Maxi blackout in Spagna e Portogallo, che succede? – 29/4/2025
Un gigantesco blackout lascia al buio Spagna e Portogallo. Intanto novità dal Conclave, dal fronte ucraino e nuove riflessioni su sostenibilità e comunità.

Questo episodio é disponibile anche su Youtube
Fonti
#blackout
Corriere della Sera – Enorme blackout in Spagna e Portogallo, «la causa potrebbe essere un raro fenomeno atmosferico». Fermi arei, treni e metropolitane, per tornare alla normalità «anche 6-10 ore»
il Post – C’è un enorme blackout in Spagna e Portogallo
El Mundo – Apagón en España, última hora en directo | Sánchez pide evitar los desplazamientos y hacer un uso responsable del móvil: “Vamos a pasar horas críticas”
#conclave
Fanpage – Il caso Becciu anima le congregazioni pre Conclave: “Il cardinale avrebbe deciso di fare un passo indietro”
#Ucraina
il Post – La Russia ha annunciato un cessate il fuoco in Ucraina di tre giorni
#Congo
Italia che Cambia – Repubblica Democratica del Congo e Ruanda firmano una tregua
#legname
Greenme – La truffa del legno certificato sostenibile che proveniva invece da foreste di Russia e Bielorussia
#vino
Domani – Le bottiglie più pesanti non sono più accettabili
#podcast #abitare collaborativo
Italia che Cambia – Coabitare – Cerco casa e comunità #1
La giornata di ieri è stata diciamo movimentata – visto che ne succedono poche – da un gigantesco blackout che ha lasciato al buio praticamente tutta la Spagna, tutto il Portogallo e un pezzettino della Francia. Un evento rarissimo, dalle origini ancora abbastanza nebulose.
Racconta il Post che da mezzogiorno di ieri, gran parte di Spagna e Portogallo sono rimaste senza elettricità a causa di un enorme blackout che ha bloccato ferrovie, metropolitane, sistemi di pagamento elettronico e messo in difficoltà anche la rete internet.
In breve tempo Internet e i quotidiano online si sono riempiti di video di questo impressionante blackout. E al principio si è pensato a un sabotaggio.
Nel frattempo, ci sono state scene di caos nelle città: traffico paralizzato per i semafori spenti, supermercati con lunghe code ai bancomat per l’impossibilità di pagare con le carte, diverse persone intrappolate in ascensori o nella metropolitana, fortunatamente tutte soccorse. A Lisbona si è interrotta persino la distribuzione d’acqua.
Fortunatamente le cinque centrali nucleari spagnole hanno staccato automaticamente la produzione di energia per motivi di sicurezza, senza però compromettere i processi interni grazie ai generatori di emergenza.
Comunque, la domanda principale resta: che è successo? Come è stato possibile?
Ieri, verso il tardo pomeriggio, ha iniziato a circolare una spiegazione che al momento sembra la più accreditata.
Leggo dal Corriere: “La causa immediata sarebbe una forte oscillazione del flusso di energia nella rete, ma non si capisce quale ne sia stato il motivo. Secondo l’operatore di rete portoghese Ren, citato dall’agenzia Reuters, la ragione sarebbe legata a un raro fenomeno atmosferico: a causa delle estreme variazioni di temperatura nell’interno della Spagna, si sono verificate oscillazioni anomale nelle linee ad altissima tensione, un fenomeno noto come «vibrazione atmosferica indotta».
Ora, che roba sarebbe questa «vibrazione atmosferica indotta»? Mi sono un po’ documentato e ho scoperto che è un fenomeno fisico che riguarda i cavi elettrici sospesi (come quelli dell’altissima tensione). Quelli che viaggiano da un traliccio all’altro sospesi in aria.
In pratica può succedere – anche se è molto raro – che questi inizino a vibrare molto velocemente, delle piccole vibrazioni ad altissima frequenza che, se persistono a lungo, possono provocare danni meccanici ai cavi (fessurazioni, rotture) o squilibri improvvisi nel flusso di energia sulla rete.
Queste vibrazioni costanti possono essere causate o da un vento leggero ma costante oppure, e questo sarebbe il caso della Spagna, da forti differenze di temperatura e pressione fra un estremo e l’altro dei cavi.
E se guardate il meteo di questi giorni in Spagna, è un meteo davvero estremo. A Siviglia si registrano circa 29 gradi, e a Burgos 2. 27 gradi di differenza, sono una roba grossa.
Insomma, ancora una volta il meteo estremo, frutto della crisi climatica, o perlomeno reso sempre più probabile dalla crisi climatica, mette lo zampino in in guasti, incidenti, problemi. Questo sempre per dire che noi – e per noi intendo anche e soprattutto i nostri governi – possiamo anche far finta che non esista e continuare col business as usual, ma poi comunque le conseguenze ce le becchiamo, e il business as usual comunque non lo potremo più fare. Per dire.
