Dal Texas alla Lombardia, disastri senza nome: perché sul clima i media tacciono? – 8/7/2025
Eventi estremi ovunque, ma di crisi climatica si parla poco o nulla: perché i media la rimuovono proprio quando serve? E nel frattempo, tra guerre, partiti di Musk e bagni nella Senna, che direzione stiamo prendendo?
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Fonti
#clima
il Post – Le forti piogge hanno fatto grossi danni in Lombardia
Rai News – Texas, oltre 100 le vittime dell’alluvione. Tra loro 27 ragazze di Camp Mystic
Icona Clima – Clima estremo: gelo senza precedenti nei settori più meridionali del Sud America
The Guardian – Texas floods reveal limitations of disaster forecasting under climate crisis
Euronews – Pericolo atomico a causa del caldo? Francia e Svizzera chiudono le centrali nucleari
#politica Usa
Domani – Il partito di Musk fa fibrillare anche la destra italiana
Domani – L’oligarca sfida l’autocrate, ma l’America Party di Musk rischia di schiantarsi al lancio
il Post – Musk ha definito «un disgustoso abominio» una legge voluta da Trump
il Post – Cos’è questa «Grande e Bellissima legge» di Trump
#Israele-Hamas
Rai News – Cessate il fuoco, Netanyahu: “Le proposte di Hamas sono inaccettabili”
Italia che Cambia – Cosa può imparare l’attivismo occidentale dal fallimento della Global March to Gaza
Italia che Cambia – Paura, ansia, speranza: le voci dei giovani iraniani fra regime, guerra e resistenza
#Parigi
Italia che Cambia – Parigi ripulisce la Senna: ora ci si può fare il bagno
Al solito, come facciamo spesso quando siamo stati fermi per un po’, vi faccio un po’ un riassunto/commento delle cose successe in questa settimana di pausa. Pausa dovuta, ve lo ricordo, alla Academy di ICC, un incontro di formazione ed autoformazione che ha coinvolto praticamente tutta la redazione del nostro giornale per qualche giorno ad Alto, in provincia di Cuneo. Se vi interessa saperne di più su i nostri canali social trovate un po’ di informazioni e un video molto carino con le immagini di questi giorni.
Venendo a noi, sono state settimane caratterizzate da eventi climatici estremi in diverse parti del mondo. In particolare i giornali hanno parlato moltissimo delle alluvioni in Texas che hanno causato la morte di almeno 82 persone (almeno perché ci sono ancora dei dispersi nel momento in cui registro) di cui 28 bambine e bambini, questo perché il fiume che ha esondato, il Guadalupe, ingrossato dalla pioggia incessante che ha generato, in nemmeno un’ora, un’onda alta 8 metri, ha travolto fra le altre cose dei centri estivi, e questo comprensibilmente ha fatto sì che la notizia fosse ancora più drammatica e mediatica.
Ma ci sono stati anche altri fenomeni climatici estremi. Un’ondata di freddo eccezionale ha investito il sud del Sud America alla fine di giugno, portando un clima straordinariamente freddo con temperature record e nevicate in zone dove la neve è rarissima. L’evento è stato legato a un potente anticiclone di origine polare, spiegano gli esperti, che ha colpito duramente Cile, Argentina e parte di Paraguay e Uruguay, causando danni all’agricoltura, disagi nei trasporti e un peggioramento della qualità dell’aria.
Venendo in Italia, anche il nostro Paese ha sperimentato eventi climatici anomali. Prima un’ondata di caldo ampiamente fuori dalla media stagionale, che ha portato anche molte Regioni, 13, a vietare i lavori all’aperto nelle ore più calde, seguita da forti temporali e inondazioni soprattutto al Nord, e in particolare in Lombardia dove ci sono state alluvioni, una donna è morta, ci sono stati ritardi sulla linea ferroviaria per via di un fulmine che ha colpito un treno e diverse altre cose.
In alcuni casi il forte caldo ha messo sotto stress la rete elettrica, generando blackout soprattutto per via dell’uso intenso dei condizionatori. In Francia e Svizzera le centrali nucleari sono state fermate per evitare problemi, visto che con la siccità i corsi d’acqua non possono più garantire il raffreddamento.
Quindi, questo è il quadro. Facendomi un giro fra un po’ di quotidiani italiani, diciamo quelli principali, ho notato che praticamente nessuno nomina il tema della crisi climatica né quando si parla del Texas né della Lombardia. Prendo qualche titolo a caso:
- Texas, le bambine inghiottite dal fiume: 80 morti. Trump: “Tragedia terribile” (la Repubblica)
- Alluvione in Texas, la strage delle bambine. Almeno 68 morti e 11 dispersi: «Quell’onda di 8 metri nel buio ha travolto tutto» (il Corriere)
- Le persone morte nell’alluvione improvvisa in Texas sono almeno 68 (il Post)
- Le forti piogge hanno fatto grossi danni in Lombardia (il Post)
Il che, attenzione, giornalisticamente è corretto. Mi spiego: è molto difficile collegare un evento meteo, con la crisi climatica. Esiste una scienza che si occupa proprio di questo, che si chiama scienza dell’attribuzione, che prova a stabilire delle correlazioni fra singoli eventi e crisi climatica per capire se una certa inondazione, un’ondata di calore, un tornado o cose così sono attribuibili o meno alla crisi climatica, o se sono eventi che sarebbero successi lo stesso.
