4 Feb 2025

Terremoto DeepSeek, l’IA cinese più sostenibile ed economica, ma censurata – #1041

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
Salva nei preferiti

Seguici su:

DeepSeek, la nuova Intelligenza artificiale cinese, ha scosso il settore con prestazioni altissime a costi e consumi energetici minimi, facendo crollare le big tech occidentali, anche se ci sono timori legati alla censura governativa. Intanto in Svizzera domenica si vota un referendum che potrebbe vincolare l’economia del paese ai limiti ecologici. Negli Usa Trump accelera con dazi, deportazioni e repressione del movimento pro-Palestina mentre, in Congo i gruppi ribelli dell’M23 avanzano su Kinshasa, e in Sudan l’esercito riconquista Medani tra violenze e tensioni.

Qualche giorno fa il mondo dell’innovazione è stato scosso da un evento che in molti hanno definito storico. È stato presentato il nuovo sistema di AI cinese, che si chiama DeepSeek e che ha fatto tremare i colossi tech occidentali. 

Marc Andreessen, uno dei più importanti investitori americani e consigliere di Donald Trump, ha affermato che «DeepSeek R1 è il momento Sputnik dell’intelligenza artificiale», ovvero quel momento in cui gli Stati Uniti si accorsero, con il lancio dello Sputnik, di quanto la tecnologia sovietica fosse avanzata. Deep Seek inoltre sembra risolvere in buona parte le questioni di consumo energetico legate all’IA, perché consuma molto molto meno di tutti i sistemi occidentali conosciuti e ha risultati simili, se non migliori secondo alcuni anche rispetto alla versione più avanzata di ChatGPT, che al momento è lo standard di riferimento.

Ma andiamo con ordine. 

Lunedì 27 gennaio la società cinese DeepSeek ha presentato un suo modello di intelligenza artificiale generativa. In gergo il modello di DeepSeek è chiamato LLM, Large language model, ovvero un sistema in grado di simulare il linguaggio umano ed elaborare risposte, tipo ChatGPT per intenderci. La prima sorpresa è che questo modello cinese funziona molto molto bene. Alcuni esperti che l’hanno provato sostengono che funzioni persino meglio di ChatGPT. 

E fin qui, ok, stupore perché nessuno se lo aspettava, però ci sta. Ma le cose che hanno mandato nel pallone le aziende occidentali che lavorano nel IA e che hanno fatto perdere miliardi in borsa sono altre. Due caratteristiche davvero incredibili di questo modello. Ovvero che sia costato pochissimo e che consumi pochissima energia rispetto ai principali competitor. 

Secondo i suoi creatori, riporta il Guardian, addestrarlo sarebbe costato addestrato soli 6 milioni di dollari. Sam Altman, l’amministratore delegato di OpenAI, disse l’anno scorso che per sviluppare GPT-4, uno dei sistemi dietro a ChatGPT, c’erano voluti 100 milioni di dollari, e si stima che il costo dei modelli superiori possa arrivare anche a un miliardo. Microsoft progetta di investire 80 miliardi (miliardi!) di dollari quest’anno. E anche a livelli di consumi energetici, sempre stando a quanto dichiarato dalla stessa azienda, consuma circa un quarto di quanto consumano i modelli di IA più avanzati. 

Altra cosa sorprendente è che la novità arriva da dove meno ci si aspettava. Come spiega sempre sul Guardian il corrispondente da Pechino Amy Hawkins, “Dopo anni di preoccupazione negli Stati Uniti che le sue ambizioni nel campo dell’intelligenza artificiale potessero essere superate da Pechino, la minaccia più grande all’egemonia della Silicon Valley non è arrivata da uno dei quattro grandi colossi tecnologici cinesi, ma da una startup precedentemente semisconosciuta.

Piuttosto che Baidu, Alibaba, Tencent o Xiaomi a dominare l’App Store di iOS con il suo ultimo chatbot questa settimana e a sconvolgere i mercati, è DeepSeek – fondata meno di due anni fa”.