Al volo, ma per non perderci l’informazione. Ieri sono uscitre le date ufficiali del conclave che eleggerà il nuovo papa. Inizierà il 7 maggio. Intanto si stanno tenendo le congregazioni pre Conclave, delle riunioni interne alla Chiesa in cui si decidono gli aspetti pratici legati appunto al conclave, fra cui la data, e in cui si sta parlando molto del Caso Becciu, che vi riassumo rapidamente, visto che probabilmente ne avrete sentito parlare.
Si tratta del caso del cardinale Angelo Becciu, rimosso da Bergoglio per lo scandalo finanziario che lo ha coinvolto e che però ritiene di dover partecipare al Conclave. Giusto perché abbiate idea di che cos’è quando qualcuno nomina il caso Becciu, ecco.
Sempre ieri il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato unilateralmente un cessate il fuoco in Ucraina della durata di tre giorni: inizierà alla mezzanotte dell’8 maggio e finirà alle 23:59 del 10 maggio (rispetto al fuso orario di Mosca). Nelle ultime settimane gli Stati Uniti hanno criticato l’assenza di progressi nei negoziati di pace, e non è chiaro se l’annuncio sia un tentativo della Russia di mostrarsi disponibile a proseguire le trattative.
Mentre nel weekend è arrivato l’annuncio di un probabile accordo fra Ruanda e RDC per una tregua. Con il Ruanda che dovrebbe smettere di foraggiare e sostenere l’M23, il gruppo di milizie ribelli che stanno combattendo da mesi contro l’esercito governativo della RDC conquistando anche grossi centri. Sull’accordo però pesano gli interessi Usa, che avrebbero fatto un po’ da garante ma a patto di pottenere vantaggi nello sfruttamento delle risorse dei due paesi.
Oggi buona parte delle politiche di sostenibilità (che riguardino il cibo biologico, le emissioni di CO2, la produzione di energia verde) si basano su sistemi di certificazione. Che sono meglio di niente eh. Però hanno anche un sacco di limiti, che emergono pezzo pezzo, inchiesta dopo inchiesta.
L’ultima della serie riguarda il legno certificato. E ce ne parla Germana Carillo su GreenMe. In pratica una nuova indagine del consorzio World Forest ID ha rivelato che quasi la metà del legno di betulla certificato come sostenibile non proviene dal Paese indicato sull’etichetta. Dei 52 campioni analizzati, il 46% aveva dichiarazioni di origine false: prodotti venduti come provenienti da Ucraina, Polonia, Estonia o Lettonia risultano in realtà compatibili con legname coltivato in Russia o Bielorussia.
Un dato allarmante, considerando che dopo l’invasione dell’Ucraina, l’importazione di legno da Russia e Bielorussia è stata vietata in Europa e Regno Unito. Nonostante ciò, il legno continua a circolare, spesso attraverso triangolazioni via Paesi terzi come Kazakistan e Turchia, che hanno visto un’esplosione nelle esportazioni di compensato negli ultimi anni.
Il legno analizzato era quasi tutto certificato dai principali sistemi internazionali, FSC e PEFC, nati proprio per garantire la tracciabilità e la gestione sostenibile delle foreste. Le stesse organizzazioni hanno ammesso la necessità di migliorare i controlli, pur precisando che solo una parte dei campioni ricadeva sotto le loro certificazioni dirette.
Secondo l’ONG Earthsight, che aveva già denunciato traffici simili a inizio anno, in Europa sarebbero entrati oltre 1,5 miliardi di euro di legname illegale, proveniente da reti che alimentano direttamente gli interessi economici dell’esercito russo e degli oligarchi.
Insomma, questo scandalo solleva ancora una volta dubbi sull’effettiva affidabilità delle certificazioni di sostenibilità – nonché sulla capacità di far rispettare davvero le sanzioni economiche contro la Russia. Io credo che sia davvero difficile riuscire a fare cose sensate finchè non mettiamo il senso alla base delle nostre scelte.
Sapete perché i progetti che raccontiamo su ICC sono realmente di cambiamento, sono realmente ecologici. Perché sono fatti da persone che non fanno business as usual sforzandosi di rispettare o aggirare dei paletti normativi, ma perché trovano un senso profondo in quello che fanno. la sostenibilità non è un corollario, ma un sentire profondo. È ovvio che p una via più complessa da percorrere rispetto a quella di una certificazione. Ma forse è l’unica sensata.
