19 Apr 2023

La cattura dell’orsa JJ4 e lo “storytelling” dei media – #713

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È stata catturata l’orsa JJ4, che ha ucciso Andrea Papi, il giovane trentino che stava correndo nel bosco. Un fatto di cronaca tragico per molti aspetti, ma caratterizzato da un dibattito quasi surreale. Parliamo anche di come stanno andnado le rivolte in Iran, di tre attivisti arrestati in Iran, Russia e Tunisia, del bonus trasporti e delle elezioni comunali ad Udine, vinte a sorpresa dal centrosinistra.

Partiamo dalla notizia che sta continuando a tenere banco sui giornali in questi giorni. Quella della morte di Andrea Papi, ragazzo trentino ucciso da un’orsa mentre stava correndo nei boschi, e negli ultimi giorni della ricerca dell’orsa JJ4, responsabile dell’uccisione, su cui pende una richiesta di abbattimento. L’ordine – anzi l’ordinanza – di cattura e abbattimento è stato emanato dal presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, e successivamente sospeso (almeno temporaneamente) da una sentenza del Tar. 

La novità di ieri è che JJ4 è stata catturata ed è stata portata al centro faunistico del Casteller a Trento Sud, un luogo a quanto pare non molto ospitale, definito da alcune sigle animaliste un lager, al punto che c’è anche una petizione “Stop Casteller” per farlo chiudere. 

Comunque, come al solito la questione sta scaldando molto gli animi e creando diversi paradossi, che proviamo ad affrontare. Innanzitutto, mi sembra interessante osservare come diversi giornali stanno raccontando questa notizia con un carico di pathos che in parte c’è – è intrinseco – ma in parte è costruito.

Un articolo di Repubblica non firmato inizia con: “La fuga di JJ4 è finita”. La fuga è finita è un incipit che va bene per un essere umano, non per un’orsa che non stava fuggendo. Non sapeva di essere ricercata, perché presumibilmente non legge i giornali. Si stava solo spostando, mentre un gruppo di esseri umani la stava cercando per catturarla.

Da altre parti, Repubblica inclusa, ma devo dire il vero quasi ovunque, ho letto poi che l’orsa sarebbe stata “rallentata” nella fuga dai 3 cuccioli, particolare al tempo stesso genuinamente straziante, ma che di nuovo rinforza l’idea che l’orsa stesse fuggendo. Che ci fosse un inseguimento quasi da film poliziesco. 

È un tipo di narrazione che fa presa, che tiene col fiato sospeso, ma che a) non è reale e b) alimenta un dibattito a mio modo di vedere surreale che vede le persone schierarsi e fare il tifo alcune a favore dell’orsa e contro il rider che “se l’è cercata”, altre a favore del rider e contro l’orsa killer, o contro i politici irresponsabili. Dibattito che a sua volta alimenta una sorta di desiderio di gogna: qualcuno deve pagare. Dobbiamo trovare per forza il colpevole.

Da questo punto di vista ho trovato interessante il commento di Simone Cosimi su Wired, di cui vi leggo un piccolo pezzo “Il modo in cui viene narrata, anche nella giornata in cui è stata catturata, la vicenda dell’orsa JJ4 espone con sconfortante chiarezza i nostri enormi limiti di comprensione delle dinamiche faunistiche. Davvero, dovunque la si guardi – media, politica, vox populi, social media – ne esce solo un irritante infantilismo figlio almeno in parte e a sua volta della scarsa cultura scientifica e ambientalista del paese.

Tutto questo trasforma da qualche anno un plantigrado selvatico in un pupazzo buono o cattivo, pacifico o assetato di sangue. Questo è il livello della discussione. Una discussione fatta di “orso assassino”, di “orso killer”, di “orso graziato” alludendo all’ordinanza del Tar di Trento che ne ha per il momento sospeso l’abbattimento anche in caso di cattura, poi avvenuta. E ancora, della “rabbia” che “monta”.

