Decreto Sicurezza: due giornate di mobilitazione contro la repressione
Il Governo ha tempo fino al 12 giugno per convertire in legge il Decreto Sicurezza. Sono previste due manifestazioni per fare appello alla partecipazione civile.

Il 26 maggio verrà discusso in Parlamento il Decreto Sicurezza approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 aprile scorso. Composto da 34 articoli, il documento tocca diversi ambiti – dall’ordine pubblico alle manifestazioni, dalle forze di polizia alla giustizia penale, all’immigrazione – che virano verso una maggiore repressione del dissenso nelle carceri, nei confronti delle persone migranti, dando invece maggiori poteri alle forze dell’ordine e ai servizi segreti.
Il Governo avrà tempo fino al 12 giugno per approvare definitivamente la legge. Contro il decreto sono state convocate due giornate di mobilitazione: lunedì 26 maggio fuori il Parlamento e sabato 31 maggio una manifestazione nazionale a Roma. Da mesi infatti una vasta coalizione – la Rete No DDL Sicurezza – A pieno regime – si mobilita contro il Decreto Sicurezza e per questa occasione fa appello a un’ampia partecipazione civile. I dubbi e le perplessità non mancano.
Diversi emendamenti proposti dalle forze di maggioranza sono stati giudicati inammissibili, ad esempio quelli sui limiti alla custodia cautelare per gli incensurati; la stessa avvocatura ha espresso dubbi sulle scelte incriminatrici e sull’inasprimento sanzionatorio di tutto il decreto.
Problematiche, ad esempio, le misure di contrasto all’occupazione abusiva di immobili o la risposta penale per le forme di resistenza passiva all’interno delle carceri. Potrebbero essere puniti scioperi della fame – utilizzati dai detenuti come forma di protesta –, battitura delle sbarre o altri rumori coordinati per esprimere dissenso, sedersi o sdraiarsi a terra rifiutando di muoversi quando richiesto. Vengono equiparate le condotte di resistenza passiva con quelle violente e minacciose.
Fanno discutere anche gli inasprimenti di pena per blocchi stradali, che da un illecito amministrativo diventano un reato che potrà essere punito con un mese di carcere e una multa fino a 300 euro. Ma se avviene nel corso di una manifestazione e sono più persone a bloccare la strada, allora la pena può arrivare fino a sei anni. Forti perplessità anche sulla decisione di sopprimere l’obbligo di rinviare l’esecuzione della pena per le donne incinte o con figli di età inferiore a un anno, rendendo la misura discrezionale.
È stato mantenuto il principio della punibilità della resistenza passiva che le opposizioni hanno ribattezzato “norma anti-Gandhi”. Sanzioni più dure anche per chi protesta contro le grandi opere. Il decreto sicurezza modifica alcuni articoli del codice penale in materia di violenza, minaccia o resistenza a un pubblico ufficiale e interviene nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa per impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica. Inoltre fa saltare la “neutralizzazione” delle attenuanti rispetto alle aggravanti, ma allo stesso tempo, mentre il ddl aumentava la pena di un terzo, il decreto è più severo perché l’aumenta della metà.
Il prossimo appuntamento è per lunedì prossimo, 26 maggio, per rispondere all’appello lanciato dalla Rete A Pieno Regime e trovarsi di fronte a Palazzo Montecitorio, sede della Camera, per manifestare il proprio dissenso contro questo provvedimento liberticida.
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Per saperne di più ascolta la puntata di Io Non Mi Rassegno dedicata al Decreto Sicurezza
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