21 Gen 2022

Il mondo nella trappola del debito – #450

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La pandemia aumenta esponenzialmente le diseguaglianze. Sia fra paesi, con quelli più poveri che iniziano ad essere soffocati dalla cosiddetta “trappola del debito”, sia fra le persone, con le dieci più ricche del mondo che hanno raddoppiato i loro averi negli ultimi due anni, mentre 163 milioni finiscono in povertà a causa della pandemia. Queste enormi differenze presenti nel sistema non sono solo un problema di giustizia sociale: rischiano di diventare un enorme freno anche per la transizione ecologica.

Il picco del debito?

Uno degli effetti ancora meno discussi della pandemia è quello sull’aumento delle disuguaglianze. Sappiamo ormai da tempo che la mano invisibile del mercato solo nella teoria livella le differenze, nella pratica tende ad accentuarle. Questo è ancora più vero durante una crisi, quando le persone, le aziende, gli stati più ricchi, proprio facendosi forti di un vantaggio iniziale, tendono a consolidare la loro posizione e ad aumentare il divario rispetto ai più poveri.

Questa dinamica, per via del Covid e della sua gestione, la stiamo vedendo succedere su tanti livelli, al punto che inizia a preoccupare diversi analisti. Osserviamola, partendo come sempre da alcuni articoli. 

Iniziamo con il debito pubblico. Recentemente la Banca mondiale ha espresso preoccupazione per la crescita esponenziale del debito dei paesi poveri. Il presidente della Banca Mondiale, David Malpass ha annunciato che il debito delle 70 economie più povere ha fatto registrare un aumento record del 12%, pari a 860 miliardi di dollari nel 2020. Aumento che sembra essere proseguito anche nel 2021. E il dato potrebbe essere ancora maggiore, visto che spiega il Sole 24 ore, i paesi cosiddetti a basso reddito spesso non trasmettono i propri dati correttamente ai database mondiali. 

Questa differenza fra paesi si vede anche nel reddito pro capite. Il leader della Banca Mondiale ha anche aggiunto che nei paesi dalle economie più grandi il reddito pro capite nel 2021 è aumentare del 5% rispetto a un misero 0,5% di quelli poveri. 

Per fare un esempio specifico, è notizia di questi giorni che lo Sri Lanka sarebbe soffocato dal debito a prevalenza cinese. Le banche cinesi da anni prestano soldi alle economie cosiddette “in via di sviluppo” (termine piuttosto insensato, ma è per intenderci), in particolare in Africa, anche se ultimamente la tendenza sembrerebbe essersi invertita, ma anche in Asia. Quello che succede in genere è che parte di quei prestiti, quando diventano insostenibili, vengono ripagati non monetariamente ma con “cose”. O in altri casi con diritti: tagli alla spesa pubblica, welfare, pensioni o così via. Porti, infrastrutture, terre. Adesso la crisi sta facendo precipitare ulteriormente la situazione. 

Spiega Formiche.net che lo Sri Lanka nel corso degli anni ha accumulato verso Pechino e le sue banche obbligazioni per oltre 8 miliardi di dollari. Tanti per un paese così piccolo. Nelle settimane scorse il governo già alle prese con una crisi finanziaria acuita dalla pandemia, ha chiesto ufficialmente la ristrutturazione, ottenendo per tutta risposta un secco no. Di conseguenza, se lo Sri Lanka non dovesse garantire i rimborsi nei prossimi mesi, le Banche cinesi potrebbero passare ad accaparrare cose. Patrimonio pubblico dello stato che passerà nelle mani delle banche. Anche se in questo caso lo Sri Lanka potrebbe essersi salvato in corner per l’intervento delle banche indiane, che si sono offerte di prestare dei soldi al paese e di ristrutturare il debito, per fare un dispetto a Pechino. Ma il problema di fondo rimane invariato. 

