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26 Novembre 2021
Podcast / Io non mi rassegno

Germania, un governo “semaforo”? – #417

La Germania ha un accordo per il nuovo governo, formato da una coalizione “semaforo” (rosso-verde-gialla) fra socialdemocratici, verdi e liberali. Intanto il parlamento europeo approva la nuova Politica agricola comune (Pac), fra mille polemiche, mentre in Cina a sorpresa calano le emissioni di CO2. E l’Africa trema, fra disastri climatici, attentati e venti di guerra civile.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
INMR Copertina per homepage 28

Questo episodio é disponibile anche su Youtube

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Germania, si forma il governo?

Dopo circa due mesi, l’accordo è arrivato: Socialdemocratici, Verdi e Liberali della Fdp sembrano sul punto di dar vita al nuovo governo tedesco, chiamato scherzosamente il governo semaforo per via dei colori rosso, giallo e verde dei partiti della coalizione. Ne parla il sito dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale. Due giorni fa hanno annunciato l’accordo per la formazione del nuovo governo tedesco e adesso l’intesa dovrà passare al vaglio dei membri dei tre partiti. Se, come sembra, otterrà il via libera, l’esecutivo vedrà Olaf Scholz, attuale ministro delle finanze, diventerà il nuovo cancelliere tedesco, succedendo ad Angela Merkel, a partire dalla seconda metà di dicembre.

Per andare un po’ sulla fantapolitica e sul toto-ministri, Annalena Baerbock, leader dei Verdi, dovrebbe essere la nuova ministra degli Esteri, e i verdi dovrebbero ottenere anche un super dicastero ‘Ambiente+Energia’, affidato al co-presidente Robert Habeck. Mentre le Finanze dovrebbe andare ai Liberali dell’Fdp, nello specifico a Christian Lindner convinto sostenitore di una politica di rigore fiscale e del ritorno alla parità di bilancio nel post Covid, sia in Germania che in Europa.

L’aspetto economico-finanziario potrebbe essere proprio una fonte di attrito all’interno del governo, secondo Ispi. Per adesso Spd, Fdp e Verdi hanno concordato su alcuni punti come non introdurre nuove tasse e non aumentare l’imposta sul reddito, sulle società e l’Iva, di contro aumentare il salario minimo dagli attuali 9,50 a 12 euro l’ora e introdurre il voto ai sedicenni. Però i Verdi spingono per un ampio programma di investimenti contro il cambiamento climatico, che preveda fra le altre cose di eliminare il carbone possibilmente entro il 2030 e di rafforzare le infrastrutture tedesche in ottica di adattamento climatico. Ma non è chiaro con quali soldi, dato che l’Fdp ha escluso aumenti delle tasse e nuovo indebitamento. Staremo a vedere.

Nuova Politica agricola comune (Pac)

Intanto martedì, fra mille polemiche, il parlamento europeo ha approvato definitivamente la nuova Pac, la Politica agricola comune. Si tratta della nuova versione, che entrerà in vigore a gennaio 2023 e vi rimarrà fino al 2027, e che determina l’insieme di regole con cui l’Unione europea orienta gli aiuti pubblici all’agricoltura e le politiche agricole dei singoli stati.

La Pac esiste perché l’agricoltura è un settore centrale, visto che fornisce il cibo alle persone, ma poco remunerativo e molto soggetto all’imprevedibilità del meteo, soprattutto di recente per via del cambiamento climatico. Quindi è un settore dove gli aiuti statali sono tradizionalmente molto presenti. Con tutti i pro e i contro del caso.

Ora, perché ci sono state polemiche? Perché c’è stato un dibattito fra chi voleva che i fondi europei fossero utilizzati per finanziare il lavoro agricolo tout court, e chi invece spingeva perché fossero usati per favorire una transizione ecologica dell’agricoltura, quindi che andassero a premiare chi coltivava con metodi sostenibili. 

E fra i due fronti, l’accordo è decisamente più spostato verso il primo. Dei 270 miliardi di euro aiuti diretti previsti dall’Unione, solo il 10% è rivolto ai piccoli contadini, mentre la parte restante rischia di finire in gran parte nelle tasche dei colossi dell’agribusiness e degli allevamenti intensivi. Greta Thunberg ha definito il programma “disastroso per il clima e per l’ambiente” e “non allineato all’Accordo di Parigi”. Greenpeace Italia ha spiegato che “la nuova PAC continua a destinare gran parte dei fondi per l’agricoltura al sistema degli allevamenti intensivi”, mentre Eleonora Evi, eurodeputata dei Verdi, ha affermato: “Oggi a Strasburgo abbiamo celebrato il funerale dell’agricoltura sostenibile”.

Cina, calano le emissioni

Spostiamoci in Cina, perché dal gigante asiatico arriva un segnale di segno opposto. Per la prima volta nel rimbalzo post Covid le emissioni di CO2 della Cina sono calate. Un calo minimo, dello 0,5%, registrato nel terzo trimestre, che però sembrerebbe indicare un trend interessante. E in controtendenza rispetto ai due trimestri precedenti del 2021, dove la ripresa post Covid aveva fatto segnare un aumento delle emissioni di quasi il 15%.

Le cause di questo calo sembrerebbero essere riconducibili ad alcuni fattori non circostanziali. 