Capite però che è molto difficile attribuire un fenomeno in maniera esatta, perché la crisi climatica non è che fa succedere qualcosa di nuovo, semplicemente rende molto più frequenti ed estremi che già succedevano. Per intenderci, non è che improvvisamente piove viola e allora uno dice, ecco vedi questa è pioggia da crisi climatica. Tant’è che la scienza dell’attribuzione, dopo aver studiato a lungo un singolo fenomeno, conclude non con un sì o no secco, ma con un grado di attribuzione. Ad esempio l’ondata di calore in Europa del 2022 è risultata fino a 10 volte più probabile a causa del riscaldamento globale, secondo il World Weather Attribution.
Questo comporta che mentre sta succedendo un disastro, noi non possiamo sapere se e in che percentuale è stato causato dalla crisi climatica. E quindi, tecnicamente, è corretto non citarla. Il problema è che questo fatto genera come conseguenza che di clima, se non se ne parla in queste occasioni, non se ne parla proprio. E quindi la domanda è: cosa è più corretto fare giornalisticamente? Non parlarne proprio, o parlarne sapendo che di non sapere?
Il Guardian, ad esempio, che su questi temi insegna, sceglie una via di mezzo. Trov un escamotage, titola: “Le inondazioni in Texas rivelano i limiti della previsione dei disastri nell’era della crisi climatica.” Cita la crisi climatica, ma non le attribuisce direttamente la paternità del disastro.
Il modo più corretto, ovviamente, è esplicitare la questione, come stiamo facendo adesso, ma a volte nei titoli è difficile, e quindi dobbiamo prendere scelte più nette. Esponendoci però ad errori.
Insomma, non ho qui la risposta, penso solo che a volte abbia senso prendersi dei rischi, giornalisticamente parlando, ed eventualmente rettificare, piuttosto che ignorare un problema che è uno dei principali del nostro tempo.
Su ICC abbiamo scelto, questa volta, un titolo meno corretto ma più parlante per una nostra news: “Inondazione in Texas: 51 morti a causa del cambiamento climatico”. Nell’articolo poi si spiega tutto correttamente, esplicitando la questione dell’attribuzione. È un tema, mi rendo conto, e sono domande che credo dobbiamo farci, sia come giornalisti/e, che come fruitori d’informazione. Ditemi cosa ne pensate, se vi va.
Allora, giusto perché lo sappiate. Sono in corso dei negoziati di pace a Doha, in Qatar, sulla guerra a Gaza, con l’obiettivo di mediare un cessate il fuoco e raggiungere un accordo sul rilascio degli ostaggi e dei prigionieri palestinesi.
Si tratta di colloqui indiretti, mediati da Egitto e Qatar. La stampa Mondiale li sta seguendo molto da vicino, ma sembra che siamo ancora molto distanti da un accordo. La situazione però è che Israele ha preso il controllo di circa l’80% del territorio della Striscia, la comunità internazionale a parte una serie di dichiarazioni non ha mai condannato nettamente l’invasione decisa da Netanyahu, l’amministrazione Usa continua ad appoggiare il premier israeliano e quindi la posizione di Hamas sembra molto debole, proprio in termini negoziali.
Visto che siamo intema vi segnalo due articoli che abbiamo pubblicato su ICC la scorsa settimana. Il primo si chiama “Cosa può imparare l’attivismo occidentale dalla Global March to Gaza”, lo ha scritto la nostra Salvina Elisa Cutuli e ne consiglio cladamente la lkettura a chiunque sia interessato alla questione palestinese, o alla questione attivismo. Il secondo l’ho scritto io ed è una serie di interviste a giovani iraniani/e su come hanno vissuto la recente guerra con Israele. Li trovate entrambi fra le fonti.
Si sta parlando molto anche di Politica Usa. Anche qui, andiamo proprio veloci. La novità principale di ieri è che Elon Musk ha detto due giorni fa di aver fondato un suo partito, sfidando lo storico sistema di duopolio democratici-repubblicani.
Un partito che si chiama, American Party, di cui sappiamo ancora pochissimo. E che molti analisti considerano un po’ un tentativo disperato da parte di Musk di continuare a giocare un ruolo politico rilevante dopo la lite con Trump. Insomma, Musk come un novello Renzi.
Questo evolversi degli eventi è frutto dell’ultima trovata di Trump. Una trovata che si chiama Big, Beautiful Bill Act” (“La grande e bellissima legge”), ed è effettivamente una legge molto grande, oltre 900 pagine, una delle più vaste della storia recente, sul bellissima tralasciamo, che contiene un po’ di tutto e che Musk ha definito un tremendo abominio, sostenendo che farà schizzare alle stelle l’inflazione. E quindi ha deciso di lanciare il suo partito, che però almeno gli analisti americano sembrano considerare un po’ un tentativo disperato.