In pratica DeepSeek è questa società fondata nel 2023 da Liang Wenfeng, un imprenditore nel settore degli hedge fund e si distingue per il suo approccio open source puramente orientato alla ricerca e non al profitto. Il progetto è finanziato dalla società di Liang, High-Flyer Capital, che usa l’AI per l’analisi dei mercati finanziari. Liang è noto per la sua passione per l’AI e per aver accumulato enormi quantità di chip Nvidia prima che gli Stati Uniti imponessero restrizioni all’export verso la Cina.

Dal 2022 infatti, il governo americano ha vietato la vendita dei chip più avanzati alla Cina proprio per rallentare il suo sviluppo nell’AI. DeepSeek ha dovuto quindi addestrare il suo modello su chip H800, meno potenti degli H100 vietati nel 2023. 

Ma paradossalmente proprio questo limite ha decretato il successo di DeepSeek, perché ha costretto l’azienda a aggirare l’ostacolo, a trovare soluzioni alternative capaci di produrre risultati stratosferici pur con una potenza di calcolo molto minore. L’esperta e ricercatrice Jasmine Sun nella sua newsletter di settore arriva a dire che con DeepSeek lo sforzo di scrivere saggi potrebbe essere ormai uno sforzo inutile, perché il chatbot ha prodotto un saggio migliore di quello che lei sarebbe riuscita a produrre, nel giro di pochi minuti.

Alcuni analisti sospettano che DeepSeek abbia scorte nascoste di chip avanzati, mentre altri lodano la startup per aver innovato grazie alle sue limitazioni. Altri invece nutrono dubbi e sospetti sulla veridicità delle dichiarazioni dell’azienda relative agli investimenti così bassi. Fatto sta che se anche le dichiarazioni fossero vere solo parzialmente, si tratterebbe di una novità comunque gigantesca, che mostrerebbe come tutti gli investimenti degli ultimi anni nel settore sarebbero sovradimensionati. Fra l’altro la presentazione arriva a pochi giorni dall’annuncio di Trump di un piano da 500 miliardi per sviluppare l’IA americana. 

Fatto sta che tutte le principali aziende hanno subito un vero e proprio crollo in borsa nella giornata di martedì 28 gennaio, da Nvidia, a OpenAI (l’azienda madre di ChatGPT), persino alcune aziende energetiche hanno perso molto perché questa novità farà rivedere al ribasso (e per fortuna!) i consumi del settore dell’IA. Anche se quando si parla di efficienza energetica è sempre importante tenere a mente il Paradosso di Jevons, per cui l’aumento dell’efficienza potrebbe portare a una maggiore diffusione dell’IA, con un conseguente incremento complessivo del consumo energetico. 

Prima di passare ad altro non posso non citare uno degli aspetti però più controversi di questo sistema, ovvero il fatto che sembrerebbe gravare un certo livello di censura governativa su questo chatbot. In molti hanno lamentato che domande su argomenti delicati, come la situazione di Hong Kong e Taiwan, siano state eluse, oppure scritte e poi cancellate, come ad esempio denuncia l’ex direttore di Radio Popolare Alessandro Gilioli. 

Io ho provato ad emulare l’esperimento di Gilioli chiedendo un commento sulla situazione di Taiwan, e dopo una prima risposta abbastanza onesta, in cui sostanzialmente DeepSeek suggeriva un approccio che tenesse conto della volontà dei taiwanesi e che evitasse escalation militari, quando ho chiesto di approfondire, mi è arrivata una risposta di Server busy, e non ho potuto andare oltre. 

Quindi ecco, qualche problemino c’è. Però comunque una roba da seguire.

Domenica, il 9 febbraio, ci sarà un referendum importantissimo in Svizzera. Che potrebbe segnare una prima volta mondiale. 

I cittadini/e svizzeri saranno chiamati a votare sull’«Iniziativa per la responsabilità ambientale», una proposta lanciata ormai diversi anni fa, nell’agosto 2021, dal partito dei Giovani Verdi. 

