Ariège, in Occitania, segnalava precipitazioni in calo dell’80% rispetto ai valori medi. Nelle stesse settimane il presidente Macron annunciava un piano di «sobrietà idrica» in 53 punti con l’obiettivo finale di ridurre il consumo di acqua del 10% in 7 anni. Di pochi giorni fa la notizia che il dipartimento dei Pirenei occidentali, una delle zone più colpite, ha dichiarato lo stato di emergenza. Una notizia arrivata proprio quando il ministro della Transizione ecologica di Parigi ha deciso di vietare la vendita di piscine fuori-terra allo scopo di limitare il consumo superfluo di acqua.

In questo contesto si inseriscono gli annunci di alcuni dei grandi produttori di acqua in bottiglia e bevande d’Oltralpe. Il magazine francese Novethic, citando l’agenzia Afp, racconta come alcune big del settore stiano iniziando a programmare la riduzione del consumo idrico, riducendo i prelievi e la produzione.

Ultima notizia a tema siccità, ne parla Rosita Cipolla sempre su GreenMe, “un team di scienziati dell’Istituto cooperativo per la ricerca in scienze ambientali dell’Università del Colorado, ha pubblicato su Science i risultati di uno studio che analizza le “condizioni di salute” dei principali bacini idrici del mondo – ben 1972 – arrivando concludere che complessivamente – e se non invertiamo la tendenza del riscaldamento globale – Il Pianeta rischia di perdere oltre la metà dell’acqua “stoccata” nei suoi più grandi laghi. 

Quindi, ecco, forse per questa estate le ultime piogge hanno tamponato alcune situazioni in talia, ma ovviamente il problema globale della siccità rimane e ha una causa principale: il cambiamento climatico causato dall’essere umano e dalle sue attività. Se non interrompiamo immediatamente le attività dannose, se non smettiamo di bruciqre qualsiasi cosa, il problema è destnato ad aggravarsi.

Va bene, andiamo un po’ più veloci sulle altre notizie. Ci sono due notizie interessanti e di segno opposto che arrivano dalla Moldavia. la prima la riporta il Post, ed è che “Domenica a Chișinău, la capitale della Moldavia, si è tenuta una grande manifestazione organizzata dal governo in carica in favore del processo di avvicinamento all’Unione Europea, avviato ufficialmente poco più di un anno fa. Secondo stime della polizia citate da Reuters hanno partecipato almeno 75mila persone: un numero enorme per un paese in cui vivono circa 2 milioni di persone (le stime ufficiali sono più alte, ma moltissimi moldavi vivono all’estero)”. 

La seconda notizia la riporta invece Giorgia Audiello su L’Indipendente ed è che in Gagauzia, una piccola regione autonoma della Moldavia vicina culturalmente e linguisticamente alla Russia, tra il 30 aprile e il 14 maggio, si sono svolte in due turni le elezioni locali per eleggere il nuovo governatore e ha vinto il partito di opposizione Sor, rappresentato da Eugenia Gutsul e considerata “filoputiniana” dal governo centrale. Gutsul ha vinto con il 52% delle preferenze, ma l’amministrazione centrale ha deciso di non riconoscere l’esito delle consultazioni, sostenendo che i candidati avrebbero ricevuto donazioni da persone fisiche superiori al tetto massimo stabilito dalla legge. 

Ovviamente è difficile stabilire come siano andate le cose, ma il sospetto che il governo stia provando a impedire con mezzi non proprio trasparenti l’elezione di una candidata vicina a Putin c’è. Peraltro il territorio in questione è considerato estremamente importante per arginare la possibile influenza russa sul territorio moldavo.

Quindi ecco, la sensazione che mi arriva leggendo queste due notizie è di un paese fortemente diviso, con una grande maggioranza di popolazione filoeuropea che chiede una maggiore integrazione con l’Europa, ma delle piccole enclavi filorusse che ovviamente, al momento, sono in aperto contrasto col governo centrale al punto che quest’ultimo tenta con ogni mezzo di boicottarne i rappresentanti.

È passata un po’ in sordina una notizia che mi ha fatto rizzare i capelli in testa, e ringrazio il collega paolo Cignini per avermela segnalata. La notizia riguarda la tragedia del crollo del Ponte Morandi ed è questa:

Forse saprete che è in corso il processo per quella tragedia e ieri Gianni Mion ex Ad della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia, ha dichiarato che già dal 2010 sapeva che “il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo”.

“Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose ‘ce la autocertifichiamo’. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico”.

E non è che lo sapesse solo lui. Lo sapevano tutti i vertici. Alla riunione in cui emerse questo quadro della situazione, avvenuta nel 2010, ovvero otto anni prima del crollo,partecipavano l’Ad di Aspi Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo il ricordo del manager, tecnici e dirigenti di Spea. 

Al di là delle conseguenze processuali che queste dichiarazioni ovviamente avranno, non posso fare a meno di pensare alle conseguenze psicologiche su tutte le persone colpite dalla tragedia, che magari hanno perso delle persone care e adesso viene a sapere che tutto ciò si sapeva già, da anni. E nessuno ha fatto niente per risolverlo. Qui non parliamo di un generico rischio o di mancata manutenzione, parliamo di un documento che parlava di un difeto di fabbricazione di un’opera specifica che poi è venuta giù. 

E un po’, non per fare allarmismo, ma mi sorge anche spontanea la domanda: ma di quanti altri ponti sappiamo che versano in cattive condizioni e non stiamo facendo niente? C’è un modo per far emergere le informazioni? Qui lancio un appello di giornalismo civico, di citizen journalism. Pubblicamente. Se siete a conoscenza di documenti o informazioni che riguardano il cattivo stato di salute di qualche infrastruttura, mandatele per favore alla mail redazione@italiachecambia.org

#Romagnail Post – In Romagna si comincia a rientrare nelle case

il Post – «Qui è cambiata la geografia, non ci sono più dei monti»

GreenMe – Emergenza anche in Piemonte: esonda il Po tra Cuneo e Torino, strade chiuse

il Giornale – Adesso il Po spaventa il Nord “Se esonda è una catastrofe”

#siccità

Valori – In Francia avanza la siccità: tagli anche all’acqua in bottiglia

GreenMe – Oltre la metà dei laghi più grandi del Pianeta si sta prosciugando (a causa delle attività umane), lo studio 

la Repubblica – Torna il sole, addio siccità: in Piemonte danni contenuti, la pioggia ha rigenerato la terra

#Moldavia

il Post – L’enorme manifestazione filoeuropea in Moldavia

L’Indipendente – Caos in Moldavia: il governo non riconosce le elezioni locali perché vinte dai filorussi

#ponte Morandi

Ansa – Mion: “Nel 2010 seppi che il Morandi era a rischio crollo”. Il comitato vittime: “Come ha fatto a stare zitto?”

#Sudan

Nigrizia – Sudan: nuovo accordo per un cessate il fuoco umanitario

#rinnovabili

The Guardian – How solar farms took over the California desert: ‘An oasis has become a dead sea’

#Assange

L’Indipendente – La lettera scritta da Assange a re Carlo III contiene probabili messaggi in codice

#New York

il Post – New York sprofonda anche a causa dei suoi grattacieli

#Argentina

La Svolta – Argentina: inflazione al 108,8%. Mai così alta dal 1991

#ponte sullo stretto

Valigia Blu – Il Ponte sullo Stretto di Messina, i soldi che non ci sono e il “populismo infrastrutturale”

#Cina

il Post – La Cina si è arrabbiata con i paesi del G7

#biodiversità

la Svolta – Giornata biodiversità: perché dobbiamo investire nella natura?

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