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1 Giugno 2022
Podcast / Io non mi rassegno

Il blocco del petrolio russo e l’assedio di Severodonetsk – #533

Il consiglio europeo ha infine deciso per il blocco del petrolio russo, ma solo al 90%. Una percentuale che però ha una spiegazione molto specifica. Intanto l’esercito russo potrebbe essere vicino alla presa di Severodonetsk. Parliamo anche del Canada che potrebbe vietare l’acquisto delle armi e della fine del lockdown duro a Shanghai.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
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Questo episodio é disponibile anche su Youtube

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IL BLOCCO DEL PETROLIO RUSSO

Ieri in piena notte il Consiglio europeo ha trovato l’accordo per l’embargo al petrolio russo, più o meno. I leader dei paesi membri hanno stabilito che entro pochi mesi, probabilmente da gennaio prossimo, verranno bloccati almeno i due terzi del petrolio di Putin e poi la percentuale crescerà fino al 90 per cento. 

Il motivo di questa percentuale, al posto di un blocco totale, è specifico e riguarda le richieste di Repubblica Ceca e – soprattutto – Ungheria. Spiega la Repubblica che in questa “ultima versione del sesto pacchetto molte delle richieste dell’ungherese Orbán vengono accolte, cosa che ha spinto il governo ungherese a ritirare il veto che aveva posto sulla misura. L’Ungheria infatti dipende per almeno due terzi dal petrolio russo. 

L’Ue bloccherà il greggio trasportato via nave, che è per l’appunto il 90% di quello importato, mentre non bloccherà quello che scorre nell’oleodotto Druzhba, che rappresenta il restante 10%. Quest’ultimo, serve il 65 per cento del fabbisogno ungherese. Nello stesso tempo Germania e Polonia si impegnano a non usufruire dell’oleodotto russo che termina proprio in territorio tedesco, dato che sarebbe un vantaggio competitivo consistente in caso contrario.

“Lo scopo di questa misura – ha detto Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza – è che i russi ottengano meno risorse finanziarie per alimentare la macchina da guerra. E questo accadrà sicuramente”.

LA (QUASI) PRESA DI SEVERODONETSK

L’altra novità principale è che lunedì l’esercito russo è infine entrato a Severodonetsk, l’ultimo grosso centro nella regione orientale di Luhansk, nel Donbass, ancora nelle mani dell’esercito ucraino. 

Secondo quanto affermato dal sindaco della città e riportato dal Post le truppe russe in città hanno interrotto i rifornimenti di energia elettrica e le comunicazioni con l’esterno. In città, secondo il sindaco, ci sono ancora 12–13mila civili (considerate che ne contava più di centomila) e c’è il rischio che la battaglia per Severodonetsk si trasformi in un altro terribile assedio simile a quello avvenuto a Mariupol nei mesi scorsi.

Secondo gli analisti conquistare Severodonetsk per l’esercito russo avrebbe un valore notevole: occuparla significherebbe di fatto aver completato la conquista della regione e aver ottenuto una vittoria di cui in questo momento i russi hanno molto bisogno, sia per il morale dell’esercito sia per ragioni strategiche. Come ha scritto il Wall Street Journal, occupare Severodonetsk consentirebbe infatti all’esercito russo di liberare forze da dedicare all’assalto delle più grosse città ucraine nella regione di Donetsk, come Kramatorsk e Slovyansk, e completare così la conquista di tutta la parte est dell’Ucraina.

UCRAINA: PICCOLA RIFLESSIONE A MARGINE

Prima di abbandonare il tema del conflitto vi condivido una piccola riflessione a margine. Lunedì, assieme alle colleghe Daniela Bartolini e Selena Meli abbiamo intervistato una giornalista ucraina molto conosciuta che si chiama Olga Tokariuk. A breve pubblicheremo la video intervista su Italia che Cambia, ma intanto vi voglio condividere qui una sensazione che ha fatto fatica ad abbandonarmi per tutto il giorno.