Questa iniziativa propone di modificare la Costituzione federale per tradurre in norma un principio fondamentale della sostenibilità: ovvero che la pressione esercitata dalle attività economiche e dai consumi non deve superare la capacità di carico dei sistemi naturali.

Avete presente l’Overshoot day, ovvero quel giorno dell’anno in cui i vari paesi superano la capacità delle risorse di rigenerarsi? Ecco, se l’iniziativa passasse questo dovrebbe essere proibito in Svizzera. L’obiettivo infatti è quello di rientrare dentro quelli che la comunità scientifica internazionale riconosce come i limiti fisici della biosfera, i cd. “planetary boundaries”, o limiti planetari. 

Se la modifica costituzionale verrà approvata, la Svizzera diventerà il primo paese al mondo a “vincolare” il proprio sviluppo economico a limiti biofisici definiti. 

Come commenta sul suo profilo Linkedin l’economista Thimotee Parrique, “Si tratta di una sfida enorme, perché l’impronta ecologica attuale del paese supera di gran lunga il suo budget sostenibile. Utilizzando un indicatore sintetico che raccoglie un’ampia gamma di pressioni ambientali, si stima che la riduzione necessaria per rendere l’economia svizzera ecologicamente sostenibile sia del -67%.

È certo che l’adozione di una simile iniziativa avrà un impatto significativo sull’economia svizzera e il dibattito si concentra soprattutto sulle conseguenze economiche della transizione. Tant’è che il Consiglio federale e il Parlamento raccomandano di respingere l’iniziativa, sostenendo che «comporterebbe nuove prescrizioni e divieti che ridurrebbero fortemente i consumi, indebolirebbero l’economia e farebbero aumentare il costo di numerosi beni e servizi».

L’iniziativa è invece sostenuta da una coalizione di ONG e partiti politici di sinistra. Al momento non ho trovato sondaggi recenti. Gli unici sondaggi che ho trovato sono di circa due mesi fa, e vedono un testa a testa, con il no leggermente in vantaggio ma di pochi punti. Ne riparliamo!

In pochi giorni Trump ha già fatto un sacco di cose tenendo fede alla sua promessa di sovvertire un po’ tutto. Solo che parecchie di queste cose sono da mettersi le mani nei capelli. 

È davvero difficile riassumere la quantità di ordini esecutivi firmati, di dichiarazioni, di prese di posizione di questi primi giorni. Per cui mi limiterò ad elencarne qualcuna e a fare qualche considerazione che non può essere esaustiva, per forza di cose.

Il tema forse più trattato dai giornali riguarda i dazi. Trump è partito a razzo imponendo dazi praticamente a chiunque, dal Canada, al Messico, minacciando l’Europa di essere la prossima. E sembra usare i dazi anche come arma di ricatto e contrattazione. Ad esempio ha già sospeso i dazi imposti al Messico in cambio di 10mila soldati messicani al presidiare il confine. 

E a proposito di Messico e migranti, una delle prime mosse, ampiamente promessa e pubblicizzata, è stata l’espulsione di centinaia di migranti irregolari. Il 24 gennaio, mentre a Washington il vice di Trump JD Vance partecipava alla marcia per la vita organizzata dalle associazioni pro life e antiabortiste, la Casa Bianca pubblicava la foto di migranti in fila e ammanettati che venivano imbarcati su un cargo militare, accompagnata dalla scritta «i voli di deportazione sono iniziati». 

In contemporanea, racconta Avvenire, Trump ordinava anche la chiusura degli uffici immigrazione aperti da Joe Biden in Colombia, Costa Rica, Ecuador e Guatemala per esaminare le domande d’ingresso e dissuadere i cittadini di quei Paesi dall’attraversare il confine americano in modo illegale e sospendeva il programma di ammissione per i profughi provenienti da guerra e violenza, annullando i permessi ottenuti da 1,4 milioni di persone negli ultimi quattro anni. 

