21 Gen 2025

Se il paradosso guida la Storia: benvenuti nella mememodernità

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti

L'insediamento di Donald Trump segna l'inizio di un'epoca inedita che potremmo chiamare mememodernità, in cui i meme non si limitano a ironizzare sulla realtà, ma la plasmano, accelerando la Storia.

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L’insediamento di Donald Trump potrebbe aver segnato un passaggio storico: la fine di un’epoca – sociologicamente parlando – e l’inizio di un’altra. Questo evento, più che una tradizionale cerimonia politica, ha assunto la forma di uno spartiacque che sembra introdurci in una fase inedita della modernità, caratterizzata da un nuovo ruolo dei meme: non più esagerare o ridicolizzare la realtà, ma plasmarla in maniera esatta. Potremmo chiamare questa epoca mememodernità.

MEMEMODERNITÀ: I MEME CREANO LA REALTÀ

Un meme è un’unità culturale, un’idea, un’immagine, una frase o un simbolo che si diffonde rapidamente attraverso la società, spesso grazie alla sua capacità di essere facilmente riconoscibile, condivisibile e adattabile. Il termine è stato coniato nel 1976 dal biologo Richard Dawkins nel libro Il gene egoista, dove descriveva i meme come elementi culturali che si diffondono e si replicano nella mente delle persone, in modo simile a come i geni si replicano nel DNA.

Nell’era digitale però il concetto di meme ha assunto una connotazione più specifica, riferendosi principalmente a immagini, video o frasi buffe condivisi online. Contenuti che spesso utilizzano ironia, sarcasmo o umorismo per veicolare idee o emozioni e la loro viralità è favorita dalla loro capacità di essere reinterpretati e modificati dagli utenti. Fin dall’avvento dei social i meme sono stati strumenti potenti per catturare e sintetizzare la realtà attraverso il paradosso e l’assurdo e quindi un linguaggio diffusissimo per raccontare il mondo. Ma l’avvento di Trump 2.0 e la sua cerimonia di insediamento sembrano aver dato loro un nuovo ruolo. 

Perché non solo ogni dettaglio della cerimonia sembrava studiato per generare contenuti virali, dall’invito di leader dell’estrema destra mondiale – da Bukele a Milei, tipo gli “Avengers della destra” – alla criptovaluta lanciata pochi giorni prima, il memecoin denominato $TRUMP, che ha moltiplicato il suo valore in poche ore, trascinata dall’hype tipico della cultura digitale. No, qui c’era di più: il meme diventa improvvisamente l’oggetto dell’azione politica.

Non più l’esagerazione simpatica della realtà, ma un piano esatto di creazione della realtà. Il drill baby drill – “trapana baby, trapana” – o il “fermiamo l’invasione di immigrati criminali alieni” non sono solo proclami sparati per ottenere consenso. Sono punti del programma politico che diventano leggi “virali” nel giro di poche ore, con tempi che si adattano ai meme e non alla politica.

MEMEMODERNITÀ: DAL PARADOSSO ALLA NORMALITÀ

La mememodernità non è solo un’estetica. A differenza della postmodernità o della modernità liquida raccontata da Bauman, caratterizzata dal relativismo e dalla decostruzione di ogni struttura e verità assoluta, la mememodernità si basa sulla fusione di paradosso e realtà. L’esagerazione non è più un mezzo per riflettere sulla società, ma diventa la società stessa. Già nel 1981 Paul Baudrillard parlava di “escalation dell’iperrealtà”, ovvero un meccanismo comunicativo per cui i simboli tendono a sganciarsi completamente da ciò che rappresentano e a diventare iperreali. Qui il concetto del grande filosofo francese viene portato all’estremo e diventa ciò che plasma la realtà, il motore trainante della Storia. 

Il Gene Egoista
La parte immortale di ogni essere vivente
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Al tempo stesso, la politica mememoderna non si basa su una visione precisa e coerente di società, ma su tante azioni autoconclusive, in un gioco a somma zero. Come sottolinea in una riflessione il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han, “nell’era digitale il tempo non si accumula più in una narrazione storica, ma si disperde in eventi frammentati”. La mememodernità vive di questi frammenti.

