1 Ago 2023

Paola Fanzini: “Grazie a volontariato e fede ho superato dolori e difficoltà”

Scritto da: Brunella Bonetti

Una vita difficile che l'ha messa di fronte a tante prove. Paola Fanzini le ha superate sorreggendosi su due pilastri: la fede – che ha trovato nel 2010 – e il volontariato, in particolare l'attività con la Lampada dei desideri, che a Roma svolge attività con e per persone con disabilità. Da una grave malattia alla separazione dalla figlia Emanuela, anche lei persona con disabilità, Paola ripercorre con noi le tappe della sua esistenza, una storia dolorosa ma con un lieto fine.

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Roma, Lazio - Un percorso difficile e irto di ostacoli quello di Paola Fanzini. Lei però è riuscita a compierlo a testa alta, con coraggio e tanta energia donatale dalla fede e dalla solidarietà. Dopo anni difficili tra soprusi, malattia, allontanamento dalla figlia disabile e mille altre disavventure, Paola ha trovato la sua strada, che l’ha portata a fondare la Lampada dei desideri, una casa dove i sogni di tutti diventano realtà con la forza del mutuo auto-aiuto e della solidarietà. Paola è una Moderna Persefone che testimonia quanto prendersi cura dei meno fortunati sia un bene per sé stessi prima ancora che per gli altri, soprattutto se si tratta dei disabili. 

Raccontaci la tua storia.

Sono una mamma di quattro figlie di cui una con disabilità grave. Nel 2008 mi sono ammalata di una malattia per cui non c’è cura, che contrae chi ha l’AIDS conclamata e cioè difese immunitarie zero. Sono stata due anni chiusa in casa sdraiata su un divano, il dolore più grande è stato che non potevo più prendermi cura di mia figlia Emanuela: mi cadeva di continuo, perché non avevo più forza nelle braccia.

paola fanzini

Allora sono andata alla trasmissione Uno mattina e il sindaco Alemanno, che s’era appena insediato, le ha trovato posto in una casa famiglia, anche se io volevo solo maggiore assistenza a casa. E quando mia figlia disabile è andata a vivere in casa famiglia il mio cuore s’è spezzato: il  baratro era sempre più profondo e nero. A volte ho pensato che la mia vita fosse inutile, non degna di essere vissuta, altre volte ho creduto che la società che mi circondava fosse cieca e sorda ai miei bisogni e alle mie urla silenziose di dolore. Quindi c’è stato un periodo in cui frequentavo gruppi di gente asociale e ai margini della legalità.

Quando è arrivata la svolta?

Nel 2010 un giorno ho parlato con Dio e gli ho detto: “Senti, io ora mi alzo e inizio a camminare per i disabili. Se vuoi prendermi dal primo passo che farò fuori da questa porta fai pure, ma d’ora in poi non starò più qui nella malattia e nella disperazione”. Dio aspettava solo quello. In poco tempo sono diventata Presidente della Consulta della disabilità e, passo dopo passo, mi sono sentita rinforzare nel corpo e Dio ha operato il grande miracolo della mia vita: una persona mi ha donato un posto bellissimo, grandissimo, coloratissimo dove abbiamo iniziato questa bellissima avventura che è la Lampada dei desideri. 

Dopo cinque anni di inferno psichiatrico Emanuela è tornata a casa e, seppur con una fatica immensa, siamo riuscite a farcela. Ora si è trasformata in una bellissima creatura, che con la sua semplicità e grandezza sa guarire l’anima e il corpo. Mi ha aiutato a fare i conti con tutte le Paole del passato, a perdonare mio padre e mia madre e ad amarli: mi ha reso libera dal dolore, dalla rabbia, e dalla sconfitta.

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Come procede il tuo percorso di rinascita grazie al volontariato? 

Nel 2011 il Presidente del municipio mi ha chiamata dicendo che un privato voleva donarci una struttura per persone con disabilità. Lei, Alessandra Armellini, aveva perso un fratello con una malattia invalidante e voleva che questa struttura fosse gestita da una persona che non avesse appetiti. Nel 2012 c’è stata la ristrutturazione a cura della proprietaria e nel febbraio 2013 a Lampada dei desideri ha iniziato le sue attività.