La nuova era anti-immigrazione prendeva forma anche al congresso, che nelle stesse ore approvava la prima legge del secondo mandato Trump: il Laken Riley Act, che prende il nome da una studentessa assassinata l’anno scorso da un venezuelano ricercato per furto.

Il provvedimento prevede la detenzione fino alla deportazione di un’ampia fascia di stranieri senza documenti che hanno commesso reati minori come il furto o il taccheggio, e costringerà tutte le forze dell’ordine americane a occuparsi di anche di immigrazione. 

Secondo un documento dell’ufficio delle dogane, inoltre, Trump si sta preparando ad imporre agli agenti di frontiera di negare l’ingresso ai richiedenti asilo se «hanno viaggiato attraverso un Paese con malattie trasmissibili». La nota sottolinea che anche un raffreddore può essere contagioso, chiudendo di fatto il confine a chiunque tenti di chiedere asilo. 

Pochi giorni dopo il nuovo presidente è passato all’attacco del più grande programma di aiuti umanitari americano. Trump ha infatti deciso di fatto di smantellare l’Usaid, l’agenzia americana istituita nel 1961 da John F. Kennedy e diventata la più grande macchina al mondo di aiuti civili e di assistenza allo sviluppo all’estero perché a detta sua “è gestita da un gruppo di pazzi estremisti di sinistra radicali”.

Da ieri l’agenzia e’ commissariata, con il segretario di stato Marco Rubio che ne ha assunto la direzione ad interim. Ed è solo l’ultimo tassello di una strategia di smantellamento del sistema di aiuti umanitari che gli Usa hanno da sempre fornito.

Leggo ancora sul Guardian che già il 20 gennaio Trump ha decretato la sospensione dei finanziamenti per 90 giorni a tutti una serie di programmi. Ad esempio al programma Pepfar, che fornisce farmaci salvavita contro l’HIV a milioni di persone. Con cliniche in Uganda, campi profughi in Bangladesh e unità sanitarie mobili in Ucraina che stanno già affrontando gravi difficoltà nell’approvvigionamento.

L’ordine esecutivo ha imposto l’immediato stop ai progetti già in corso, con poche eccezioni (come gli aiuti militari a Israele e l’assistenza alimentare d’emergenza). ONG e operatori sanitari hanno denunciato un impatto devastante, con la chiusura di cliniche, licenziamenti e interruzione di servizi critici, come vaccinazioni infantili e programmi contro malaria e poliomielite.

Secondo Thomas Byrnes, esperto del settore umanitario, l’interruzione è senza precedenti: gli USA coprono il 42% degli aiuti globali e il 54% del budget del Programma Alimentare Mondiale, causando un effetto a catena devastante.

E non è ancora tutto. Come racconta Leonardo Bianchi nella sua interessantissima newsletter Complotti, un nuovo ordine esecutivo firmato da Donald Trump il 29 gennaio 2025, con il pretesto della lotta all’antisemitismo prende di mira il movimento pro-Palestina e la sinistra statunitense. La misura prevede l’espulsione di studenti stranieri che abbiano partecipato a proteste pro-Palestina e il rafforzamento della repressione contro atti definiti “filo-Hamas”.

L’ordine esecutivo si ispira al “Progetto Ester”, un piano elaborato dal think tank ultraconservatore Heritage Foundation, che collega i movimenti filopalestinesi a un’immaginaria “Rete di supporto ad Hamas”. Il piano prevede l’uso di sorveglianza digitale, infiltrazioni e leggi antiterrorismo per soffocare il dissenso nelle università, arrivando persino a ipotizzare la “rimozione” di figure chiave del movimento.

Bianchi evidenzia il parallelismo con il Maccartismo degli anni ‘50, in cui bastava il sospetto di simpatie comuniste per essere perseguitati. Qui, il solo sostegno alla causa palestinese rischia di diventare una minaccia alla sicurezza nazionale. La misura si inserisce in un più ampio contesto di repressione della sinistra americana, con Trump che ha promesso di “estirpare comunisti, marxisti e radicali di sinistra”.

