Decreto aree idonee, secondo il TAR le Regioni non possono limitare la costruzione degli impianti rinnovabili
A seguito della sentenza del TAR Lazio il Decreto Aree idonee va riscritto e le Regioni perdono ampi margini di manovra nelle scelte delle aree in cui posizionare gli impianti.

Mercoledì 14 maggio il Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio ha annullato i commi 2 e 3 dell’articolo 7 del cosiddetto “Decreto aree idonee”, con cui lo scorso giugno il ministero dell’Ambiente aveva regolamentato la costruzione degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, principalmente eolici e solari.
Ad essere bocciato è una parte dell’articolo 7 che conferiva alle Regioni ampi margini di manovra nelle scelte delle “aree idonee” in cui posizionare gli impianti. Il Ministero dell’Ambiente ha 60 giorni per rivedere e riscrivere il Decreto seguendo le nuove indicazioni, successivamente toccherà alle Regioni adeguare la normativa regionale, anche per quelle, come la Sardegna e la Toscana, che hanno già legiferato. Le Regioni quindi non potranno introdurre restrizioni più severe rispetto a quanto previsto dalla normativa nazionale e dovranno recepire le aree considerate idonee per legge. Sarà il Ministero dell’Ambiente a formulare criteri più stringenti e dettagliati per l’identificazione delle aree.
La sentenza arriva a seguito di un ricorso presentato dall’Associazione Nazionale Energia del vento (ANEV) secondo cui il decreto del ministero dell’Ambiente conteneva elementi lesivi sulla libera attività imprenditoriale. Tra le richieste dell’ANEV c’è anche la necessità di fissare al livello nazionale criteri comuni e vincolanti per evitare che le Regioni possano stabilire vincoli più restrittivi.
La sentenza è destinata a far discutere: un pezzo del mondo ambientalista l’ha accolta favorevolmente, un’altra parte no. Per i primi è una sentenza vista l’urgenza di nuovi impianti necessari alla transizione energetica. Dall’altro lato c’è chi vede in queste costruzione una forte speculazione delle grandi multinazionali che deturpano il territorio e “derubano” le comunità locali.
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