Non essendo collegati finanziariamente né al Comune né alla Regione non abbiamo paletti a livello di territorio, di età o di patologie. Il nostro è un luogo speciale, è famiglia, è casa. Le nostre tre parole speciali sono: amore, libertà e tempo, che non esiste qui da noi, perché il tempo crea problemi a tutti specialmente a chi è rallentato dalla vita. L’unico tempo che esiste è quello musicale della Banda della Magliana

L’apertura della Lampada dei desideri può essere intesa come una svolta?

Sì, quel momento è stato un colpo di luce che improvvisamente ha squarciato il buio pesto nel quale ero caduta con la mia malattia e con la mancanza e l’allontanamento di mia figlia. È stato una forza dall’alto che mi ha aiutata a muovermi e a volare. Da lì sempre più in alto e sto ancora salendo, perché vivere con questi angeli fa crescere la consapevolezza che c’è tanto di bello in ogni minuto, in ogni esperienza passata con loro.

Da allora c’è una luce che mi accompagna e mi mostra la via aiutandomi a non tornare indietro. La Lampada dei desideri per me è tutto: è famiglia, è casa, è cura, è amore puro e incondizionato, è condivisione e ragione di vita. È così anche per le persone che la frequentano e per chi viene per la prima volta rimanendo affascinato dall’armonia che si respira.

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Cosa è cambiato in te dopo aver attraversato questo percorso?

È cambiato il mio punto di vista su ogni problema: piuttosto che credere che la vita sia finita, perché la mia malattia è degenerativa, non mi faccio prendere dalla depressione e cerco di vivere l’attimo qui e ora. Sono positiva in ogni atto che compio, anche se piena di dolori e con difficoltà enormi. Ogni passo per me è un dolore lancinante, ma è fatto con e per amore. Ho spezzato le catene dell’odio e del rancore trasformando tutto ciò che c’era stato di negativo e doloroso in amore incondizionato verso creature pure come i miei ragazzi, che sanno donare pur avendo avuto così poco dalla vita in termini fisici.

Come trascorrono le tue giornate alla Lampada?

Apro alle 15.30. Arrivo alla Lampada con l’affanno e piena di dolori, poi un abbraccio di Valentino, un sorriso di Diana o un una risata di Luciano mi ridanno forza ed energia. Allora cantiamo, balliamo, ci divertiamo e sento la forza rientrare in me. Io coadiuvo, mi piace essere sempre presente per quanto mi è possibile. Se non ci sono i capi progetto ci inventiamo sempre qualcosa che sia lettura, domande, canto, ballo, karaoke, cruciverba o disegni, ma anche mantra e meditazioni.

Creiamo libri per bambini usando la scrittura collettiva del metodo di Don Lorenzo Milani. Così hanno imparato a editare e poi con illustrazioni creano letture animate e le pubblicizzano, per esempio nelle scuole. L’importante è che siano loro a decidere cosa fare. Di solito chiudiamo alle 19, ma non è tassativo, in pratica non guardiamo l’orologio. Poi il venerdì si accende ancora di più la magia con Lamparadio, cioè trasmissioni e interviste divertenti. Poi, con il Diversamente pub, mangiamo insieme, sistemiamo la sala, ci intratteniamo fino a tardi con canti, balli e giochi.

Piuttosto che credere che la vita sia finita, perché la mia malattia è degenerativa, non mi faccio prendere dalla depressione e cerco di vivere l’attimo qui e ora

Cosa pensi oggi di tutto quanto è successo?

Che quel Padre divino a cui mi ero rivolta in un letto di malattia ha ascoltato la mia supplica e mi ha benedetto con mille piccoli, grandi miracoli. Che Dio esiste, perché nella mia travagliata vita dove era buio, una luce si è accesa ed è una luce che non si spegne mai. La Lampada è un miracolo, i volontari di Romaltruista sono un miracolo, perché sono tutte persone che vengono senza nessun altro scopo che dare, aiutare e amare.

Cosa consiglieresti alle Moderne Persefone che, come te, decidono di aiutare gli altri? 

Aiutare gli altri permette di aiutare sé stessi, ci trasforma e arricchisce di un tesoro che sulla terra non esiste. È una luce che scalda il cuore e mostra la via per riconoscersi e per amarsi come mai fatto prima e nell’amarsi si riesce finalmente ad amare l’altro senza pregiudizi o giudizi.

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