Questo meccanismo, attenzione, avviene praticamente da sempre eh. Non è che lo ha inventato la cina o che le banche cinesi siano particolarmente aggressive. È quello che viene definito classicamente “trappola del debito”, ed è un problema intrinseco a come funziona il nostro sistema finanziario. Nel nostro sistema il denaro viene emesso assieme a una percentuale di interesse in virtù della quale il denaro presente nel sistema è sempre minore rispetto a quello che deve essere restituito.  

Questo meccanismo di fondo fa sì che ci sia sempre qualcuno che deve perdere per consentire agli altri di stare in piedi. E di norma sono le economie più fragili, per prime, seguite da quelle un po’ meno fragili, e poi da quelle ancora un po’ meno. Che vanno avanti a suon di privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, e così via. Non esiste un punto di equilibrio finale. Esiste invece un punto in cui l’intero sistema scricchiola così pesantemente per cui, prima che collassi tutto (cosa che non converrebbe a nessuno, nemmeno ai creditori), i debiti vengono generalmente ridiscussi. 

Ecco molti paesi potrebbero essere già a quel livello lì, in cui non è rimasto più niente da dare in pasto ai creditori, sono finiti gli asset, si è raggiunta la capacità massima di indebitamento e si rischia il default. Mentre molti altri, potrebbero essere semplicemente un gradino più sotto, e semplicemente perché hanno economie più grandi e quindi più “cose” da cedere. Consideriamo anche che questi due anni di pandemia sono stati caratterizzati da enormi emissioni di credito, pensate ai fondi europei del recovery fund, o a quelli emessi dalla Fed. Soldi che in gran parte confluiranno in nuovi debiti. Che aumenteranno ancora gli interessi pagati da paesi tipo l’Italia, la Spagna, la Francia. Insomma, nessuno può considerarsi al riparo.

Come vi dicevo all’inizio, questa tendenza alla concentrazione delle ricchezze accentuata dalla crisi non si registra solo sulla scala delle nazioni, ma su tante scale diverse. Il nuovo rapporto di Oxfam raccontato da Valori, ad esempio, mostra che nei primi due anni di crisi provocata dal coronavirus i dieci uomini più ricchi del Pianeta hanno raddoppiato i loro patrimoni, che sono passati complessivamente da 700 a 1.500 miliardi di dollari, crescendo di 1,3 miliardi di dollari al giorno. Ehi, Sri Lanka, abbiamo trovato i soldi!

Al contempo, prosegue l’associazione, «si stima che 163 milioni di persone siano cadute in povertà a causa della pandemia». Le dieci persone più ricche possiedono se volte tanti soldi dei 3 miliardi di persone più povere. 

Anche qui, vi prego di guardare la trave e non la pagliuzza. Il punto non è tanto odiare profondamente le dieci persone più ricche della terra. Perché, al di là che siano simpatiche o antipatiche, fortunate (che poi, parliamone, personalmente non vorrei mai essere una delle persone più ricche della terra, penso che fai una vita abbastanza orribile), il punto è: a) se anche le mandassimo su Marte (e non è detta a caso ovviamente), ci sarebbero altre che prenderebbero il loro posto, b) che diamine di sistema abbiamo creato per permettere disuguaglianze di questo tipo? E soprattutto, come facciamo a cambiarlo?

Ora tutte queste faccende, dal debito pubblico alla povertà e la disuguaglianza privata, non sono solo una questione di giustizia sociale. Sono un problema molto grosso per tutto il sistema, ricchi compresi. Prendiamo il tema della transizione ecologica. Come possiamo chiedere a tante persone del mondo che vivono nei paesi più poveri (che ad esempio spesso hanno enormi problemi di inquinamento) di fare scelte consapevoli, e di comprendere la gravità dei problemi ambientali, se lottano quotidianamente per la sopravvivenza?

