Tredici regioni in Italia hanno fermato il lavoro all’aperto per via del caldo
Lazio, Umbria, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Toscana, Campania, Sardegna e Puglia hanno vietato i lavori all’aperto nelle ore più calde.

Mentre l’Europa boccheggia sotto un’ondata di calore eccezionale, l’Italia prende una decisione senza precedenti: tredici regioni, da nord a sud, hanno imposto il divieto di lavoro all’aperto durante le ore più calde della giornata. È una misura drastica, ma necessaria, dopo che le temperature hanno superato i 40°C in molte aree del Paese e un operaio edile, Brahim Ait El Hajjam, ha perso la vita su un cantiere vicino a Bologna, probabilmente a causa del caldo estremo.
Le regioni coinvolte vanno da Liguria a Sicilia, passando per le aree industriali della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, che si sono unite al blocco martedì. Il lavoro nei cantieri, nelle cave, nei campi agricoli e in tutte le attività all’aperto sarà sospeso tra le 12:30 e le 16:00, l’arco orario considerato più a rischio per la salute umana.
Finora il governo non ha adottato misure nazionali, quindi le regioni hanno agito in autonomia, con provvedimenti diversi ma tutti mirati a proteggere la salute pubblica. Le ordinanze sono già attive in regioni come Lazio, Umbria, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Toscana, Campania, Sardegna e Puglia, e impongono la sospensione del lavoro all’aperto dalle 12:30 alle 16 nei giorni considerati a rischio, fino al 31 agosto.
Per stabilire se una giornata è a rischio, si fa riferimento al portale Worklimate 2.0, sviluppato dal CNR e dall’INAIL, che valuta il pericolo in base a condizioni meteo e tipo di lavoro. Se una zona risulta in “rosso” sulla mappa, i lavoratori devono fermarsi negli orari previsti.
Ma l’Italia non è sola in questa emergenza. In Spagna e Portogallo si sono registrati i più alti valori di temperatura per il mese di giugno: rispettivamente 46°C in Andalusia e 46,6°C a Mora. In Francia, le scuole sono state chiuse in massa per evitare esposizioni prolungate al caldo: oltre 1.800 istituti non hanno aperto martedì, e il governo ha promesso interventi strutturali per rendere gli edifici scolastici più resistenti al calore.
Intanto, la crisi colpisce anche l’ambiente: in Turchia sono scoppiati 263 incendi boschivi in pochi giorni, con decine di migliaia di evacuati. La cima della Tour Eiffel è stata chiusa per sicurezza, e in Italia si sono verificati eventi estremi come la frana che ha isolato il comune di Cogne, in Valle d’Aosta.
Secondo l’agenzia meteorologica spagnola Aemet, giugno 2025 è stato il mese di giugno più caldo mai registrato nel Paese, con una temperatura media superiore di 3,5°C rispetto alla norma. Un segnale inequivocabile: il cambiamento climatico non è più un allarme teorico, è il nostro clima quotidiano.
Secondo la comunità scientifica internazionale, l’intensificarsi delle ondate di calore in Europa è una conseguenza diretta del cambiamento climatico causato dall’uomo. L’aumento dei gas serra sta alterando gli equilibri atmosferici, rendendo più probabili eventi estremi come quelli che stiamo vivendo: estati sempre più torride, con “cupole di calore” che stazionano a lungo sulle regioni colpite. Studi recenti, come quello del consorzio World Weather Attribution, confermano che fenomeni di questo tipo sarebbero stati altamente improbabili senza l’attuale riscaldamento globale.
Il tema del cambiamento climatico può risultare angosciante per molti. Parlare solo del disastro rischia di alimentare paralisi e rassegnazione; includere le risposte, invece, aiuta a trasformare l’angoscia in responsabilità e impegno. Per questo su Italia che Cambia raccontiamo anche le soluzioni, oltre ai problemi.
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