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3 Novembre 2025
Podcast / Io non mi rassegno

L’energia solare ha già conquistato il mondo – 3/11/2025

E poi la nuova Valutazione di Impatto Generazionale, la stretta sulle attività culturali in carcere, il trattato con gli aborigeni in Australia, le proteste in Tanzania e Serbia, e ancora altro.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
energia solare

Questo episodio é disponibile anche su Youtube

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Trascrizione episodio

Il mondo andrà a energia solare molto prima di quanto immaginiamo. Non è una profezia alla Nostradamus, ma il titolo di un articolo uscito qualche giorno fa su New Scientist, rivista scientifica divulgativa britannica, e tradotto da Internazionale.

L’articolo è molto approfondito e spiega che la crescita dell’energia solare è ormai inarrestabile, perché ha superato alcune soglie critiche legate ai meccanismi di produzione e mercato. 

Leggo: “Nei primi sei mesi del 2025 l’energia solare e quella eolica hanno superato una soglia storica, generando per la prima volta una quantità di energia superiore a quella prodotta dal carbone e posizionando le rinnovabili al primo posto nella classifica delle fonti di elettricità. Secondo il centro studi britannico Ember, la forza trainante di questa “svolta cruciale” nella transizione energetica è stata la crescita del solare. Le analisi dell’Ember indicano che nel 2025 l’energia solare ha coperto l’83 per cento dell’aumento mondiale nella domanda di elettricità, oltre a essere stata la principale fonte di nuova elettricità a livello globale per il terzo anno consecutivo.

La sua arma segreta? Costa poco. L’elettricità ricavata dal sole è la più economica al mondo, e negli ultimi quindici anni il costo per installare un sistema fotovoltaico si è ridotto del 90 per cento. “In questo momento i pannelli di silicio costano quanto le tavole di compensato”, spiega Sam Stranks, professore di optoelettronica all’università di Cambridge, nel Regno Unito.”

Poi l’articolo passa a immaginare un mondo alimentato solo da energia solare. Più come esercizio teorico che pratico, nel senso che non avrebbe senso fare solo energia solare, ma per capire l’impatto ambientale di un mondo alimentato solo da energia solare, soprattutto a livello di spazio occupato. Qui c’è una stima utile del think tank Carbon Tracker che ci dice che per coprire il fabbisogno energetico globale solo con il solare servirebbero circa 450.000 km², cioè lo 0,3% delle terre emerse. 

Tanto? Poco? Diciamo che è meno dell’impronta territoriale attuale delle infrastrutture fossili. Se lo paragoniamo all’agricoltura, considerate che l’agricoltura oggi occupa circa il 30-35% delle terre emerse. Insomma, lo spazio non è il collo di bottiglia che spesso immaginiamo.

Faccio una piccola parentesi, che mi è stata stimolata qualche giorno fa da un post su FB, sì perché io guardo ancora FB, perché sono anziano. Ci preoccupiamo tanto del terreno rubato dai pannelli solari all’agricoltura. Anche a me capita eh. Però ho realizzato che tanto l’agricoltura, quanto la produzione di energia sono due attività impattanti sugli ecosistemi, ma al tempo stresso necessarie alla sopravvivenza delle società umane. 

Cibo ed energia, sono entrambe vitali, non si può dire che una delle due non lo sia. Nessuno si scandalizza se un terreno viene usato per coltivare, nonostante buona parte di quei terreni siano usati in maniera del tutto inefficiente per coltivare mangime per altri animali. Mentre il fatto che dei terreni – pochissimi in percentuale – possano essere usati per impianti fotovoltaici non ci torna. È strano, se ci pensate. 

Fra l’altro questo spazio necessario potrebbe essere ulteriormente ridotto. Torno all’articolo che spiega che i moduli attualmente più diffusi, quelli in silicio, hanno un’efficienza attorno al 20–22%, che è un’efficienza piuttosto bassa rispetto ad altre fonti. L’efficienza sarebbe la quantità di energia potenziale che viene tradotta in energia elettrica. Le migliori celle in laboratorio superano il 27%. Ma le celle di nuova generazione, realizzate con questo tandem perovskite–silicio, possono catturare molto più spettro solare. Nel 2025 abbiamo già record in laboratorio nell’ordine del 34–35% sulle celle, ma potrebbero raggiungere anche il 40% (alcuni dicono persino il 50%) di efficienza. 

L’altro grosso limite storico del fotovoltaico, e un po’ di tutte le rinnovabili, è sempre stato la discontinuità. Il sole non splende sempre. Anche qui però la soluzione sembrerebbe ormai essere ampiamente disponibile. 