E come possiamo chiedere agli stati di aiutare queste persone, nonché di finanziare la transizione ecologica attraverso la spesa pubblica, di investire in rinnovabili, di chiudere le aziende inquinanti e aiutare le persone a non restare senza lavoro se sono soffocati dalla trappola del debito?

Leggevo in questi giorni varie dichiarazioni di parecchi leader sui cambiamenti climatici. Macron ha inaugurato la presidenza francese del semestre europeo con un discorso in cui ha definito il clima la sfida principale. Scholz, neo cancelliere tedesco, ha detto all’incirca la stessa cosa riferendosi al G7. Ormai l’importanza della lotta ai cambiamenti climatici è sdoganata, al punto che un sondaggio  riportato dall’Ansa mostra che per gli italiani il clima è la maggiore preoccupazione, più dell’occupazione! È un bellissimo segnale, in una repubblica fondata sul lavoro! 

Solo Cingolani sembra non esserne particolarmente preoccupato, visto che ha da poco dichiarato che per intervenire sul caro bollette vuole tagliare i finanziamenti alle rinnovabili e estrarre più gas. Ma vabbè, sto deviando il discorso solo per fare una frecciatina gratuita a Cingolani, che saluto.

Il punto è che tutte queste sono bellissime notizie, il fatto che ci sia molta più consapevolezza. Adesso è necessario fare il passaggio complessivo, ovvero che non si interviene sul clima facendo una legge sul clima, ma cambiando molti dei meccanismi di fonde di questo sistema che sono all’origine del problema. È complicato? Sì, terribilmente, al punto che capisco anche chi cerca false soluzioni. Ma non c’è tanto altro da fare.

Fonti e articoli:

#debito
Asia News – Rajapaksa chiede a Pechino di ristrutturare il debito. L’occhio vigile dell’India
Fanpage – A causa del Covid il debito dei paesi poveri aumenta a livelli record
Formiche – Sri Lanka e India dicono no al debito (cattivo) cinese
Il Sole 24 Ore – Il mistero del debito nascosto dei paesi a basso reddito

#disuguaglianze
Valori – I patrimoni delle 10 persone più ricche del mondo sono raddoppiati

#clima
Rinnovabili.it – Clima, Macron vuole un’UE ad alta “sovranità ecologica”
Ansa – Clima: per italiani priorità nel 2021, più dell’occupazione
Ansa – Scholz, il G7 diventi leader nella protezione del clima
GreenReport – Le proposte di Cingolani contro il caro bollette «sconcertano» il mondo delle rinnovabili
L’Indipendente – L’Indonesia sposta la sua capitale: Giacarta sta letteralmente affondando

#biodiversità
Rinnovabili.it – 50 scienziati bocciano l’accordo globale sulla biodiversità discusso alla COP15
L’Indipendente – Uno studio prevede la scomparsa di 1500 lingue entro la fine del secolo

#antibiotici
euronews – Resistenza agli antibiotici, The Lancet lancia l’allarme

#Tonga
GreenMe – Da Tonga arrivano pochissime notizie, le immagini del prima e dopo sono impressionanti

#petrolio #indicenti
GreenReport – Grande esplosione sul principale oleodotto Iraq-Turchia. Bloccato il flusso di petrolio verso l’Europa

#Tech
euronews – Cos’è il Digital Services Act e come influirà sulla Big Tech?

#Uk
il Post – I Conservatori stanno pensando di sostituire Boris Johnson

#voli
L’Indipendente – Si è svolto il primo volo alimentato senza carburanti fossili

#green pass
il Post – In Inghilterra verranno rimosse le restrizioni introdotte per la variante omicron

#aborto #Germania
Lifegate – Germania. Per i medici, dare informazioni sull’aborto non sarà più un reato

#armi
Altreconomia – Sequestrato in Senegal un carico milionario di munizioni di produzione italiana

#5G
Terra Nuova – Usa: compagnie aeree contro nuovo 5G, “si rischiano interferenze gravi”

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