Gli italiani deportati a Guantanamo e il paradosso della xenofobia – 12/6/2025
Italiani a rischio deportazione a Guantanamo, primo suicidio assistito legale in Toscana e rinascita sorprendente delle biblioteche in Cina.

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Fonti
#Guantanamo
Domani – Washington Post: «Tra i 9mila migranti a Guantanamo anche italiani». Tajani: «Non ci andranno, non c’è da allarmarsi»
#suicidio assistito
il Post – C’è stato il primo suicidio assistito in Italia regolato da una legge regionale
#biblioteche #Cina
Avvenire – Il miracolo cinese delle biblioteche che riprendono vita
Trascrizione episodio
“Sarebbero circa 9mila i cittadini stranieri presenti negli Stati Uniti che l’amministrazione di Donald Trump vuole trasferire a Guantanamo, il centro di detenzione di massima sicurezza a Cuba. La notizia era stata data da Politico”. Siamo su Domani, e questa notizia ieri ha fatto il giro del mondo e soprattutto in Italia è circolata tantissimo. Il motivo centrale per cui è circolata però è un altro, e arriva nel secondo paragrafo dell’articolo:
“Ora il Washington Post, in base a quanto riferito da funzionari a conoscenza della questione, ha rivelato che tra le migliaia di persone di origine straniera che verranno trasferite a partire da questa settimana ci sarebbero cittadini di paesi alleati, tra cui l’Italia.”
«I cittadini stranieri presi in considerazione provengono da diversi paesi – scrive il quotidiano – tra questi, centinaia provengono da nazioni europee amiche, tra cui Gran Bretagna, Italia, Francia, Germania, Irlanda, Belgio, Paesi Bassi, Lituania, Polonia, Turchia e Ucraina, ma anche da altre parti del mondo, tra cui molti provenienti da Haiti». I funzionari hanno condiviso i piani con il Washington Post, inclusi alcuni documenti, «a condizione di mantenere l’anonimato, poiché la questione è considerata estremamente delicata», si legge.
Il Washington Post riporta poi che tra le attività preparatorie c’è lo screening medico delle 9mila persone, per valutare se le condizioni di salute sono compatibili con la detenzione nella prigione tristemente nota per violazioni dei diritti di chi è stato recluso dopo l’11 settembre 2001. Per il quotidiano non è chiaro se le strutture possono ospitare una cifra così alta di detenuti, ma secondo un documento visionato la «Gtmo», l’acronimo governativo usato per la Guantanamo Bay Naval Base, «non ha raggiunto la sua capienza massima». L’obiettivo del piano, secondo i funzionari dell’amministrazione Usa, sarebbe quello di liberare spazio nei centri di detenzione negli Stati Uniti.
La possibile deportazione dei cittadini europei ha agitato le diplomazie. «Il messaggio è di scioccare e inorridire le persone, di sconvolgerle», ha riferito a Politico un funzionario del Dipartimento di Stato a conoscenza della situazione, «ma noi siamo alleati».
Più avanti l’articolo riporta alcune reazioni, in Italia, e in particolare quella del nostro Ministro degli Esteri. “Non c’è alcuna possibilità che gli italiani irregolari negli Stati Uniti «siano trasferiti a Guantanamo, non c’è da allarmarsi», ha detto il ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani, in un’intervista a Rtl, precisando che «l’Italia è disposta a riprendere gli irregolari nel pieno rispetto dei loro diritti».
«Le prime informazioni che vengono dal Dipartimento per la Sicurezza nazionale ci dicono che Guantanamo verrebbe utilizzata per i clandestini di Stati che non accettano i rimpatri», ha affermato Tajani, mentre l’Italia «ha già detto all’amministrazione Usa tempo fa che era disposta a riprendere gli irregolari nel pieno rispetto dei loro diritti individuali».
