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15 Gen 2021

Irene e il suo forno di comunità: “Torno nella mia città per fare il pane e creare relazioni”

Dopo aver appreso da sapienti maestri l'arte della panificazione e aver preso dimestichezza con gli impasti, Irene Conti ha deciso di far ritorno nella sua città, Bologna, per dar vita ad un forno di comunità dove fare il pane, diffondere la consapevolezza alimentare e promuovere la socialità. “Da Madre Ignota” aprirà i battenti tra pochi mesi e intreccerà collaborazioni con la food coop Camilla, i GAS, la CSA ed i mercati locali.

Siamo a Bologna, nel quartiere Foscherara, dove nei prossimi mesi aprirà Da Madre Ignota, il forno di comunità pensato per veicolare attraverso il pane una maggiore consapevolezza alimentare, economica ed etica e per portare un po’ di campagna anche in città. L’idea è frutto dell’esperienza di vita di Irene Conti, trentenne che dopo aver prima studiato Urbanistica e Pianificazione del Territorio e del Paesaggio e poi viaggiato, in Europa ma anche in India, alla scoperta di realtà alternative, ha deciso di fermarsi nella sua città natale e di reinventarsi come fornaia.

irene conti da madre ignota
Irene Conti

«Ho iniziato a conoscere il mondo delle fermentazione durante gli anni universitari e da allora ho sempre panificato. Ogni tanto, come battuta, dicevo a mia madre “Mamma, quasi quasi faccio la fornaia”, e lei rideva. La scintilla, poi, è davvero scoccata in Croazia, durante un Servizio Volontario Europeo di sei mesi in un centro di permacultura che si occupava di promozione ambientale. In quella piccola comunità, isolata nella natura, ho fatto regolarmente il pane per le 15 – 20 persone che abitavano con me, e scoperto che mi dava molta gioia», racconta Irene.

Tornata in Italia dopo una vendemmia in Francia, il cammino di Santiago e alcuni viaggi in India che hanno visto Irene alle prese con la sua altra grande passione, lo yoga, il passo successivo è stato quello di ricercare dei maestri panificatori che usassero grani antichi e pasta madre da cui fare bottega. È così che, assieme all’amica Martina, Irene ha iniziato la propria gavetta a Colle Val d’Elsa, da Giovanni, Rosa e dall’aiutante Rocco che tutt’ora la sta supportando nella realizzazione del progetto. «In quelle settimane Giovanni ci ha mostrato come dietro ad ogni azione c’è tutta una ritualità, quasi una sacralità, e questo mi ha ammaliata. Mi sono detta che anche io volevo fare il pane così», ha spiegato.

pane irene

A questa prima esperienza è seguita quella con Gabriele Vivarelli, panificatore noto con il soprannome di “Peter Pane” all’interno della RIVE – Rete Italiana dei Villaggi Ecologici. Nell’estate del 2019, infatti, la comune di Bagnaia si preparava ad accogliere nel giro di un mese sia il raduno della rete europea degli ecovillaggi (GEN) che il raduno italiano (RIVE) e Gabriele era alla ricerca di aiutanti per sfornare il pane quotidiano necessario durante questo doppio evento. Irene e l’amica Martina hanno colto l’occasione al volo, prendendo dimestichezza con i grandi impasti nel giro di poco tempo.

Terminata anche questa seconda gavetta, intensa e ricca di apprendimenti, è infine giunto il momento di mettersi alla prova senza più maestri.
«Con Martina abbiamo deciso di comprare un forno a legna e di allestire un piccolo laboratorio all’ecovillaggio Ciricea, dove viveva. Facevamo il pane ogni sabato e domenica – il sabato per i suoi amici di Pistoia e la domenica per i miei contatti di Bologna, a cui consegnavo il giorno stesso porta a porta. È stata un’esperienza impegnativa, con la sveglia alle 4 di mattina e il rientro a casa, dopo le consegne, a notte fonda, ma anche piena di gioia. Di quella fase ho apprezzato soprattutto le sperimentazioni con Martina, i pasticci, la ricerca condivisa di un equilibrio fra gli ingredienti».

Con l’arrivo della pandemia e del lockdown, in inverno, le sperimentazioni a Ciricea si sono fermate, ma la voglia di fare il pane è rimasta forte. Così, nonostante l’incertezza del momento, Irene ha preso l’iniziativa di aprire il proprio forno, Da Madre Ignota – Forno di Comunità.

irene da madre ignota


«Il nome è un riferimento alla pasta madre, e all’ignoto che riserva lavorarla, perché sebbene ci siano delle costanti che si possono tenere sotto controllo per ottenere un risultato specifico, ogni giorno l’impasto è un po’ differente ed il pane che viene sfornato è un po’ diverso. Questo rende ogni lavorazione un po’ sorprendente, e insegna a rallentare e ad accettare, aiuta a tornare modesti e ad ascoltare».

Trovato uno spazio comunale adatto ad ospitare il proprio progetto e vinto il bando per affittarlo, Irene si prepara oggi a ristrutturare e allestire lo spazio. «Attualmente un amico falegname mi sta costruendo la madia per impastare a mano e ho fatto partire un crowdfunding per acquistare un forno a legna, frutto del lavoro di un artigiano molisano. Mi piace l’idea che gli oggetti di cui riempirò il locale abbiano una storia, che ci sia un po’ dell’anima di chi l’ha costruita dietro».

Con la farina di Stefano Pransani, la cui storia abbiamo già raccontato per Italia che Cambia, Irene comincerà dunque a produrre pane, biscotti, crackers, focacce e grissini alle comunità autogestite come Camilla – L’emporio di comunità – a GAS, CSA e mercati locali.

«Mi piacerebbe sia creare un prodotto ad hoc per Camilla che aprire le porte del forno una volta alla settimana ai soci e alle persone del quartiere, così che possano portare la propria pagnotta e cuocerla tutti insieme. Il pane è un simbolo culturalmente antichissimo, è il simbolo primo del nutrimento, ed è semplice – alla fine gli ingredienti sono solo acqua, farina e lievito. Mi piace pensare che a partire da questi tre elementi si possano trasmettere valori, costruire e rafforzare la comunità, anche in città».

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