Ok. Parliamone. Premetto due cose:

  1. questa storia mi mette una tristezza enorme. Non so perché, ma mi colpisce più di altre. Sia il fatto che un ragazzo di 26 che stava correndo in un bosco non ci sia più, sia il fatto che un’orsa con tre cuccioli sia stata catturata e forse verrà uccisa sono cose che mi smuovono qualcosa dentro.
  2. Non sono un esperto di strategie di ripopolamento e non vivo in montagna, non so cosa voglia dire convivere con gli orsi e non ho idea di quali siano le soluzioni più adatte per minimizzare i rischi di questa convivenza.

Premesso ciò, secondo me il nodo principale che emerge da tutta questa storia è che continuiamo a osservare il mondo con i nostri occhialini tarati male in cui pensiamo che le cose là fuori funzionino come dentro la nostra testa. Il concetto di buono, cattivo, giusto, sbagliato, colpa sono concetti profondamente umani, perlomeno per come li intendiamo noi. Non ha senso ed è completamente sterile cercare di inquadrare la questione cercando di capire chi ha ragione e chi ha torto fra il runner e l’orsa. O chi ha sbagliato. Ciò non significa che, ad esempio, se ci sono stati degli errori nelle strategie di ripopolamento degli orsi, non si possano cambiare o migliorare. 

Ma credo che dovremmo iniziare a ragionare, soprattutto quando parliamo della nostra relazione con il resto degli ecosistemi, secondo un principio di causalità. E a volte, non sempre ma a volte, accettare che le cose capitano, e non è “colpa” di nessuno.

Provo a stressare il punto per essere sicuro di farmi capire. Il mondo in cui la natura è buona e inoffensiva è un mondo in cui la natura è morta, e in cui l’essere umano non ha futuro. Ogni anno muoiono 20 persone in Italia per punture di insetti: forse, se fossimo in grado, stermineremmo tutti gli insetti (in parte lo stiamo facendo, a dire il vero). Ma dopo poco non ci saremmo più nemmeno noi. Per sopravvivere come specie dobbiamo fare un passetto indietro, cedere un po’ del nostro controllo, permettere a altre specie di tornare a popolare il mondo come prima, più di prima. Far re-inselvatichire i nostri boschi. Renderli più pericolosi.

Aumentare quel livello di rischio è il miglior viatico per la nostra sopravvivenza come specie. È paradossale, ma è anche vero. Significa tornare ad essere specie fra le specie. Ora, la domanda è: siamo disposti a farlo?

In tutto ciò, in mezzo a questo vocìo indistinto, mi hanno colpto le parole della madre del ragazzo ucciso, che ha detto “non ha senso uccidere l’orsa, non mi restituirà mio figlio, troviamo invece delle soluzioni”. Mi è sembrato un messaggio molto bello. A volte ragioniamo sulla spinta della vendetta, emozione umana e comprensibilissima, ma In un sistema stressato, aggiungere nuova sofferenza, in genere, non fa star meglio nessuno.

Ieri in una serie di messaggi vocali su telegram, Daniel Tarozzi mi ricordava il lungo elenco di questioni che abbiamo sollevato negli ultimi mesi qui in rassegna, e che poi non hanno trovato seguito, che non sappiamo come sono andate a finire, dalle rivolte in Iran allo sgombero del paesino tedesco di Lutzerath, all’approvazione della riforma della giustizia in Israele. [Per l’esattezza mi ha detto così.] Questo perché spesso i giornali accendono i riflettori su un caso tutti assieme, per poi scordarsene pochi giorni dopo, quando il clamore scende, e tante storie rimangono appese, senza una conclusione, senza un apprendimento, senza una corretta informazione.

Quindi cogliendo il suo stimolo oggi vi propongo un aggiornamento sulla situazione in Iran, paese che è stato scosso dalle proteste contro il regime teocratico dal settembre scorso, a cui abbiamo dedicato anche una puntata di INMR+, e che poi è un po’ scomparso dai riflettori dei media.

Visto che i gornali non ne parliano più mi sono rivolto a Reza, rifugiato iraniano che la nostra Susanna Piccin Aveva intervistato proprio per Italia che Cambia e che è in contatto con chi organizza le proteste in Iran. Vi faccio ascoltare direttamente da lui come stanno andando le cose.