Della grande e bellissima legge però un minimo è utile parlare. Perché, come spiega il direttore del Post nella sua Newsletter Da Costa a Costa, scrive: “Trump ha deciso di fare una cosa scaltra: invece che scegliere una sola cosa fra tante, ha messo tante cose in una sola legge. Sono tutti interventi economici, di bilancio: enormi, e in quasi ogni campo.
La legge è innanzitutto una riforma fiscale che rende permanenti e anzi estende i tagli alle tasse introdotti da Trump nel 2017, con vantaggi più marcati per le famiglie ad alto reddito e con grandi patrimoni. Effetto stimato sui conti pubblici: un nuovo grande aumento del debito. Le risorse per compensare questo taglio arriveranno in parte riducendo i fondi per il programma Medicaid, che fornisce copertura sanitaria agli americani più poveri, e irrigidendo i criteri per accedervi: le stime ufficiali prevedono che dodici milioni di americani possano perdere la copertura sanitaria da qui a dieci anni. È una cifra gigantesca”.
E la legge prevede anche parecchi tagli su settori molto rilevanti dal punto di vista della transizione ecologica. Inizialmente prevedeva persino la cancellazione di tutti gli incentivi inseriti dalla passata amministrazione, quella del presidente Joe Biden: erano detrazioni pressoché totali dal pagamento delle tasse per la costruzione di impianti solari e eolici, e riduzioni di tasse per l’acquisto di veicoli elettrici. Una modifica al Senato ha reso più graduale la cancellazione prevista nella prima versione della legge: nella versione attuale l’esenzione rimane per gli impianti solari ed eolici la cui costruzione è iniziata nel 2025, resta al 60 per cento per quelli del 2026 e scende al 20 per cento nel 2027.
Però comunque il trend è quello di eliminare – sebbene gradualmente – le sovvenzioni statali. E questa cosa solleva diverse preoccupazioni dal punto di vista degli obiettivi di decarbonizzazione dell’economia Usa, che è il secondo paese al mondo per emissioni.
Viviamo in un’epoca strana, fatta di grandi crisi, di grandi accelerazioni e catastrofi, ma anche di grande bellezza e speranza. Vi condivido un piccolo pezzetto più personale. Durante la nostra Academy di ICC della scorsa settimana abbiamo fatto un esercizio di immaginazione guidata, una pratica meditativa che serve a immaginare il futuro, e guidati dalla nostra Daniela Bartolini abbiamo immaginato come potrebbe essere il quartiere in cui viviamo fra 20 anni. E io come prima cosa mi sono immaginato di fare il bagno in Arno.
Che un tempo si faceva, ma che oggi sembra impossibile. Ecco, pochi minuti dopo mi è arrivata una notifica di un articolo del Post che raccontava come la Senna sia tornata ufficialmente balneabile, dopo oltre 100 anni.
Leggo da Italia che Cambia, visto che ne abbiamo parlato anche noi: “Bercy, Bras Marie e Grenelle sono le prime tre zone della Senna dove si potrà fare il bagno in pieno centro urbano a Parigi. L’accesso è regolamentato per quanto riguarda gli orari, l’età e il numero massimo di persone, ma per la prima volta dal 1923 il fiume cittadino è tornato balneabile.
Per fare in modo che fosse così, l’amministrazione Hidalgo ha investito 1,4 miliardi di euro per ripulire le acque dagli agenti inquinanti, in particolare dal batterio dell’Escherichia coli.
Il processo è iniziato tempo fa in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024, in occasione delle quali nella Senna si erano svolte alcune gare di sport acquatici. Lo scorso anno il risultato era ancora lontano, tanto che fecero scalpore alcuni casi come quello della triatleta belga Claire Michel che fu ricoverata dopo una gara svolta nella Senna con sintomi da escherichia coli. Il processo di decontaminazione delle acque non è stato facile ed è partito dal trattamento delle acque di scarico: se nel 1970 la percentuale di esse che veniva depurata era del 40%, oggi è del 99%.
Con questa iniziativa Parigi entra di diritto nella rete Swimmable Cities, che ha l’obiettivo di supportare la crescita di un movimento globale dal basso per trasformare i corsi d’acqua urbani. La rete – che pochi giorni fa ha organizzato un summit a Rotterdam, in Olanda – si propone di raggiungere una serie di obiettivi che vanno dallo smantellamento della logica delle acque urbane al servizio dell’industria fino alla democratizzazione dell’accesso a spazi verdi e blu in città, passando per la promozione di una cultura dello sport – in particolare di quelli acquatici – e del movimento.
Non è una roba piccola. È una roba potentissima. Che fino a qualche anno fa sarebbe stata semplicemente impossibile persino da immaginare. Eppure qualcuno l’ha immaginata e qualcuno – in particolare qualcuna – l’ha fatta.
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