Il primo è il calo della produzione di acciaio e cemento, legato alle politiche del governo per contrastare la bolla edilizia. L’edilizia infatti è uno dei principali motori delle emissioni della Cina e in particolare della crescita delle emissioni, a causa della massiccia domanda di acciaio, cemento e altri materiali da costruzione. Acciaio e cemento che, secondo stime Reuters, nel Q3 hanno frenato la produzione rispettivamente del 16% e dell’11%.

Poi c’è il cosiddetto energy crunch, ovvero quella strozzatura nel sistema di produzione e distribuzione di energia globale dovuta alle chiusure per il Covid che il sistema sembra far fatica ad assorbire. In parallelo c’è l’aumento dei prezzi dei combustibili, con il prezzo del carbone volato alle stelle, e il conseguente razionamento dell’energia da parte del governo cinese. 

Insomma, tutti fattori che sono di difficile soluzione e potrebbero portare a un risultato insperato, ovvero al picco delle emissioni da parte della Cina ben prima del 2030. Certo, basterebbero nuovi stimoli all’edilizia decisi dal governo per far salire di nuovo la curva delle emissioni. Finora però non ce n’è traccia anche per ottobre e l’inizio di novembre. 

Siccità e attentati in Somalia

In Somalia è emergenza siccità. Ne parla Greenreport. Circa 2,6 milioni – quasi il 22% della popolazione – sono colpiti dalla siccità e quasi 113.000 persone sono sfollate. Inoltre, si prevede che 1,2 milioni di bambini sotto i cinque anni saranno gravemente malnutriti entro la fine dell’anno, di questi, quasi 213.400 soffriranno di malnutrizione severa.

Sono i dati drammatici diffusi da Save the children dopo che le piogge stagionali, che normalmente iniziano a fine settembre e terminano all’inizio di dicembre, quest’anno non sono riuscite a portare acqua a sufficienza, dopo che già gli anni scorsi erano stati caratterizzati da stagioni delle piogge sotto la media o secche, che hanno lasciato milioni di bambini affamati, malnutriti e bisognosi di assistenza urgente.

Gli operatori di Save the children raccontano che, a causa della profonda siccità, centinaia di fonti d’acqua si sono prosciugate, numerosissimi animali sono morti e i raccolti sono secchi. Molte famiglie non hanno più accesso al cibo e all’acqua potabile e hanno perso i risparmi di una vita a causa della morte del loro bestiame. In alcune zone i prezzi dell’acqua sono saliti alle stelle. 

Come se non bastasse ieri c’è stato un attacco terroristico a Mogadiscio, la capitale somala. Una forte esplosione ha squassato la strada che collega la città all’aeroporto, cui sono seguiti alcuni spari. Sono morte almeno cinque persone e ci sono almeno 23 feriti. L’attacco è stato rivendicato dal gruppo terroristico islamista al Shabaab: un suo portavoce ha detto a Reuters che l’obiettivo dell’attacco era un convoglio delle Nazioni Unite che passava di lì.

Guerra civile in Etiopia

Intanto nella vicina Etiopia infuria il conflitto. Ieri l’Onu ha iniziato a evacuare le famiglie del personale internazionale dal paese. A Regno Unito e Usa, negli ultimi giorni si sono aggiunte Italia, Germania e Francia: tutti i governi consigliano ai propri cittadini di lasciare il paese, in una situazione che sembra poter precipitare.

Ne parla il Post, di quella che è l’ennesima recrudescenza del conflitto tra governo etiope e ribelli del tigrè. A poco sono servite le esortazioni per il cessate il fuoco: entrambi i fronti sono convinti di poter sconfiggere l’avversario sul campo di battaglia e non sono disposti a negoziare.

Sembra convinto ad andare fino in fondo anche Abiy Ahmed, il primo ministro etiope che due anni fa ha ricevuto il Nobel per la Pace, e oggi si vuole recare al fronte, a fare la guerra, tant’è che ieri ha ufficialmente ceduto i poteri al suo vice per guidare l’offensiva in quella che sembra diventare di giorno in giorno, sempre di più, una vera e propria guerra civile. 

Senza un cessate il fuoco, spiega Ispi online, i rischi per i civili sono altissimi: oltre alle quasi 11.000 vittime delle ostilità, sono 3 milioni gli sfollati nel Tigray e 8 milioni le persone che necessitano di aiuti. Mancano cibo, acqua per i campi, scuole per 2,7 milioni di bambini e soprattutto l’80% dei farmaci essenziali.

Fonti e articoli

#Germania #nuovo governo
Ispi – Germania: abbiamo un semaforo

#nuova Pac
Lifegate – Approvata la nuova Pac, la Politica agricola comune. Cosa cambia per il settore

#Cina #emissioni
Rinnovabili.it – Acciaio e cemento fanno scendere le emissioni di CO2 della Cina

#Ue #navi
Rinnovabili.it – Anche l’UE contro il taglio delle emissioni delle navi

#Somalia
Greenreport – Apocalissi da crisi climatica in Somalia, il 22% della popolazione è in emergenza siccità
il Post – C’è stato un attacco terroristico a Mogadiscio, in Somalia: sono morte almeno cinque persone

#Etiopia
Ispi – Etiopia: il Nobel per la pace va alla guerra?

#Australia
il Post – L’Australia invierà poliziotti e soldati nelle Isole Salomone per placare una rivolta

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