Olga vive in Ucraina e racconta il conflitto tutti i giorni, ovviamente con gli occhi di una giornalista ucraina. Abbiamo parlato soprattutto di informazione e disinformazione in Italia. E mi ha colpito il dolore che provava nell’ascoltare l’enorme quantità di disinformazione di matrice russa che arriva qua da noi e come nei talk show si dia voce quotidianamente a persone che non sono mai state in Ucraina né in Russia, che non conoscono i paesi né le culture in questione. 

Lei, come sentirete poi nell’intervista, ha delle posizioni molto nette, dice che non ha senso per l’Ucraina fare compromessi, che l’Ucraina deve vincere la guerra, che servono tutte le armi possibili, perché i territori che sono finiti o stanno finendo sotto il controllo russo diventano teatro di atrocità assurde, torture, uccisioni, rimozione della cultura ucraina e indottrinamento forzato e perché Putin comunque non si fermerà.

Ora al di là che la si possa legittimamente pensare diversamente, però quel dolore mi ha colpito. Mi ha restituito un livello umano e drammatico del conflitto che spesso – in me per primo – viene soffocato da considerazioni geopolitiche. Che ci stanno, sono legittime, anzi fondamentali. Però penso che dovrebbero essere accompagnate da un profondo rispetto e una profonda empatia per quel dolore. Perché quello che molte persone stanno subendo in Ucraina è atroce, al di là di ogni considerazione geopolitica.

IL CANADA VIETA ARMI DA FUOCO?

Va bene passiamo a una forse buona notizia che arriva dal Canada. Lunedì il governo del Canada ha presentato una nuova proposta di legge che se approvata dal Parlamento vieterà la compravendita di tutti i tipi di armi da fuoco nel paese. 

Già dal 2020 in Canada sono vietati la vendita, il trasporto, l’importazione e l’uso di 1.500 modelli di armi da fuoco d’assalto: con la nuova legge gran parte di queste restrizioni saranno estese anche alle armi a canna corta. Non sarà vietato il possesso di armi per chi già le possiede, ma sarà illegale comprarne di nuove e il numero di persone proprietarie di armi sarà dunque limitato a quello attuale. E tenderà a scendere nel tempo, visto che i possessori di armi tendono a uccidersi. 

Ok, scusate il black humor, forse era fuori luogo ma non ho resistito.

LA FINE DEL LOCKDOWN A SHANGHAI

Va bene, ultima notizia del giorno, sembra che stia finalmente terminando il terribile lockdown di Shanghai. Scrive sempre il Post che le autorità locali di Shanghai hanno annunciato che a partire da mercoledì 1° giugno sarà consentita la riapertura di una parte consistente delle attività commerciali e che sarà eliminato il grosso delle limitazioni al movimento delle persone, ponendo così fine al duro e lunghissimo lockdown che ha bloccato per oltre due mesi la più grande città della Cina dopo un aumento dei casi di coronavirus.

La gestione della pandemia in Cina ha suscitato diverse critiche, perché pur di mantenere la politica zero covid sono state adottate misure incredibili, tipo rinchiudere fisicamente le persone all’interno dei palazzi con dei recinti, a fronte di un numero di casi comunque piuttosto limitato.  

Comunque già da ieri, hanno scritto i corrispondenti di vari media, in città hanno cominciato a essere rimosse le barriere che bloccavano le strade e che recintavano i complessi residenziali per impedire alle persone di uscire: a partire da oggi, la vita a Shanghai dovrebbe ritornare in buona parte alla normalità, anche se rimarrà qualche notevole restrizione.

FONTI E ARTICOLI

#guerra
la Repubblica – Petrolio, la Ue trova l’accordo. Stop al 90% del greggio russo
Internazionale – Perché Odessa è importante sia per l’Ucraina sia per la Russia
Internazionale – Il mondo del Cremlino è fermo all’epoca sovietica
il Post – La storia della visita di Salvini a Mosca è ormai una farsa

#Canada #armi
il Post – Il Canada vuole vietare la vendita di tutte le armi da fuoco

#Shanghai
il Post – Il durissimo lockdown di Shanghai sta finendo

#Irlanda
il Post – La complicata questione degli omicidi irrisolti in Irlanda del Nord

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