20 Mag 2022

Le “relazioni pericolose” di Cingolani – #525

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NUOVO AGGIORNAMENTO – Dopo il nostro ricorso YouTube ha reso pubblica la puntata!

AGGIORNAMENTO: come potrete notare, YouTube ha censurato il video della rassegna di oggi, che non è quindi disponibile. Vi invitiamo quindi a guardare la puntata su Facebook, ascoltare il podcast o leggere il testo qui sotto.

L’ultima puntata di Report dipinge un ritratto impietoso del Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, e del governo in generale. Vediamolo. Parliamo anche di RePower Eu, la strategia europea per affrancarsi dal gas e petrolio russo in 5 anni.

CINGOLANI, ENI E SNAM

Mi sono recuperato l’ultima puntata di Report dopo aver ricevuto diverse segnalazioni a riguardo, e devo dire che è molto valida. Parla di gas, di idrogeno, di Pnrr e di Cingolani. Vi faccio un super riassunto dei punti principali che emergono dalla puntata e poi la commentiamo un po’. 

Primo punto: il nostro paese sta cercando di risolvere la crisi del gas russo cercando altro gas in Quatar, Egitto, Angola, Congo, Algeria, tutti paesi governati da dittatori, autocrati o democrazie molto fragili. Come chiosa il conduttore Sigfrido Ranucci “Si sostituisce uno spacciatore con un altro, invece dovremmo guarire dalla dipendenza”.

Come si guarisce dalla dipendenza dal gas e dagli altri combustibili fossili? Con le rinnovabili (e il risparmio energetico). Su questo Report intervista Agostino Re Rebaudengo, imprenditore nel campo delle rinnovabili e presidente elettricità futura, la principale associazione di imprese che producono energia elettrica in Italia, dentro Confindustria, insomma una roba istituzionale. L’intervistato parla a nome di un gruppo di imprenditori che hanno proposto allo Stato italiano di poter costruire 60 Gw di nuovi impianti di rinnovabili e così dimezzare importazioni di gas russo. 

Sostengono che così facendo le bollette scenderanno dell’80%. Non chiedono soldi allo stato, anzi sono disposti a investirne 80 miliardi nei prossimi 3 anni. Gli serve solo l’autorizzazione per partire, che però non arriva. 

Ed ecco che entra in scena Cingolani, che pone un problema. Dice, il ministro, che noi potremmo anche installare tutti questi GW di energia elettrica ma che sarebbe inutile, perché le rinnovabili sono intermittenti – significa che producono energia solo in certe condizioni, normalmente sole o vento – e mancano i sistemi di accumulo e la rete elettrica non è stata pensata come smart grid e quindi è inadatta a gestire carichi elettrici disomogenei. 

Ma subito arriva la smentita: Nicola Lanzetta, direttore generale Enel Italia lo smentisce e dice che tecnicamente è possibile, che l’Italia ha una rete elettrica molto avanzata e che potremmo sfruttare questi 3 anni e fare investimenti per renderla sempre più adatta, invece di negare i permessi alle rinnovabili.

Già, perché mentre i nostri ministri viaggiano per il mondo a cercare gas il più in fretta possibile, per chi vuole produrre rinnovabili i permessi hanno iter lunghissimi, fino a 7 anni. 

L’inchiesta vira poi ad indagare le relazioni pericolose fra Cingolani ed Eni, l’azienda partecipata per il 30% dallo stato italiano e per il 70% da fondi enormi come BlackRock, Vanguard, Mediolanum, che incassano dividendi enormi. Che poi il Ceo di Blackrock non aveva detto che avrebbero smesso di investire in aziende che finanziano le fonti fossili? 

Ancora oggi non sappiamo quanto spende Eni nei suoi contratti di fornitura e quindi quanto margine fa sulle bollette. Lo stesso Cingolani aveva gridato alla speculazione, senza mai però rivelare i contratti. Anzi, nello stesso periodo riceveva varie volte rappresentanti di Eni e Snam nel suo ufficio. Quante volte? Secondo Recommon ci sono stati 102 incontri fra industria fossile e ministeri chiave dello stato, fra luglio 2020 e maggio 2021. E Cingolani è stato uno dei più attivi, spalancando le porte del suo ministero. Ha incontrato Eni e Snam dieci volte in due mesi. Molte di più rispetto ai governi precedenti. Pensate invece a quanto tempo e energia c’è voluta per incontrarlo da parte degli attivisti di Ultima Generazione.

Ad ogni modo l’ipotesi di Report è che questi incontri abbiano influito sulle politiche del governo, soprattutto in due ambiti: quello della tassonomia verde europea e quello dell’idrogeno. Di tassonomia verde europea abbiamo parlato tante volte qui su INMR, e anzi dopo facciamo anche qualche aggiornamento. Fatto sta che viene fuori, da una rivelazione di Bas Eickhout, vicepresidente della commissione ambiente dell’europarlamento che il governo italiano, pur dichiarandosi neutrale, avrebbe fatto pressioni per l’introduzione del gas nella tassonomia verde.

