20 Set 2024

Alluvione in Emilia Romagna: servono rinaturalizzazione e manutenzione

Scritto da: Paolo Piacentini

Come nel maggio del 2023, in questi giorni di pioggia insistente si è verificata una nuova alluvione in Emilia Romagna e nelle Marche settentrionali. Verrebbe da chiedersi come sia possibile che più di un anno dopo i tragici eventi che provocarono 17 morti e più di 20mila sfollati il copione si ripeta senza che nulla sia cambiato. Eppure le responsabilità sono chiare, come sottolinea il nostro Paolo Piacentini, invocando anche i provvedimenti risolutori che una politica colpevole e timorosa si rifiuta di adottare.

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Emilia-Romagna - Che amarezza ascoltare famosi politici nazionali che in queste ore si rimbalzano responsabilità in merito ai danni provocati dall’alluvione in Emilia Romagna e nei territori limitrofi. Eppure nessun argomento come questo, senza rischiare di cadere nel qualunquismo, accomuna la politica tutta in una responsabilità di decenni e decenni di menefreghismo verso una pianificazione attenta a un corretto uso del suolo. Sono sotto gli occhi di tutti gli effetti del cambiamento climatico, sempre più frequenti e distruttivi, ma degli interventi di mitigazione che andrebbero essere messi in campo nemmeno l’ombra. 

A settembre 2023 va in onda un’inchiesta televisiva di Presa Diretta, forse una delle più importanti degli ultimi anni, realizzata subito dopo la grande alluvione di maggio che aveva stravolto il volto della Romagna. La narrazione televisiva,  puntuale e ricca di dettagli, parte dalla fragile montagna dell’Appennino romagnolo per poi arrivare a valle. Un lavoro d’analisi documentale fatto di immagini e interviste che da un quadro perfetto su quali sono le cause delle alluvioni che hanno determinato enormi frane in montagna e inondazioni gigantesche in pianura. 

Le piccole storie di chi ancora vive e lavora in montagna valgono più di qualsiasi studio a tavolino. Mi colpì, tra le altre, un’intervista a un giovane viticoltore  – citazione che faccio nel mio nuovo libro in uscita – che da qualche anno aveva lasciato la piana per investire nella produzione di un vino di qualità. Francesco Bordini – questo il nome del giovane agricoltore – in poche parole riuscì a dire con estrema chiarezza il perché il suo terreno avesse tenuto benissimo nonostante le frane enormi da cui era circondato.

Nonostante fosse caduta in poche ore l’acqua di  mesi, il suo vigneto si era salvato dalle frane che circondavano come una groviera la sua proprietà. Francesco aveva realizzato l’opera fondamentale che da sempre aveva impedito alla montagna, ancorché fragile come un castello di sabbia – nell’intervista viene mostrata l’inconsistenza di quei terreni –, di slittare a valle. La realizzazione di una canalizzazione lunga e piena di curve in modo da rallentare la corsa dell’acqua piovana verso valle, aveva permesso di isolare il coltivo e ripararlo dai fenomeni franosi. 

Poco distante in un altro angolo della valle, sempre nel comune di Modigliana – lo stesso che sta subendo un’altra devastante alluvione in questi giorni –, un’altra azienda agricola, grande produttrice di kiwi, aveva perso circa 9 ettari perché il fiume nella sua corsa si era ripreso lo spazio dell’alveo occupato dai filari di frutteto. Il produttore intervistato dal cronista ammise che era stato un errore andare ad occupare la spazio di espansione naturale del fiume. 

Alluvione in Emilia Romagna

L’inchiesta continua scendendo a valle per mostrare il grande paradosso di fiumi che non hanno più una naturale cassa di espansione ma sono incanalati tra stretti argini cementificati. Arriva la bomba d’acqua da una montagna che non ha più nemmeno l’ombra di una regimentazione delle acque attraverso un reticolo idrico razionale per incalcarsi con una forza dirompente in una sorta di condotte forzate, fino a esondare senza limiti su suoli con una percentuale di impermeabilizzazione altissima. 

La sintesi amara è che, nonostante la presenza di sempre più frequenti e potenti fenomeni metereologici estremi, una corretta gestione del territorio fatta di cura attenta e quotidiana di ogni singola pezzo di terra può mitigare di molto la formazione di frane a monte e alluvioni a valle. È significativo che le aree maggiormente colpite dal sistema franoso sono state quelle meno gestite con cura o addirittura abbandonate da decenni, come accaduto per alcune sezioni forestali. 

L’Appennino ha bisogno solo di piccoli e mirati interventi oltre alla sempre più urgente rigenerazione dei suoli e alla ricostruzione di una rete di canalizzazioni

In questa stessa zona, sempre nel territorio intorno a Modigliana, situato nell’appennino romagnolo in provincia di Forlì- Cesena, nonostante la fragilità e la consistenza di un “castello di sabbia” – questa è la definizione chiara e veritiera che ne ha dato il giovane viticoltore – qualcuno ha pensato bene di presentare il progetto di una impianto eolico industriale. Le amministrazioni locali si stanno opponendo al progetto insieme ai comitati locali, ma credo che la realtà drammatica che questo territorio sta soffrendo negli ultimi due anni dovrebbe convincere la stessa Regione a considerare quell’area tra quelle non idonee. 

Ad avere ragione sembra essere sempre il solito giovane agricoltore che, mostrando all’intervistatore una manciata di sabbia, afferma con la serenità di un vecchio saggio d’altri tempi che l’Appennino ha bisogno solo di piccoli e mirati interventi oltre alla sempre più urgente rigenerazione dei suoli e alla ricostruzione di una rete di canalizzazioni superficiali per la raccolta delle acque piovane. Maglia idrica a monte e rinaturalizzazione degli alvei a valle a costo di interventi radicali per togliere edificazioni e cementificazioni di ogni tipo realizzate fin dentro le casse d’espansione dei fiumi. Sono scelte coraggiose e sempre più necessarie indicate, ormai da anni, dagli studi dell’ISPRA e del CNR

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Alla politica – tutta – manca questo coraggio, lo dimostrano le leggi sulla difesa del suolo che, anche quando vengono approvate su base regionale, poi vengono puntualmente disattese. Se si vuole davvero cambiare rotta e affrontare in modo serio gli effetti sempre più devastanti dei cambiamenti climatici, dobbiamo capire che il territorio va il più possibile rinaturalizzato e la manutenzione e cura devono essere quotidiane.

Cantiano, il Comune marchigiano a confine con il territorio di Gubbio, ha subito un’alluvione pesantissima, non solo perché è arrivata l’ormai sempre più frequente bomba d’acqua, ma anche perché la mancata manutenzione lungo il fiume aveva lasciato che un groviglio di tronchi andasse a ostruire uno dei ponti a monte del paese. Quando l’ottimo sindaco di Cantiano mi raccontò questa motivazione non riuscii a crederci. Ecco perché appare misero e triste lo scaricabarile di questi giorni: una sorta di litania, sempre la stessa, che accompagna ogni disastro. Basta continuare a piangersi addosso: è il momento di fare scelte coraggiose e radicali. Accadrà?

Ascolta la rassegna stampa con la cronaca dell’alluvione.

Leggi il nostro approfondimento sul caso di Nuvoleto.

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