Leggo: “Per i paesi che si trovano nella “cintura del Sole”, tra cui India, Messico e molti stati africani, questo problema è trascurabile, perché il Sole splende quasi tutto l’anno e le batterie si possono usare per immagazzinare l’energia in eccesso durante il giorno e renderla disponibile la sera. Questo sistema sta diventando sempre più economico: secondo il centro di ricerca e analisi BloombergNEF, il costo delle batterie agli ioni di litio si è ridotto del 40 per cento negli ultimi due anni”.

“Alla fine dei conti l’unico vantaggio che le fonti fossili hanno sull’energia solare è la facilità di conservazione”, spiega Bond. “Ma ora questo problema è stato risolto per il 90 per cento dei casi da una singola tecnologia, la batteria”.

Il vero scoglio resta lo stoccaggio stagionale. Le batterie infatti sono delle ottime soluzioni per accumulare piccole quantità di energia capaci di compensare una discontinuità giorno/notte o nell’arco di pochi giorni. Ma nei paesi dove c’è molta differenza di produzione di energia fra estate e inverno, c’è bisogno di conservare un po’ di energia per lunghi periodi. 

È qui che entrano in gioco innanzitutto l’eolico (che spesso rende meglio d’inverno), e quindi va perfettamente in tandem col fotovoltaico compensandone i picchi di produzione, e poi dei sistemi di accumulo più duraturi, come l’idroelettrico a pompaggio, l’idrogeno, l’aria compressa. Che invece permettono di tenere tanta energia stoccata.

Insomma, secondo questa analisi, non c’è più partita. Le rinnovabili e in particolare il fotovoltaico è l’energia del presente e lo sarà ancor più nel futuro. Come dice un analista intervistato nell’articolo, “I politici possono fermare la marea dell’energia solare nei singoli paesi e su singoli progetti, e l’amministrazione Trump sta facendo il possibile per rallentare lo sviluppo delle rinnovabili. Ma questo significa semplicemente che gli Stati Uniti accumuleranno un ritardo nella corsa globale verso il miglioramento della tecnologia”. Non che la fermeranno.

Gli unici veri ostacoli al momento, o meglio gli unici aspetti su cui c’è ancora molto da lavorare, sono le reti e l’elettrificazione di alcuni settori. Nel senso che servono reti molto più flessibili, per gestire una produzione energetica più diffusa e discontinua, e che bisogna elettrificare una fetta di energia che ancora è legata ai carburanti, penso alla mobilità pesante, agli aerei, o all’industria pesante.

Comunque, non che siano dettagli, però ecco, il grosso è fatto. Questo però non significa che possiamo tirare i remi in barca. Per due questioni: la prima è che se la strada è tracciata, la velocità con cui la percorriamo fa tutta la differenza del mondo perché la crisi climatica sta già superando i punti critici di non ritorno, quindi anche 1 anno di ritardonella transizione può fare la differenza.

Il secondo è che la transizione alle rinnovabili è solo un pezzetto della soluzione. Non basta da sola, perché la crisi climatica è solo un pezzetto di una crisi ecologica molto più ampia. Dei 9 limiti planetari individuati da un gruppo di scienziati che vanno tenuti a bada se vogliamo continuare a vivere bene, con società complesse, su questo pianeta, 7 sono già stati superati. Il rischio se ci concentriamo solo sulla transizione verso le rinnovabili è che non affrontiamo la macro-sfida dei nostri tempi, ovvero superare un sistema socio-economico – il capitalismo basato sulla crescita infinita della produzione e dei consumi – che è intrinsecamente insostenibile.

Andiamo più veloci sulle altre notizie. Apprendo da l’Indipendente, l’articolo è a firma di Dario Lucisano, che mercoledì il Parlamento ha approvato in via definitiva l’introduzione della Valutazione di Impatto Generazionale nelle nuove leggi. Che è una roba strana e potenzialmente interessante. In pratica ogni nuova norma dovrà essere vagliata per capire che impatto può avere sui giovani di oggi e sulle generazioni future, sia in termini sociali che ambientali. 

È un principio che prende le mosse dalla riforma del 2022 dell’articolo 9 della Costituzione, quello che tutela l’ambiente “anche nell’interesse delle future generazioni”. Non sappiamo ancora come funzionerà nel concreto: toccherà al governo, entro sei mesi, stabilire i criteri con dei decreti attuativi. Sappiamo però che verrà anche istituito un Osservatorio presso la Presidenza del Consiglio, che avrà il compito di monitorare e proporre nuove leggi in ottica intergenerazionale.