ACCELERAZIONISMO E MEMEMODERNITÀ

A braccetto con quello di mememodernità, come suo modello socio-economico di riferimento, va un altro concetto, questo già ben sviscerato da molti pensatori. Quello di accelerazionismo. L’accelerazionismo è una corrente di pensiero politico-filosofico che sostiene l’idea di intensificare le dinamiche del capitalismo, della tecnologia e del cambiamento sociale per arrivare a una trasformazione radicale della società. Invece di resistere o rallentare i processi di modernizzazione, l’accelerazionismo propone di spingerli al massimo, fino al punto in cui il sistema attuale collassa o evolve in una nuova forma.

In particolare il cosiddetto accelerazionismo di destra punta ad aumentare il conflitto sociale e lo sviluppo tecnologico per destabilizzare le strutture esistenti e creare una società caotica da cui possa emergere un nuovo ordine governato da chi detiene il controllo tecnologico. In questa cornice di pensiero molti analisti inquadrano ad esempio l’appoggio di Elon Musk a movimenti estremisti e destabilizzanti come l’estrema destra tedesca Afd o allo stesso movimento MAGA di Trump. 

mememodernità
Da sinistra, Elon Musk, Mark Zuckerberg, Sam Altman e Jeff Bezos. Sullo sfondo, Donald Trump

La relazione fra accelerazionismo e mememodernità è abbastanza intuitivo: il meme è per natura un’accelerazione della realtà, un elemento che spinge velocemente e massivamente il reale oltre i suoi confini tradizionali. È immediato, virale e capace di diffondere idee in modo quasi incontrollabile. Se trasformato in azione politica, il suo impatto sociologico può diventare devastante. 

L’IMPOSSIBILITÀ DI INTERPRETARE LA REALTÀ

Ma c’è un altro aspetto più sottile e forse ancora più insidioso che lega la mememodernità con l’accelerazionismo tecnologico. La mememodernità, con le sue azioni politiche incoerenti, paradossali e istantanee rischia di creare una realtà così frammentata e caotica da risultare indecifrabile anche per gli analisti più attenti. 

Le narrative tradizionali che un tempo consentivano di interpretare eventi e processi globali vengono sostituite da un flusso continuo di segnali contraddittori e imprevedibili, in cui l’assurdo non è più l’eccezione ma la regola. In questo contesto, la difficoltà di comprendere il reale apre le porte all’uso crescente di algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale come guida per navigare nel caos.

L’avvento di Trump 2.0 e la sua cerimonia di insediamento sembrano aver dato un nuovo ruolo ai meme

Questi strumenti, già ampiamente utilizzati per analizzare big data e prevedere tendenze, potrebbero diventare gli arbitri invisibili della nostra comprensione del mondo, decidendo quali frammenti di realtà meritano attenzione e quali no. Il caos memetico potrebbe non essere solo un effetto collaterale, ma il terreno fertile per il dominio degli algoritmi, con un potenziale impatto enorme sul nostro modo di interpretare e vivere la realtà. Un altro modo di alimentare l’accelerazionismo tecnologico. 

LA MEMEMODERNITÀ ALLA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO DI TRUMP

Abbiamo visto che alla cerimonia di insediamento di Donald Trump erano presenti, in maniera del tutto irrituale, molti leader internazionali. Ma non erano in prima fila. La luce dei riflettori era riservata ai colossi del capitalismo digitale: Elon Musk, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Sam Altman, Shou Zi Chew, Sundar Pichai. E non erano semplici spettatori, ma rappresentavano l’avanguardia di un nuovo ordine in cui il potere economico e tecnologico vuole sovrastare quello istituzionale grazie ai fendenti distruttivi sferrati dai loro arieti politici, a colpi di meme. Ora la domanda che credo dobbiamo farci è: esiste un antidoto alla mememodernità? Se esiste, qual è?

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