La cosa assurda è che nell’ordine esecutivo si cita sempre, solo ed esclusivamente l’antisemitismo di sinistra, tenendo fuori quello ben più rilevante storicamente di destra. Ma in passato sia Trump che il suo entourage hanno spesso diffuso retorica antisemita. Quindi il perché è presto detto. In sostanza, l’ordine esecutivo non mira a combattere l’antisemitismo, ma a criminalizzare la solidarietà con la Palestina e a reprimere l’opposizione politica.

Poi vabbé, c’è l’uscita dall’accordo di Parigi, annunciata fra le prime mosse da Trump, c’è l’uscita dall’Oms. 

In parallelo, e forse questa è l’unica notizia vagamente positiva lato nuovo governo Usa, si parla di colloqui segreti fra Trump e Putin per un cessate il fuoco in Ucraina, sebbene il governo Ucraino lamenti di non essere stato coinvolto nella cosa.

Mi sposto al volo in Africa, anche se mi rendo conto che ci vorrebbe molto più tempo ed attenzione, per raccontare quello che sta succedendo nella Repubblica Democratica del Congo, dove la situazione è diventata particolarmente complicata negli ultimi giorni a causa dell’avanzata del gruppo ribelle M23, sostenuto dal Ruanda. ll 27 gennaio, i ribelli hanno preso il controllo di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu, provocando un esodo massiccio di civili. Si stima che i combattimenti abbiano causato oltre 700 morti e 2.800 feriti.

L’M23 ha dichiarato l’intenzione di proseguire l’avanzata fino alla capitale Kinshasa, con l’obiettivo di rovesciare il presidente Félix Tshisekedi, accusato di non aver vinto legittimamente le elezioni.

Si tratta di un conflitto iniziato molti anni fa, ma riacutizzatosi nel 2021, e che ha cause piuttosto complesse e radicate in questioni etniche, storiche e geopolitiche, ma anche – come spesso accade – nella lotta per il controllo delle ricche risorse minerarie della regione, come il coltan, fondamentale per l’industria elettronica.

Anche in Sudan recentemente, ci sono state alcune svolte nel conflitto. In Sudan va avanti da circa due anni un conflitto fra l’esercito sudanese guidato dal generale e Presidente de facto del Paese Abdel Fattah al-Burhan, delle truppe speciali chiamate Rapid support forces guidate dal generale Mohammad Dagalo e supportate dagli EAI, che hanno rifiutato di integrarsi nell’esercito nazionale. 

Le ultime notizie riportano che l’esercito nazionale ha ripreso il controllo di Medani, la seconda città più grande del Sudan e capitale dello stato di Gezira e questo segna un’importante svolta nel conflitto in corso.

Ma anche che dopo la riconquista di Medani, l’esercito ha avviato una repressione contro chiunque fosse sospettato di aver collaborato con l’RSF, con torture e uccisioni documentate sui social media. Negli ultimi giorni della sua amministrazione, Joe Biden ha imposto sanzioni contro Mohammad Dagalo, leader dell’RsF, e alcune aziende di Dubai legate a lui per crimini di guerra. Pochi giorni dopo, anche al-Burhan è stato sanzionato dagli Stati Uniti. Quindi sis spera che queste sanzioni incrociate possano aumentare le pressioni per convincere le due fazioni a trovare un accordo, anche se perché al momento la crisi umanitaria è tremenda.

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace


La sanità sarda non gode di buona salute – INMR Sardegna #64

|

In Svizzera un referendum ha bocciato una proposta rivoluzionaria in campo ambientale

|

Sapete cos’è un giornale di strada?

|

Gramigna: dall’agricoltura sociale all’energia rinnovabile, i progetti che trasformano Benevento

|

Dalla tossicodipendenza alla cura: la storia di Roberto “che viene dall’inferno”

|

Synporto, la coabitazione solidale dove 7 giovani condividono spazi e momenti di vita

|

Il dialogo filosofico ci può aiutare a vivere meglio la nostra quotidianità?

|

The Bright Side: le buone notizie fanno bene

string(9) "nazionale"