Tutto questo avviene mentre negli Usa le proteste si stanno trasformando in una sorta di guerriglia urbana. Al centro di queste proteste ci sono i raid anti immigrazione condotti in maniera piuttosto violenta e indiscriminata da parte dell’agenzia federale che gestisce l’Immigrazione, la cosiddetta ICE.
Per farvi capire di che cosa si tratta, prendo qualche dichiarazione della sindaca di los Angele in un’intervista a Repubblica. La sindaca, Karen Bass, sostienme sostanzialmente che la città viene usata da Trump «come esperimento per vedere fino a dove può spingersi nel violare la legge. Se sfonda qui, potrà farlo in tutto il paese». E racconta storie agghiaccianti di queste retate dell’ICE, in cui ad esempio lei stessa ha visto con i propri occhi, alla scuola di suo figlio (quindi nelle vesti di cittadina più che di sindaca) «Una figlia che si vede il padre portato via in manette e da allora non ha più saputo nulla, con la famiglia che non riesce «neanche a comunicare con gli avvocati». E molte persone che vengono arrestate senza nemmeno essere illegali», ma vengono catturate «mentre vanno negli uffici dell’Ice a completare le pratiche burocratiche per il permesso». In questo modo gli altri sono spinti a non andare a rinnovare i documenti, «diventando illegali e deportabili».
Questa cosa sta generando sia proteste gigantesche sparse per gli Usa. A New York diverse migliaia di persone hanno marciato per le strade, chiedendo all’Ice (l’agenzia federale, responsabile dei raid anti migranti) di restare fuori dalla città. A Los Angeles la tensione continua a essere alta, dopo la decisione del presidente Donald Trump di schierare le truppe della Guardia Nazionale e 700 marines, contro il parere delle autorità californiane.
Ma sta generando anche uno scontro istituzionale sempre più ampio fra Trump e alcuni governatori, in particolare il governatore della California, il democratico Gavin Newsom, con Trump che ha inviato 2000 agenti del governo centrale senza il consenso per fermare le rivolte. Newsom ha commentato dicendo: la democrazia è «sotto attacco davanti ai nostri occhi», Donald Trump sta «devastando il progetto storico dei nostri padri fondatori». E ancora “Il presidente «sta organizzando una retata militare in tutta Los Angeles» e “La California potrebbe essere la prima, ma chiaramente non finirà qui. Altri Stati saranno i prossimi».
Ecco, questa è la situazione. Però voglio tornare un attimo all’inizio della notizia. Al fatto che ci siano persone italiane fra i 9000 immigrati illegali che secondo il governo verranno deportati a Guantanamo. E le parole di Tajani che dice, “ma come, noi siamo alleati”! Questa cosa non va bene. E allo scalpore che questa notizia sta generanfdo. Ma come, degli italiani deportati a Guantanamo? Questa cosa è inaccettabile!
Una reazione comprensibile, che però ha un sottotesto, un non detto, un sottinteso un po’ problematico. Ovvero che finché non c’erano italiani, o europei in generale, allora sì, questa cosa era accettabile.
Mettiamo da parte il fatto che alla fine ci vadano davvero o no gli italiani a Guantanamo. Ma lo vedete anche voi il cortocircuito? Perché è esattamente questo il paradosso del sovranismo e delle xenofobie. Che siamo tutti buoni a essere xenofobi, finché poi non finiamo noi stessi vittima della xenofobia altrui. E a quel punto la cosa non ci torna più!
Non so se ricordate il famoso sermone del pastore Martin Niemöller che parlava del nazismo, quello in cui dice prima vennero a prendere gli zingari, poi gli ebrei, poi i comunisti e io stetti sempre zitto, e alla fine quando vennero a prendere me non c’era rimasto più nessuno a protestare. È una roba del genere, che si basa sulla convinzione che noi non ci troveremo mai in quella situazione, che non saremo mai noi quelli subalterni, quelli deportati, quelli discriminati. Finché poi a un certo punto, succede.