A spingere per questa riforma sono state diverse associazioni, tra cui l’ASviS, che hanno accolto con favore l’approvazione, pur mettendo in guardia dal rischio che si trasformi in una semplice formalità burocratica. Quindi è importante monitorare, per capire se la VIG diventerà davvero uno strumento utile a promuovere l’equità tra le generazioni, o se resterà solo una bella dichiarazione d’intenti. Però interessante.

Il Post invece dedica un articolo a una recente circolare del DAP (il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che dipende dal ministero della Giustizia) che rende più complicato organizzare attività culturali, educative e ricreative all’interno di alcune carceri italiane. Da ora in poi le autorizzazioni non saranno più gestite dalle singole direzioni carcerarie, ma dovranno passare direttamente dal DAP, con richieste molto dettagliate e da presentare con “congruo anticipo”.

Secondo diversi esperti intervistati è una misura che rischia di rallentare, se non ostacolare del tutto, iniziative fondamentali per il reinserimento delle persone detenute come corsi universitari, laboratori teatrali, progetti artistici o lavoro nelle carceri, e che secondo diverse associazioni, come Antigone, segna un irrigidimento ulteriore in un sistema penitenziario già in forte crisi.

La circolare riguarda in particolare le carceri con sezioni di Alta Sicurezza o 41-bis, ma preoccupa perché limita l’autonomia delle direzioni, che spesso sono state motore delle esperienze più virtuose. Su Italia che Cambia ne abbiamo raccontate molte, ve ne metto qualcuna fra le fonti se volete andare a spulciare, e tutte queste esperienze sono associate a un crollo della recidiva dei carcerati. Quindi andare a limitare queste esperienze è stupido (si può dire?).

Restiamo sul Post, per scoprire che per la prima volta nella storia australiana, uno stato – lo stato di Victoria – ha firmato un trattato con le popolazioni aborigene, riconoscendole come proprietarie tradizionali del territorio. 

Si tratta di un passo importante verso il riconoscimento dei diritti storici e della dignità delle popolazioni aborigene, da sempre discriminate e con pochissimi diritti in australia. Anche se l’opposizione ha già promesso che lo revocherà se andrà al governo.

Il trattato prevede la nascita di un organo di autogoverno, il Gellung Warl, che rappresenterà democraticamente le comunità indigene e potrà interagire con istituzioni, polizia e servizi sociali. Sono previsti anche una commissione per la verità e una per monitorare l’impatto delle leggi. 

In Tanzania sono in corso proteste molto violente dopo le elezioni presidenziali e legislative, che hanno visto trionfare – senza sorprese – il partito al potere da quasi 70 anni, il Chama Cha Mapinduzi. La presidente Samia Suluhu Hassan avrebbe eliminato ogni opposizione, tra arresti, squalifiche e sparizioni. Le proteste sono state duramente represse: secondo alcune fonti interne ci sarebbero già centinaia di morti – almeno 700 – ma il governo ha oscurato internet e imposto il coprifuoco, rendendo difficile verificare. Intanto scuole, università e voli sono bloccati, e la situazione resta molto tesa.

Anche in Serbia, a un anno dal crollo della tettoia della stazione di Novi Sad, che causò la morte di 16 persone, decine di migliaia di persone sono tornate in piazza per ricordare le vittime e protestare contro il governo. Il crollo fu visto come simbolo della corruzione e della negligenza dello Stato, e da lì partì un’ondata di proteste guidate soprattutto da studenti, che ora puntano a candidarsi alle prossime elezioni. Intanto, nessun processo è ancora iniziato e le responsabilità politiche restano impunite. Sabato però, una fiumana impressionante di persone chiedeva giustizia.

Venerdì nei Paesi Bassi è stata annunciata ufficialmente la vittoria del partito europeista, moderato e liberale Democratici 66 (D66) alle elezioni del 29 ottobre. Nonostante abbia vinto per poche migliaia di voti rispetto alla destra nazionalista, il risultato del D66 a queste elezioni è stato sorprendente e il merito viene attribuito in gran parte al suo leader Rob Jetten, che al momento è il più probabile prossimo primo ministro del paese. Ne riparliamo.

Così come parleremo dell’incontro che c’è stato fra Trump e Xi Jinping, che ha sancito una momentanea pax commerciale fra Cina e Usa.

Infine, è stato firmato il decreto attuativo che impedirà, dal 1 gennaio 2027, in Italia, di uccidere i pulcini maschi delle galline ovaiole, una pratica che oggi riguarda circa 34 milioni di animali ogni anno. Le aziende dovranno dotarsi di tecnologie per individuare il sesso degli embrioni prima della nascita, ed evitare così la nascita di pulcini destinati alla soppressione. È un passo importante verso il miglioramento del benessere animale in una delle filiere più controverse dell’allevamento intensivo.

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