Bevi che ti passa, bevi per dimenticare, non so quante volte davanti a qualche mio pippone sui cambiamenti climatici qualche amico mi ha consigliato di darmi al vino. Il problema è che il vino, mediamente, tanto sostenibile non è come coltivazione, e che la sua produzione contribuisce al cambiamento climatico, oltre a subirne molto gli effetti, per via dell’innalzamento delle fasce climatiche e del proliferare di nuovi patogeni per via del clima che cambia.
Comunque, questo lo sapevamo già. Una cosa che invece personalmente non sapevo, e che ho scoperto grazie a un interessante pezzo di Jacopo Cossater su Domani è che anche le bottiglie che si usano per imbottigliare il vino sono un esempio di spreco energetico e di materiali, e che basterebbe davvero poco per renderle più sostenibili.
Il messaggio principale dell’articolo è semplice: una delle strade più semplici ed efficaci per ridurre l’impatto ambientale della produzione di vino è alleggerire le bottiglie. Un cambiamento apparentemente piccolo, ma che incide in modo significativo: fino al 60% delle emissioni climalteranti di una bottiglia di vino dipendono dal suo peso e dal trasporto.
Il vetro resterà probabilmente il materiale principale per l’imbottigliamento del vino anche nei prossimi decenni, per questione di conservazione del prodotto e anche se volete un po’ di tradizione. Per questo tante aziende, soprattutto all’estero, si stanno muovendo per ridurre il peso delle bottiglie, pur mantenendo intatta la qualità e la conservazione del prodotto. Anche in Italia non mancano gli esempi virtuosi: Cantine Barbera in Sicilia ha iniziato già dal 2012 a diminuire progressivamente il peso dei propri contenitori.
Leggo: “Già nel 2016 Marilena Barbera della siciliana Cantine Barbera scriveva: «Dal mio punto di vista, il vetro è certamente il materiale migliore per conservare il vino: è inerte, ossia non interferisce con la composizione chimica né fisica del vino nemmeno nel lungo periodo, può essere facilmente sterilizzato, è riutilizzabile e riciclabile praticamente all’infinito. Ridurne però il peso, e di conseguenza le emissioni nell’ambiente, è un imperativo categorico».
E ancora: «Nel 2012 abbiamo iniziato a ridurre il peso delle bottiglie della “Linea classica” da 600 a 450 grammi, e nel 2016 lo abbiamo ulteriormente ridotto, passando da 450 a 360 grammi. Quasi contemporaneamente, abbiamo iniziato ad imbottigliare anche i vini della “Linea Cru” in contenitori più leggeri, passando da una bordolese da 750 grammi ad una di 600. Oggi, per i cru che continuano ad utilizzare questo formato, il peso della bottiglia è di 480 grammi»”.
Pensate che in alcune regioni del mondo, come l’Ontario in Canada, sono stati persino introdotti limiti normativi: dal 2013, nessuna bottiglia sotto i 15 dollari può superare i 420 grammi di peso.
Eppure in Italia, molte aziende, anche certificate bio o sostenibili, continuano a utilizzare bottiglie pesanti per i loro vini di punta. Una contraddizione che è stata denunciata di recente anche da Terry Theise, scrittore e importatore americano, che propone una misura drastica: togliere la certificazione di sostenibilità a chi usa bottiglie troppo pesanti, considerandole un vero insulto all’idea stessa di prodotto biologico o rispettoso dell’ambiente.
Il tema si lega direttamente anche alla questione degli imballaggi: molte aziende “green” spediscono ancora le loro bottiglie in polistirolo, uno dei materiali più inquinanti, mentre esistono alternative più sostenibili, come il cartone.
Se volete approfondire la questione trovate l’articolo per intero fra le fonti di questa rassegna. Io mi limito a ricordare un aspetto centrale che l’articolo non tocca: che comunque, per quanto si possa ridurre il peso delle bottiglie, il futuro delle bevande passa anche, soprattutto, attraverso le soluzioni di riuso, che sono in via di sperimentazione in varie parti del mondo.
Oggi esce la prima puntata di CCC – Cerco Casa e Comunità, il nuovo podcast realizzato insieme a Natalia Ardoino e Lucio Massardo di MeWe Abitare Collaborativo. In questa serie esploriamo il tema dell’abitare condiviso, raccontando esperienze e strumenti per costruire comunità abitative più solidali e sostenibili.
In questa prima puntata parliamo di coabitare: facciamo un po’ di chiarezza sulle definizioni e iniziamo a capire cosa significa davvero vivere insieme, condividendo spazi e progetti di vita.
Adesso vi faccio ascoltare un breve estratto.
Contributo disponibile nel video/podcast
Segnala una notizia
Segnalaci una notizia interessante per Io non mi rassegno.
Valuteremo il suo inserimento all'interno di un prossimo episodio.
Commenta l'articolo
Per commentare gli articoli registrati a Italia che Cambia oppure accedi
RegistratiSei già registrato?
Accedi