In Toscana c’è stato il primo caso di suicidio assitito. Racconta il Post che “Un uomo di 64 anni affetto dal morbo di Parkinson in stadio avanzato è morto ricorrendo alla pratica del suicidio assistito, regolato dalla prima legge regionale italiana su questo tema (una legge nazionale non è mai stata approvata)”.
La morte di Pieroni in realtà risale al 17 maggio scorso, ma è stata resa nota solo ieri dall’Associazione Luca Coscioni, quella di Marco Cappato, la principale organizzazione che si occupa di fine vita in Italia. Ed è stata resa possibile dalla legge regionale Toscana.
La situazione del suicidio assistito, o morte assistita, infatti è abbastanza complicata in Italia. Tecnicamente è legale dal 2019 grazie a una sentenza della Corte costituzionale, che stabilisce le condizioni a cui si può ricorrere al suicidio assistito. Che sono 4: chi fa richiesta di accesso alla morte assistita deve saper prendere decisioni libere e consapevoli, essere affetto o affetta da una patologia irreversibile, patologia che deve essere fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, e infine deve essere tenuto o tenuta in vita da «trattamenti di sostegno vitale».
Il fatto però è che dopo la sentenza della Corte – ormai 6 anni fa – non è arrivata nessuna legge nazionale che regolasse le modalità con cui si può accedere alla pratica. E alcune regioni hanno iniziato a muoversi autonomamente. Lo scorso febbraio la Toscana aveva approvato una legge per farlo. Legge contro cui fra l’altro il governo Meloni ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale, ma in attesa che si esprima rimane valida.
La condizione di Pieroni rispettava tutte e 4 le caratteristiche richieste, perché l’uomo era affetto da morbo di Parkinson e doivedva stare attaccato a un macchinario 21 ore al giorno per essere alimentato e restare in vita, e aveva chiesto di ricorrere alla morte assistita alla propria azienda sanitaria di riferimento ad agosto del 2023, quando ancora in Toscana non era stata approvata la legge regionale. Come in vari altri casi, data l’assenza di una legge che stabilisse tempi e requisiti di accesso alla pratica, la sua richiesta è rimasta in stallo per molto tempo, circa un anno e mezzo.
La situazione si è sbloccata proprio con l’approvazione della legge, l’11 febbraio: sul suo caso sono state fatte le verifiche necessarie e previste dalla legge, e poco più di due mesi dopo, il 22 aprile del 2025, Pieroni ha ricevuto l’autorizzazione.
Pieroni ha scelto di morire a casa propria (si può scegliere di ricorrere alla morte assistita sia in una struttura sanitaria che a casa), circondato da alcuni familiari, il suo fiduciario, due mediche e un medico dell’azienda sanitaria di riferimento, e Felicetta Maltese, attivista toscana dell’associazione Luca Coscioni attualmente al centro di un procedimento legale per un atto di disobbedienza civile, sempre per chiedere più libertà di scelta sul fine vita. Pieroni ha attivato il dispositivo con cui si è somministrato il farmaco letale alle 16:47, ed è morto tre minuti dopo.
Non so se questo caso sbloccherà qualcosa su una questione che a me sembra di grande civiltà, ovvero poter fare in maniera libera e consapevole la scelta forse più importante e dolorosa che alcune persone si trovano a fare. Scegliere come morire.
Il governo è contrario alla legge della Toscana perché sostiene che su questa questione sia lo Stato a dover decidere. Solo che poi non decide.
L’altroieri Meloni e alcuni suoi alleati di governo si sono riuniti con l’obiettivo di discutere la possibilità di presentare una proposta di legge sul fine vita. Ma dal poco che trapela – e lo ha fatto trapelare Antonio Tajani – la legge valorizzerà soprattutto i percorsi di cure palliative: ovvvero quelli che hanno l’obiettivo di migliorare il più possibile la qualità della vita fino al momento in cui si muore, e vengono spesso contrapposte come alternativa preferibile al suicidio assistito da chi è contrario a questa pratica. Staremo a vedere.