Audio disponibile nel video/podcast

A proposito di Iran, ma non solo, mi ha colpito come ieri siano apparse sui giornali tre notizie simili, provenienti da tre paesi diversi. Ve le dico, intanto.

La prima rinforza ulteriormente quanto detto da Reza sul fatto che l’oppressione del regime in Iran non sia affievolita. Golrokh Ebrahimi Iraee, una scrittrice e attivista iraniana, è stata condannata a 7 anni di reclusione, di cui sei per “assembramento e collusione contro la sicurezza nazionale” e uno per “propaganda contro il sistema”. Iraee era stata arrestata a causa delle sue attività sui social media a fine settembre poco dopo le proteste anti governative esplose in seguito alla morte di Mahsa Amini. 

In Russia invece Il tribunale di Mosca ha condannato il dissidente Vladimir Kara-Murza a 25 anni di prigione. L’oppositore è stato processato, tra l’altro, per tradimento per le sue critiche alla guerra in Ucraina e condannato alla reclusione in un penitenziario di massima sicurezza

Infine in Tunisia, riporta Nigrizia, non si ferma la repressione del dissenso politico. Ieri in carcere è finito Rached Ghannouchi, 81enne leader del partito islamista, arrestato dopo una lunga perquisizione della polizia nella sua abitazione, avvenuta dopo il tramonto, quando la famiglia si accingeva a rompere il digiuno del Ramadan.

Ora, io non so se tutte queste notizie messe assieme ci dicono di più che se le prendiamo singolarmente. Forse i regimi in giro per il mondo stanno serrando i ranghi, in tempi difficili? Forse significa che c’è timore di un dissenso che cresce? Non lo so. Tre cose simili, in paesi con alcuni aspetti simili, che capitano all’incirca lo stesso giorno possono essere due cose: un caso, o un indizio di un fenomeno più ampio. Non so dire quale sia la risposta, al momento, ma sicuramente è qualcosa da osservare. 

Chiudiamo con due notizie volanti. la prima è che ieri c’è stato il primo click day per il bonus trasporti. Il click day è un termine giornalistico abbastanza insopportabile (perlomeno per me) con cui si indica il giorno in cui si possono iniziare a fare le domande per in genere un bonus o una procedura specifica. 

In questo caso la notizia, riportata da Ansa e da altri giornali è che c’è stato un vero e proprio boom di richieste: oltre 150mila, prevalentemente provenienti (per oltre il 40%) da giovani di età compresa fra i 20 e i 29 anni. 

Ora, il bonus in sé è poca cosa, nel senso che si parla di 60€ complessivi destinati a persone con reddito annuo inferiore ai 20mila euro per acquistare abbonamenti mensili o annuali ai mezzi pubblici. Ma il fatto che la domanda sia stata così alta è significativo. E mi chiedo se, vista la fascia di età, non abbia a che fare con la tendenza di cui parlavamo giorni fa dei giovani d’oggi a non desiderare un’auto privata.

L’altra notizia volante è che domenica si è votato per il ballottaggio delle comunali a Udine e c’è stato quello che i giornali definiscono un ribaltone. Totale. Sia rispetto alla scorsa amministrazione che rispetto al primo turno, con il centrosinistra che è torna a guidare il Comune di Udine dopo cinque anni di centrodestra. Alberto Felice De Toni – candidato di Pd, Alleanza Verdi-Sinistra e Azione-Italia Viva – ha sconfitto al ballottaggio il sindaco uscente Pietro Fontanini, appoggiato da tutte le forze di governo. 

L’affluenza è stata anche in questo caso molto bassa, al 44 percento con 35.604 votanti su 80.650 elettori, circa 8mila udinesi in meno rispetto al primo turno. I giornali parlano di effetto Schlein per spiegare questo ritrovato entusiasmo, pare, degli elettori di Centrosinistra. Detto ciò, vale la solita considerazione di sempre. ha senso parlare di grande vittoria in caso di un’affluenza così bassa?

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