Anche qui Cingolani nega e non nega. Dice il governo non ha mai fatto pressioni, ma dice anche che il gas è il modo migliore per abbandonare il carbone. Che è una totale assurdità, nell’emergenza climatica in cui siamo adesso. E sentirla uscire dalla bocca del ministro della Transizione Ecologica fa specie. 

Oltre alla tassonomia europea, sono cambiate incontro dopo incontro anche i fondi stanziati per l’idrogeno all’interno del Pnrr. Idrogeno che come abbiamo visto è un vettore energetico molto energivoro, in più se disperso in atmosfera genera un potentissimo effetto serra, e in più in genere lo si produce a partire dal metano. Il che dovrebbe spingere il nostro governo, scoperta dopo scoperta, a disinvestire dall’idrogeno. E invece il nostro governo ci investe sempre di più. Questo perché, ipotizza Report, l’idrogeno è al centro dei piani industriali di Eni e Snam.

Nella prima bozza del Pnrr, del 2020 – Governo Conte – viene stanziato 1 miliardo all’idrogeno. Nel gennaio 2021 – sempre governo Conte – diventano 2 i miliardi. Nella bozza finale, governo Draghi. I miliardi passano a 4. E non solo: si parla improvvisamente, oltre all’idrogeno verde, prodotto da fonti rinnovabili attraverso l’elettrolisi, anche di idrogeno blu, blu, prodotto dal gas con cattura di CO2. 

Anche qui Cingolani smentisce, dice che lui ha scritto solo idrogeno verde nel Pnrr, ma la bozza lo smentisce (si parla di low carbon), e lo smentisce – involontariamente, anche la sua portavoce. Per fortuna è intervenuta l’Unione europea che ha chiesto rassicurazioni all’Italia che il gas non fosse in alcun modo incluso nel Pnrr.

Ora, questo è il sunto. Che dire, il quadro che emerge del nostro governo e del nostro Ministro Cingolani è abbastanza desolante. Non ce la possiamo proprio fare a fare le cose mettendo il senso al centro delle nostre strategie politiche. In questo ho la sensazione che andare a scegliere ministri “tecnici” non aiuti, perché questo governo è troppo profondamente calato all’interno di un sistema di relazioni con le grandi aziende per prendere scelte indipendenti. 

Un lettore abbonato del Fatto scrive in un breve articolo che sta girando molto”C’è stato un tempo in cui non era necessario aver commesso un reato per dimettersi. Mentire pubblicamente con tanta disinvoltura ed essere sbugiardati così clamorosamente e senza margini di recupero sarebbe stato sufficiente per dimettersi immediatamente.” Ecco, non ha tutti i torti.

REPOWER EU

Intanto ieri Ursula Von Der Leyen ha presentato il piano Repower Eu, un piano di investimenti da 300 miliardi di euro – 225 in finanziamenti e sovvenzioni, 75 come prestiti – con cui l’UE prova a rispondere sul piano energetico all’invasione russa dell’Ucraina e a dire addio alle fonti fossili importate dalla Russia nel giro di 5 anni. In tre mosse più una. Cambiare fornitori per il gas (e dotarsi dell’infrastruttura necessaria), far crescere più velocemente le rinnovabili con obiettivo alzato di 5 punti, al 45%, entro il 2030, più impegno sul fronte del risparmio energetico. A cui si aggiunge una nuova strategia solare.

Ne parla Rinnovabili.it. Del totale degli investimenti previsti “il 95% andrà a finanziare la transizione energetica europea”, assicura la presidente della Commissione Ursula von der Leyen in conferenza stampa, provando a spegnere sul nascere le polemiche per il denaro che finirà a nuove infrastrutture del gas.

La nuova strategia solare prevede che venga raddoppiata la capacità fotovoltaica europea entro il 2025 e installati 600 nuovi GW entro fine decennio. Con una raccomandazione: la Commissione taglia i tempi delle autorizzazioni, tassello fondamentale per dare gambe all’intero piano e renderlo credibile. La maggior parte degli impianti dovrà ricevere l’ok entro 1 anno al massimo. Non 7, come in Italia.

Commentando la strategia Europea Angelo Bonelli e Eleonora Evi di Europa Verde parlano di luci e ombre. “La presenza di misure legislative e di obiettivi vincolanti più ambiziosi per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica non può che essere accolta favorevolmente, ma il livello proposto è ancora troppo basso per porre fine quanto prima alla nostra dipendenza dalla Russia e combattere la crisi climatica”, dichiarano.

Bene l’obbligo legale di installare l’energia solare su tutti i nuovi edifici pubblici e commerciali di dimensioni superiori a 250 mq entro il 2026 e su tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2029. Positiva anche la proposta di raddoppiare il tasso di diffusione delle pompe di calore, con un obiettivo di 10 milioni di unità nei prossimi 5 anni. Ma ci sono diverse ombre, come la possibilità per gli Stati Membri di derogare al principio del non arrecare danno significativo all’ambiente per investimenti in petrolio e gas.   

FONTI E ARTICOLI

#Cingolani
Report – Puntata del 16/05/2022
Il Fatto Quotidiano – Report, dopo il servizio su Cingolani stupisce che nessuno ne chieda le dimissioni

#RePower Eu
Rinnovabili.it – Che cosa prevede il maxi piano Repower EU da 210 miliardi?

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