“Quante volte si è intonato il lamento per la morte del libro, agonizzante di fronte all’avanzata trionfante di forme alternative (e agguerrite) di intrattenimento? Tantissime, fin troppe. Eppure, nonostante le profezie nefaste che lo accompagnano da tempo, il libro resiste. E a volte, inaspettatamente, trova modi (e luoghi) per risorgere. E non parliamo delle fiere – sorta di “non luoghi” volatili che, per la loro stessa natura, evaporano dopo l’happening, non lasciando tracce durature. Ma delle biblioteche.
A parlare, anzi a scrivere è Luca Miele su Avvenire, che poi presenta il quadro delle biblioteche in Italia, un quadro abbastanza desolante stando almeno ai dati Istat, secondo cui solo il 10% della popolazione italiana si è recata almeno una volta in biblioteca nel 2022 e un terzo dei Comuni italiani «non ha proprio alcuna biblioteca».
L’articolo però prosegue con un improvviso cambio di tono: “Adesso immaginate uno scenario completamente diverso: biblioteche aperte 24 su 24, «spazi nei quali apprendimento, svago e comunità» si fondono, magicamente. Fantascienza? No, è quanto sta accadendo in Cina. Nel gigante asiatico è in atto una vera riscossa delle biblioteche. Come scrive l’agenzia Xinhua, le biblioteche cinesi non sono più percepite come dei «santuari silenziosi» e – aggiunge il Global Times – si presentano sempre più come «oasi ben illuminate che offrono un rifugio per studenti, professionisti e per chiunque abbia bisogno di un posto tranquillo dove leggere o studiare».
Un esempio di riscatto? Nella provincia dello Shanxi, nel giro di un anno, il numero di visitatori è aumentato del 70,5%: 3.500 eventi di lettura hanno richiamato e mobilitato oltre tre milioni di partecipanti. Un assalto. Per soddisfare le richieste, la biblioteca ha ampliato i posti a sedere del 43,6%, aggiungendo 2.034 posti. Non si tratta di un exploit solitario. La Cina ospita 3.246 biblioteche pubbliche nelle quali hanno casa 1,44 miliardi di libri. Le visite totali sono aumentate del 46,9%, raggiungendo il picco (stratosferico) di 1,1 miliardi.
La ricetta è osare. A Shanghai, la Shanghai Book City attira folle di visitatori non solo per i libri, ma anche per incontri con autori, mostre fotografiche e concerti. «Ogni nuova attività qui si ricollega ai libri, ma in modi che si adattano allo stile di vita urbano moderno», ha affermato Zhao Feng, vicedirettore generale di Shanghai Xinhua Media. Non poteva mancare lo zampino dell’intelligenza artificiale. La biblioteca della città di Hefei, nella provincia di Anhui, nella Cina orientale, «utilizza un bibliotecario dotato di intelligenza artificiale, basato sul modello linguistico di DeepSeek, per consigliare libri tramite i social media».
I numeri testimoniano l’affezione dei cinesi per la lettura. Nel 2023 l’adulto medio ha letto 4,75 libri cartacei e 3,40 e-book. Il Paese, forte di una popolazione di 1,4 miliardi di persone, pubblica più libri di qualsiasi altro al mondo, sfornando oltre 444.000 opere all’anno. Il numero totale di titoli attivi ha raggiunto i 2,37 milioni, con un aumento dell’1,55%. Nel 2023, la valutazione del mercato librario ha raggiunto i 91,2 miliardi di yuan (12,6 miliardi di dollari).
«Le biblioteche oggi sono sinonimo di condivisione aperta, intelligente e inclusiva – ha affermato Chen Chao, direttore della biblioteca di Shanghai –. Sono luoghi in cui le persone trascorrono felicemente intere giornate». L’obiettivo (dichiarato) è «che il profumo delle pagine permei la vita di tutti i giorni». Il destino del libro sembra tutt’altro che spacciato.
Insomma, le biblioteche potenzialmente non muoiono mai. Bisogna solo trovare la chiave giusta per farle risorgere e rifiorire.
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